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Cremona Pianeta Migranti. Negli ospedali manca personale sanitario, no a medici stranieri.

Tra gli immigrati ci sono medici, infermieri e operatori sanitari che vorrebbero spendersi in questo momento di pandemia e di carenza di personale sanitario.

| Scritto da Redazione
Cremona Pianeta Migranti. Negli ospedali manca personale sanitario, no a medici stranieri. Cremona Pianeta Migranti. Negli ospedali manca personale sanitario, no a medici stranieri.

Cremona Pianeta Migranti. Negli ospedali manca personale sanitario, no a medici stranieri.

Tra gli immigrati ci sono medici, infermieri e operatori sanitari che vorrebbero spendersi in questo momento di pandemia e di carenza di personale sanitario.

Non ci riescono per la resistenza a riconoscere le qualifiche professionali. Piuttosto si pensa, come in Veneto, di ricorrere ai veterinari per fare tamponi.

È allarme in tutta Italia per la carenza di medici mentre le strutture ospedaliere sono alle prese con la seconda ondata del coronavirus. Ma ai medici stranieri, che potrebbero sopperire in parte a questa mancanza, non viene data la possibilità di lavorare.

Secondo l’Amsi (Associazione medici stranieri in Italia), si tratta di 77.500 persone, tra cui 22mila medici, 38mila infermieri, e poi fisioterapisti, farmacisti, odontoiatri e altri professionisti della sanità. Per loro, è molto complicato entrare nel sistema pubblico.

Eppure da marzo 2020, grazie all’art. 13 del “Decreto Cura Italia”, convertito in Legge n. 27/2020, possono essere assunti “alle dipendenze della pubblica amministrazione per l’esercizio di professioni sanitarie e per la qualifica di operatore socio-sanitario… tutti i cittadini di Paesi non appartenenti all’Unione europea, titolari di un permesso di soggiorno che consente di lavorare, fermo ogni altro limite di legge”.

Inspiegabilmente, le amministrazioni di Ospedali e Aziende sanitarie stanno ignorando questa disposizione e continuano a bandire concorsi che, quanto ai medici, richiedono il requisito della “cittadinanza italiana o di paesi dell’Unione Europea e, quanto al restante personale sanitario (infermieri, OSS, ASA ecc.) prevedono i requisiti previsti dall’art. 38 Testo Unico del pubblico impiego escludendo pertanto i cittadini extra UE che non siano soggiornanti di lungo periodo.

Nel nostro Paese - a differenza di quasi tutti gli altri grandi Paesi (non solo) europei - manca una cultura e una politica dell’immigrazione qualificata. Da noi, è già molto se agli immigrati si riconosce il merito di colmare i vuoti nelle fasce inferiori del mercato del lavoro. Secondo l’Organizzazione Internazionale del lavoro le professioni sanitarie godono di grande mobilità internazionale e coinvolgono circa 100 milioni di persone nel mondo, (includendo l’assistenza agli anziani) con un’elevata partecipazione femminile. In Europa, come sostiene l’Umem (Unione medica euro–mediterranea), lavorano circa 500mila medici immigrati, per la maggioranza di origine araba. 

Su Avvenire del 4 novembre 2020, Mario Ambrosini, sociologo all’Università di Milano ha scritto: “La resistenza a riconoscere titoli di studio e qualifiche professionali, a sviluppare corsie rapide di conversione dei diplomi, ad ammetterli nell’impiego pubblico, diventa apertamente autolesionistica in tempi di Covid. Pur di mantenere un sostanziale monopolio nazionale delle professioni sanitarie, almeno quelle stabili e adeguatamente riconosciute, si preferisce rinunciare all’apporto dei professionisti stranieri. Infine, stride la contraddizione tra un discorso pubblico sull’immigrazione ossessivamente concentrato sugli sbarchi e le richieste di asilo, e una realtà molto più differenziata e composita. Dovremmo parlare di immigrazioni al plurale, ricordando sempre le grandi diversità interne alla popolazione immigrata, per origine, condizione legale, anzianità di soggiorno, livelli d’istruzione, qualificazioni professionali. Di fatto, l’attenzione dell’opinione pubblica si appunta di volta in volta sulle componenti dell’immigrazione che appaiono più problematiche o facilmente stigmatizzabili. Da lì poi, il discorso si generalizza all’immigrazione nel suo complesso, con la spinta o comunque l’interessato concorso di una certa politica e dei mass–media che le fanno da coro”. 

 

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