(CR) Pianeta Migranti. Il governo nasconde l’export di armi a Paesi in guerra e dittatori
La legge 185/90 imponeva controllo e trasparenza al commercio di armi ma il governo Meloni ne allenta le misure. Più esportiamo armi, più importeremo immigrati!
La Commissione Affari Esteri e Difesa del Senato nell’iter del Disegno di legge presentato dal Governo per la modifica della Legge 185/90, ha approvato tre emendamenti che modificano i meccanismi delle autorizzazioni all’export delle armi ed affida la decisione solo alla politica, senza un passaggio tecnico che garantisca il rispetto dei criteri della legge italiana e delle norme internazionali sulla materia. E’ un vero e proprio regalo all’industria delle armi che va in direzione contraria ai principi delle norme nazionali ed internazionali.
Il Disegno di legge per modificare la legge 185/90 ha due scopi ben precisi. Il primo, è ridurre al massimo la trasparenza e l’informazione pubblica e al Parlamento sulle attività di esportazione di armi e sistemi militari. Il secondo, è superare i divieti all’export posti dalle norme nazionali e internazionali dall’autorità dell’ UAMA (Unità per le autorizzazioni di materiali di armamento) e dal ministero degli Esteri. Così, le aziende saranno libere di gestire le loro commesse, e il governo non dovendo più relazionare al Parlamento su quante armi finiscono in mano ai regimi autoritari, eviterà le critiche dei media e il disappunto delle associazioni pacifiste e dei diritti umani.
“Particolarmente negativo –secondo Giorgio Beretta dell’Osservatorio OPAL – è l’emendamento volto ad eliminare ogni informazione riguardo agli Istituti di credito operativi nel settore dell’import/export di armamenti. Non sarà più possibile sapere quali sono le “banche armate” che traggono profitti dal commercio di armi verso l’estero, in particolare verso Paesi autoritari o coinvolti in conflitti armati”.
La presidente di Banca etica, Anna Fasano, rilancia l'allarme della Rete italiana pace e disarmo: “gli emendamenti alla legge 185 votati in Commissione al Senato, sarebbero solo un favore alle lobby di chi guadagna con l’industria bellica. Ma la vendita di armamenti non può essere considerata un semplice business, ma deve essere legata a politica estera, rispetto dei diritti umani e ruolo di pace dell’Italia, secondo il dettato costituzionale.”
In passato, purtroppo, varie volte la legge 185/90 è stata aggirata e i sistemi d’arma italiani sono stati e inviati a Paesi in guerra, a dittatori, a regimi che violavano i diritti umani. Ridurre ancor più i criteri di rilascio delle licenze di export di armi e sminuire la capacità di controllo del Parlamento vuol dire moltiplicare queste situazioni.
Secondo il Global Peace Index negli ultimi 15 anni, nel mondo, i conflitti sono aumentati del 14% e l’UNHCR dice che i profughi da guerra nel mondo sono 110 milioni, in un trend di crescita. Le armi stanno al centro di questa tragica dinamica. Per esempio, nel 2020 l’Italia ha esportato bombe in Arabia Saudita che andavano a bombardare lo Yemen. Nello stesso tempo a Lampedusa, approdavano frotte di profughi yemeniti. Un circolo vizioso o meglio -malvagio- che si è consolidato ancor più il 16 gennaio scorso con la modifica della Legge 185/90 che regola il commercio delle armi.
E la politica e la società civile cosa dicono e fanno?