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Cuffaro e Berlusconi | Rosario Amico Roxas

| Scritto da Redazione
Cuffaro e Berlusconi | Rosario Amico Roxas

Ben lontano dal voler difendere l’operato di Totò Cuffaro, peraltro identificato e punito in tre gradi di giudizio e con una sentenza passata in giudicato; ma rimane aperta la strada per valutare il comportamento dell’uomo,prima che del politico e del pregiudicato per  un delitto infamante per un uomo delle Istituzioni, come la connivenza con i mafiosi,  nemici giurati dello Stato .

Totò Cuffaro si è difeso, come suo diritto, NEI vari processi che lo videro imputato perdente, senza scegliere la comoda strada di difesa DAL processo.

Fu Casini, in cerca di consensi a qualunque costo e a qualunque prezzo  che,  In vista delle elezioni politiche del 2008,  definì  Cuffaro un "perseguitato politico", sulle orme ormai collaudate da Berlusconi,  annunciandone  la candidatura   alle consultazioni nazionali, violando, peraltro  la promessa, di non candidare  chi avesse subito condanne, anche se non ancora passate bin giudicato.  Una ingenuità, quella di Casini che gli costò una caduta verticale dell’UDC  nelle elezioni e la scomparsa dalla visibilità cui lo stesso era abituato, condizionando negativamente anche ogni ipotesi futura di ripresa.

Il 18 gennaio 2008 Cuffaro venne dichiarato colpevole di favoreggiamento semplice nel processo di primo grado per le 'talpe' alla Dda di Palermo. Lasentenza di primo grado condannò Cuffaro a 5 anni di reclusione nonché all'interdizione perpetua dai pubblici uffici.

Il 23 gennaio 2010 la Corte d'Appello di Palermo condannò Cuffaro a sette anni di reclusione per favoreggiamento aggravato nel processo 'talpe alla Dda'. Rispetto alla sentenza di primo grado la pena  fu inasprita di ulteriori due anni, con l'aggravante di aver favorito Cosa Nostra. Dopo la sentenza Cuffaro ha annunciato di lasciare ogni incarico di partito e di voler ricorrere alla Corte di Cassazione.

Il 22 gennaio 2011 la Corte di Cassazione confermò in via definitiva la condanna 7 anni di reclusione inflittagli l'anno prima dalla Corte di Appello di Palermo, nonostante la richiesta di eliminazione dell'aggravante mafiosa da parte del procuratore generale.

Il giorno stesso Cuffaro si costituì  e venne rinchiuso nel carcere romano di Rebibbia.

Il successivo 2 febbraio il Senato della Repubblica accolse le sue dimissioni da parlamentare con 230 voti favorevoli, 25 contrari e 17 astenuti.

Nelle motivazioni della sentenza i Giudici della Cassazione dichiararono provato l'accordo politico-mafioso tra il capo-mandamento Giuseppe Guttadauro e l'uomo politico Salvatore Cuffaro, e la consapevolezza di quest'ultimo di agevolare l'associazione mafiosa, inserendo nella lista elettorale per le elezioni siciliane del 2001 persone gradite ai boss e rivelando, in più occasioni, a personaggi mafiosi l'esistenza di indagini in corso nei loro confronti.

Il 28 ottobre 2011 i legali di Cuffaro resero  noto di aver presentato alla Corte europea dei diritti dell'uomo istanze di revisione del processo in cui è stato condannato in Cassazione e del processo definito "Talpe alla Dda".

L’itinerario giudiziario di  Cuffaro è tutto dentro le regole processuali, senza ricorso ad espedienti  ghediniani di dilatare i tempi processuali in cerca di una consueta prescrizione che già aveva salvato Berlusconi da condanne.

E’ facile, ma è anche doveroso, rilevare la sostanziale differenza comportamentale tra Cuffaro e Berlusconi, il primo in galera, scomparso dalla visibilità mediatica con grande dignità umana, il secondo perennemente in fuga dalle sue responsabilità, delegando altri a sostenere l’indifferibilità del riconoscimento della sua indiscutibile  presenza nel mondo politico, per non meglio identificate benemerenze conquistate quale “uno dei figli migliori dell’Italia”  (così si è definito nella conferenza stampa seguita alla condanna in terzo grado.

Ora si parla di concessione di grazia, altrimenti il governo Letta rischia la sua sopravvivenza, con il rischio di aggravare la già grave situazione economica dell’Italia.

Con questo ricatto cade miseramente la motivazione secondo la quale Berlusconi insisterebbe a voler rimanere in politica per il grande amore che nutre per l’Italia, chiamato, come si illude di essere o come sostiene davanti ai suoi vassalli, a salvare la nazione dalla minaccia comunista.

Se di grazia si continuerà a parlare, allora è Cuffaro il primo che dovrebbe poterne godere, non fosse altro che per il rispetto dimostrato alle Istituzioni, verso le quali ha mancato pesantemente, ma scontando, con dignità, il fio delle sue responsabilità.

Rosario Amico Roxas

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