Sabato, 27 aprile 2024 - ore 01.31

Egregio signor Sindaco... | Ennio Serventi

| Scritto da Redazione
Egregio signor Sindaco... | Ennio Serventi

Egregio Signor Sindaco,

nei giorni scorsi, tra un piovasco e l’altro, con la bici ho fatto un giro su e giù per  quei percorsi ciclabili  che stanno fra el ciaveghèet ed el ciavegòon e che, a giudicare dai

lavori in corso d’opera,  mi è parso di capire andranno oltre.

Come si dice  da noi li ho “presi su” da via Flaminia dove, al ponte che sovrasta il cavo Cerca, ho girato a destra andando, adagio,  nel senso della corrente. Non che il cavo fosse pieno d’acqua ma le continue piogge la mantenevano alta e veloce ed il suo infrangersi sulle guglie affioranti dei sassi  ne punteggiava la superficie  con cumoli di spuma bianca che sembravano galleggiare. Alla mia sinistra la bassura verde di erbe e arbusti spontanei  mi è parsa, per larghi tratti, libera da case e da strade, com’era una volta. Scomparso invece il solco entro il quale  scorreva l’acqua, derivata dal cavo, che andava a rimpinguare  il colatore Realino nella stagione irrigua. Poi, più avanti, forse per nuovi importanti apporti, il colo da “Realino” diventava “Reale” per cambiare definitivamente il nome in “Fossadone”. AI margini della pista ciclabile l’erba era alta, cresciuta abbondante per le recenti piogge. Passando lento, captai il discorrere di due che stavano seduti su di una panchina rivolta al sole della sera:“ l’erba andrebbe tagliata” diceva l’uno “ si”,rispondeva l’altro, “ ma nessuno lo fà ,tutti la vedono che è alta ma la lasciano crescere ancora”  . Forse era vero ma a me, quell’insieme di acqua corrente e di erbe spontanee avrebbe continuato a piacermi anche se queste avessero raddoppiato la loro altezza ed invaso i bordi dell’ asfalto .Dall’altro lato del cavo, in sponda destra oltre  il piccolo argine che li proteggeva, una volta erano i campi di “Gerevèen”, adesso vi sono delle case.  Quando ero ragazzo, ed erano gli anni della guerra, si diceva che su quei terreni vi fosse atterrato un aereo  “cicogna” preso da improvvisa difficoltà meccanica, ed i ragazzi andavano a vederlo. Non io, che a quel tempo ero all’orfanotrofio (so che  Lei non manca mai alla riunione annuale dell’Associazione Lazzaro Chiappari).  Ma di quel piccolo argine ho un ricordo antico, indissolubilmente legato alla rimembranza di un ragazzo di collegio la cui famiglia viveva da quelle parti, in una delle vecchie case della parallela via Genala che anche da quel basso argine s’intravedevano.  Quel pomeriggio di passeggiata, la fila dei ragazzi del collegio si allungava sullo stretto  sentiero sopra il terrapieno.  Improvviso un tonfo verso l’acqua attrasse l’attenzione di tutti . Ci girammo e lo vedemmo: lui Ezio Ghiraldi che  avrà avuto dieci anni, con le bracciate  agili di chi ha  imparato spontaneamente a nuotare nei fossi e nei navigli, nuotava oltre il centro del cavo contrastando la spinta contraria della  corrente dell’acqua, ormai prossimo al raggiungimento dell’altra riva.  Quelle erano le terre dei suoi giochi e quella del cavo la  sua acqua e lui non aveva resistito al suo richiamo. Rallentato il passo si era  lasciato sorpassare da tutta la fila dei ragazzi poi, rimasto ultimo, spogliatosi degli abiti e rimasto nudo,  dandosi la spinta necessaria con breve rincorsa, si era buttato dall’argine tuffandosi in acqua. Alla sera, nel cortile del collegio, gli fummo tutti attorno a condividere la sua felicità ed ad ascoltarne il ripetuto racconto. Sapeva tutto di quel canale, dei cicli della sua acqua  e di come il livello di questa  venisse alzato od abbassato manovrando volani e manubri  che sporgevano da uno dei muretti di sponda del ponte di San Rocco. Questi li ricordo anch’io e ricordo come una grossa catena nera munita di robusti lucchetti intersecava ed avvolgeva  i raggi dei volani e le apposite feritoie dei manubri ad impedire abusive manovre. Adesso non è più così:  il ponte di san Rocco sorregge solo una strada larga. I manubri,  i volani  e le lunghe aste delle “viti senza fine” per la manovra delle sottostanti paratie non sporgono più dal muretto di sponda. Tutto il macchinario è stato rimosso e collocato più a valle in apposito manufatto, poco a monte del sifone rovesciato che permette al colatore “Morta” di sottopassare il cavo Cerca. Sull’argine destro del cavo, in direzione del “ciavegòon”, sono in corso dei lavori e la sommità del terrapieno è ricoperta di sassi lucidi e lisci che paiono conchiglie ed il pensiero va  ad un’altra acqua, lontana:   “Copritemi con conchiglie del fiume. IO vissi ammirando, adorando la terra e il cielo” (E.Lee Masters). Irrorati di bitume, diventeranno  un nuovo tratto di  quell’insieme di percorsi ciclo-pedonali.  Poi, a ridosso della grande chiavica (el ciavegòon) dove già ci sono le rampe in cemento che lo sosterranno, un ponticello permetterà l’attraversamento del cavo. Superato l’incrocio di via BOsco il percorso continuerà sulla sinistra del fosso verso gli argini rivieraschi di Bosco ex Parmigiano. Su quegli argini, all’indomani dell’otto settembre del 1943,  si riunirono gli antifascisti comunisti che per  primi  decisero di cominciare la lotta armata contro nazisti e fascisti e  partirono per Besozzola di Pellegrino Parmense. La vi costituirono la prima banda partigiana della zona, quella di Pietra Nera, ed i loro nomi erano Roberto,Arnaldo, Guido, Menotti ed altri che non ricordo.  Già la lotta armata. Qui gli argini ed i sentieri parlano di Resistenza!.

