Venerdì, 29 marzo 2024 - ore 07.08

Cremona Pianeta Migranti. Fermare le deportazioni lungo la rotta balcanica.

La rotta Balcanica è una rotta dimenticata. Inizia in Grecia e finisce in Italia, a Trieste.

| Scritto da Redazione
Cremona Pianeta Migranti. Fermare le deportazioni lungo la rotta balcanica. Cremona Pianeta Migranti. Fermare le deportazioni lungo la rotta balcanica.

Cremona Pianeta Migranti. Fermare le deportazioni lungo la rotta balcanica.

I migranti della rotta balcanica che arrivano a Trieste, vengono riportati con forza in Slovenia, poi in Croazia, ed infine in Bosnia, fuori dal confine europeo, anche se hanno diritto all’asilo e alla protezione internazionale. Soprusi e violenze accompagnano questi trasferimenti. Un sistema illegale coperto da troppo silenzio.

 La rotta Balcanica è una rotta dimenticata. Inizia in Grecia e finisce in Italia, a Trieste.

Circa 10 mila profughi (secondo UNHCR) stanno accampati in Bosnia Erzegovina al confine con la Croazia, in attesa di tentare il “game”, cioè il viaggio che li porta nell’Unione Europea. Provano varie volte a passare i vari confini su sentieri impervi, dove sono inseguiti dalla polizia con cani e droni; dove vengono picchiati e subiscono il sequestro dei loro pochi beni personali, tra cui le scarpe, indispensabili per poter proseguire il viaggio.

Chi di loro riesce ad arrivare fino a Trieste è perché è sfuggito all’intercettazione del confine. Chi invece viene identificato, è immediatamente riportato in Slovenia, anche se è un richiedente asilo o bisognoso di protezione internazionale.

Il numero dei respingimenti è aumentato dal maggio 2020, quando il Ministro dell’Interno Lamorgese ha incrementato le riammissioni dei migranti in Slovenia, inviando a tale scopo 40 agenti su quel confine. Qui, i migranti identificati dalla polizia, senza preliminare avviso, vengono caricati su dei camion e consegnati alla polizia slovena che, a sua volta, li ricarica su altri mezzi e li porta al confine con la Croazia.

Come in una catena di montaggio, la polizia croata li mette su furgoni chiusi e li porta in Bosnia-Erzegovina, al confine esterno all'Unione Europea. Per respingerli fuori dall'Unione sarebbe necessario applicare le procedure previste dal ‘Codice frontiere Schengen’ che prevede la consegna alla polizia bosniaca dei migranti stessi. Ciò svelerebbe però la catena dei passaggi -di mano in mano- tra i diversi Stati. Per questo i migranti vengono lasciati nei boschi e messi in condizioni di non poter più tentare alcun percorso: vengono denudati, picchiati e privati delle poche cose che hanno, tra cui le scarpe. E’ documentato che la polizia e i corpi paramilitari croati praticano violenze e torture nei loro confronti.

Nel report del gennaio 2020 l’organizzazione Border Violence Monitoring Network insieme a Human Rights Watch e Amnesty International sostiene che oltre l’80% dei casi seguiti nel 2019 hanno subito almeno una forma di tortura e/o trattamento inumano e degradante da parte delle autorità croate.

La Bosnia, è il ricettacolo finale dei migranti ritornati al punto di partenza come nel gioco dell’oca. Se li riprende per ragioni legate a pressioni internazionali, a meccanismi economici (la gestione dei campi profughi muove molti interessi) e perchè sa che non si fermeranno, ma tenteranno di nuovo di passare il confine.

Non c’è niente di legale in questi spostamenti obbligati. Lo ha denunciato l’Organizzazione mondiale per le Migrazioni (OIM).

Lo sostiene l’Associazione Studi Giuridici sull’Immigrazione (Asgi) che in una lettera aperta al Ministero dell’Interno, alla Questura e Prefettura di Trieste, e alla sede per l’Italia dell’UNHCR, ha chiesto di fermare le riammissioni verso la Slovenia perché non sono in linea col profilo giuridico interno e internazionale.

 

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