Giovedì, 25 aprile 2024 - ore 22.22

(CR) Pianeta Migranti. Solidarietà a don Mattia Ferrari il cappellano dei migranti in mare.

L’archiviazione della denuncia da parte della procura di Modena ha sollevato indignazione.

| Scritto da Redazione
(CR) Pianeta Migranti. Solidarietà a don Mattia Ferrari il cappellano dei migranti in mare.

(CR) Pianeta Migranti. Solidarietà a don Mattia Ferrari il cappellano dei migranti in mare.

Don Mattia, giovane sacerdote della diocesi di Modena è cappellano di “Mediterranea saving humans” la nave dei salvataggi. Ha ricevuto delle minacce dalle fazioni libiche, minacce ritenute ‘serie’ dal Ministero dell’Interno ma che la Procura di Modena ha archiviato.

Don Mattia è un prete molto attento ai migranti che muoiono in mare e a quanti subiscono violenze e torture nei campi di concentramento libici. Per questo fa parte dell’equipaggio della Mediterranea saving humans. Una nave umanitaria impegnata a evitare nuove tragedie nel nostro mare, divenuto crocevia di migrazioni forzate, a causa di ciò che accade nei Paesi di partenza e di transito, e a causa della mancanza di politiche migratorie adeguate da parte dell’Europa e dell’Italia. Una nave che finora ha soccorso 680 naufraghi, nel tratto di mare tra la Sicilia e la Libia.

Uno dei posti più terribili da cui provengono i migranti è proprio la Libia, squassata dalla guerra civile e infestata da bande armate criminali che occupano persino pezzi degli apparati pubblici, organizzano il traffico di esseri umani e i campi di detenzione per profughi e migranti irregolari, campi che l’Onu definisce veri e propri “lager”.

Da un account digitale di una di queste fazioni, conosciuta come “portavoce della mafia libica”, sono partite  minacce dirette a don Mattia che, da qualche tempo, è sottoposto a una forma di protezione da parte delle nostre autorità di pubblica sicurezza che viene chiamata “radiosorveglianza”.

La serietà della minaccia confermata in Parlamento e dal Ministero dell’Interno è stata invece archiviata dal pubblico ministero della Procura di Modena cui è affidato il caso, non ritenendola di rilevanza penale. Nel documento del pm si sottolinea che "se il prete esercita in questo modo, diverso dal magistero tradizionale", deve in un certo senso aspettarsi reazioni contrarie e di diventare un facile bersaglio. Un passaggio del testo, dice che l'esposizione sui social network provoca naturalmente delle reazioni, specialmente a chi " porta il suo impegno umanitario (e latamente politico) sul terreno dei social o comunque del pubblico palco - ben diverso dagli ambiti tradizionali, riservati e silenziosi, di estrinsecazione del mandato pastorale – e lo fa propagando le sue opere con toni legittimamente decisi e netti".

Il documento lascia intendere che un prete dovrebbe stare in sacrestia, pregare per i migranti, fare Messa o poco più. Se invece si espone, magari a difesa dei più deboli, se la andrebbe a cercare ed è normale che ci siano delle reazioni a lui avverse. Tali affermazioni insinuano che i sacerdoti, testimoni del Vangelo di Cristo, dovrebbero rincantucciarsi,  essere discreti e silenziosi, inerti anche di fronte al male del mondo. Invece, don Mattia parla in pubblico contro il traffico di esseri umani, denuncia le ingiustizie e sta dalla parte dei migranti e di coloro che li salvano, e che oggi sono tornati nel mirino della politica, e sono di nuovo oggetto di accuse e pesanti intimidazioni.

L’archiviazione della denuncia da parte della procura di Modena ha sollevato indignazione. Tante e da più ambiti, sono arrivate attestazioni di solidarietà a Don Mattia.

“Le minacce nei miei confronti -ha dichiarato lui- sono solo una piccola parte della grande vicenda del Libyagate:  una questione internazionale che tutti insieme possiamo vincere, sconfiggendo tutte le mafie, ‘ndrangheta, camorra, mafia libica e tutti i potenti di ogni tipo, per costruire la giustizia e la civiltà dell’amore”. “Si parla tanto di Mediterraneo di pace ma, fintanto che resta segnato dai respingimenti e dai naufragi, -dice don Mattia- c'è una rottura radicale della fraternità. Ogni settimana, annegano persone perché non soccorse. Quasi ogni giorno, persone migranti vengono catturate e deportate nei lager dalla cosiddetta guardia costiera libica, collusa con le mafie libiche finanziate dall’Italia e dall’Europa. L’apice della disumanità è che chi sta chiedendo aiuto - e sta scappando da quel sud del mondo depredato tuttora dall’Occidente attraverso il neocolonialismo, oppure dalle catastrofi ambientali e chiede semplicemente di essere riconosciuto come fratello e come sorella-, viene fatto catturare dalla mafia e mandato nei lager dove avvengono orrori indicibili. La società civile che opera in mare è un grandissimo disturbo per la mafia libica che lucra tantissimo sui respingimenti e che desidera proprio eliminare le ong dei soccorsi. Infangare le ong è in questo momento il favore più grande che possiamo fare alla mafia libica. Per questo è gravissima la campagna che è ripartita contro le ong.

 

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