Domenica, 28 aprile 2024 - ore 17.35

Pianeta Migranti. Cosa pensano gli africani del Piano Mattei?

Secondo il governo si ispira a un approccio 'globale' e 'non-predatorio' verso l’Africa.

| Scritto da Redazione
Pianeta Migranti. Cosa pensano gli africani del Piano Mattei?

Pianeta Migranti. Cosa pensano gli africani del Piano Mattei?

Secondo il governo si ispira a un approccio 'globale' e 'non-predatorio' verso l’Africa.

Non sono dello stesso avviso gli africani.

 Il presidente della Commissione dell’Unione Africana, il chadiano Moussa Faki Mahamat durante il recente vertice in senato di presentazione del Piano Mattei, dopo aver ascoltato l’intervento della presidente Meloni, si è espresso in modo chiaro e franco: “Signora presidente del Consiglio, sul Piano Mattei avremmo auspicato di essere consultati. L’Africa è pronta a discutere contorni e modalità dell’attuazione. È necessario passare dalle parole ai fatti, non ci accontentiamo di promesse che poi non sono mantenute”. Ringraziando la presidente del Consiglio per “l’interesse costante per una cooperazione equa e produttiva” ha poi ha sottolineato: “Le nostre priorità derivano dalle sfide molteplici che il nostro continente deve affrontare e dagli ostacoli alla loro realizzazione, dal debito al cambiamento climatico, alla crescita degli estremismi violenti e del terrorismo, oltre all’instabilità istituzionale, al deficit di finanziamenti adeguati”. E sull’arresto dei flussi migratori, principale problema italiano ha offerto il punto di vista africano. L’Italia è il principale punto di arrivo dei flussi e l’emigrazione dei giovani nel pieno delle forze è un dramma per l’Africa, che si può affrontare creando un nuovo modello di sviluppo e non con barriere securitarie e di ostilità da parte europea. Condividiamo la preoccupazione di trovare una soluzione sostenibile a un fenomeno tragico e ricorrente. Per noi, la strategia per prevenire le partenze è trasformare le aree di povertà in uno spazio di prosperità e di realizzazione”. “L’Africa – ha concluso Faki – non vuole tendere la mano, non siamo mendicanti. Noi peroriamo un cambiamento di paradigma per un nuovo partenariato che possa aprire la strada ad un mondo più giusto se vogliamo costruire pace e prosperità”.

E gli organismi di società civile africana cosa dicono?

Un cartello di 82 organizzazioni africane, in una lettera al presidente della Repubblica, alla premier Meloni e al ministro degli esteri Tajani hanno espresso molte preoccupazioni. Avvertono che aver intitolato il Piano ad Enrico Mattei (fondatore dell’Eni, major italiana del petrolio e del gas controllata dallo Stato), evidenzia senza dubbio, che l’obiettivo principale del Piano è quello di espandere l’accesso dell’Italia al gas fossile dall’Africa all’Europa, e di rafforzare il ruolo delle imprese italiane nello sfruttamento delle risorse naturali e umane dell’Africa (qui la lettera).

Sostengono che le voci e i bisogni degli africani sono esclusi dal Piano Mattei, e ciò è la continuazione di modelli storici in cui le decisioni che hanno un impatto sull'Africa vengono prese senza l'Africa.

Pertanto le organizzazioni chiedono:

- di porre fine agli approcci neocoloniali da parte dei paesi europei;

- trasparenza, partecipazione e inclusione della società civile africana nel Piano;

- di cessare qualsiasi accordo che espanda la produzione di gas e infrastrutture in Africa da parte dell’Italia e di altre nazioni europee in quanto la continua "corsa al gas" perpetua l'emergenza climatica, la crisi alimentare e della sicurezza, costringendo gli africani a migrare pericolosamente verso l'Europa;

-  accesso all'energia e una transizione energetica in linea con la dichiarazione finale della COP28;

- di promuovere l’agroecologia e la Sovranità Alimentare per l’autosufficienza e i diritti degli agricoltori;

- un approccio integrato alle questioni climatiche, energetiche e di sviluppo dell'Africa, a beneficio delle persone e delle comunità e non solo delle élite;

In estrema sintesi: se il Piano Mattei parla all'Africa deve farsi carico di ciò che ancora la umilia.

 

 

 

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