Poco dopo il ponte di san Rocco   la pista ciclabile proveniente dalla via Flaminia,  incrociata la via che ricorda il protettore degli invalidi,  piega  decisamente verso est ed al gomito sfiora  l’edicola dedicata al santo e la ristrutturata cascina Quaini. Il ricordo va ai racconti indelebili di quell’aprile del 1945 che vide i fascisti in fuga ed i partigiani nelle strade.  Qui il giorno ventisei di quell’aprile,  nel tentativo di snidare   un cecchino fascista,  veniva colpito a morte  Bruno Ghidetti ed una brigata partigiana venne a lui intitolata.  Da queste parti ci dovrebbe essere ancora il cippo che lo ricorda. LO cerco e lo trovo seminascosto, addossato al muretto divisorio  di una cascinetta messa a nuovo, bisognoso di restauro,  incastonato in una siepe che quasi interamente lo ricopre.  Alla “Carpanella la pista ciclabile continua sull’altro lato della strada.  A sinistra, alte, sopra quel che rimane del  ciglione che delimita il paleo alveo del PO,  si vedono le antiche case della “villetta” fino alla cascina Gualazzi ed al tracciato della bella stradina che porta a s.Sigismondo.. AI piedi del ciglione, prima del campo, fra alberi spontanei scorre un fossetto influente nel colatore “Reale”. Dalla altezza di quella antica riva guardando a valle, anche se lo sguardo è parzialmente intercettato ed impedito dalla artificiale collinetta  che vi si contrappone ed interrompe la piatta continuità della pianura,  si percepisce quello che  è stato nel tempo lo spostarsi del corso del fiume. Fra quelle casette della “villetta” alla sera del 29 12  1944, nel tentativo di fare giustizia di un traditore, rimase ucciso il partigiano “gappista” Odoardo Ferrari e fu una notte di spari di rivoltella e fucile.   La pista ciclo pedonale  continua a lato della più bassa via s. Rocco e da quella posizione è ben visibile, in alto sul ciglione, il complesso del monastero di san Sigismondo con la facciata seminascosta dalle fronde di un albero.   Sull’altro lato,  l’artificiale collinetta che s’ innalza  e interra l’antica palude della “Mortàa”,mentre il colatore omonimo continua a scorrere ai suoi piedi. Qui, nella scomparsa palude della “Mortàa”, quand’ero ragazzo, ci venivo a pescare di frodo come,per fame, facevano tutti a porta PO ed  in tanti al “Battaglione”. Fin qui, anche se allargata, la strada ripercorre il vecchio tracciato per poi innestarsi nella nuova carreggiata che sovra passa l’autostrada. Si ricongiungerà al tratto antico della Bassa Casalmaggiore più avanti,  dirimpetto alla cascina Bugada.  Prima, al di qua del cavalcavia che sovrapassa l’autostrada,  con lieve scarto la pista ciclabile imbocca quel che rimane del vecchio tracciato stradale, fra l’erigendo “quartiere fiorito” e le vecchie dirimpettaie case, per poi risalire l’erta  che a quel tempo portava alla osteria de mes’ciàa vèen dove il camioncino dei pompieri partigiani ebbe un guasto. Si attardarono nella riparazione poi ripartirono per Bagnara . S’imbatterono in una colonna tedesca in ritirata, catturati  vennero addossati al muro dell’asilo e fucilati. Oggi una lapide li ricorda sul luogo dell’uccisione.

Ritorno verso la città.  Ripasso per il tunnel che sottopassa l’autostrada e vado oltre il posto dove c’era l’osteria de “mes’ciàa vèen”, senza girare per la discesa dove si fermò il camioncino dei pompieri partigiani. Continuo a ritroso la via Battaglione fin dove le case alla mia sinistra finiscono. Il varco clandestino in una siepe mi consente d’ immettermi in un leggero tracciato campestre che discendendo,  aggira da dietro il monastero di san  Sigismondo. Spingo la bicicletta con le mani  fino a risalire la piazza della chiesa sul ciglio dell’antico alveo poi, in sella, percorro la stradina che mi porta alla cascina Gualazzi ed alle casette della “villetta”. MI fermo un attimo, cerco mentalmente di ricostruire la sera nella quale  il “gappista” rimase ucciso  ed individuarne il luogo.  Ma il tempo passato è tanto e mentre percorro la discesa  di via Diritta penso che quell’insieme di piste e sentieri ciclo-pedonali andrebbero, nel loro insieme, dedicati alla Resistenza. UN “percorso della Resistenza” come già ne esistono in molti luoghi e non da noi. Questo mi sento di proporre al sig. Sindaco!!. Corredato di cartelli ed indicazioni esplicative potrebbe diventare anche un percorso didattico della memoria non solo  per scolaresche  ma anche per quelle generazioni di mezzo nelle quali il ricordare comincia a fare difetto. I diversi tratti potrebbero essere dedicati ed i nomi non mancano: Edda Sacchi,la ragazza volontaria della Croce Rossa uccisa nei pressi della caserma Eugenio di SAvoia;  Bruno Ghidetti, il partigiano di via san Rocco; Giuseppe Robolotti, il generale fucilato a Fossoli; i Vigili del Fuoco partigiani fucilati a Bagnara; Odoardo Ferrari, il partigiano ucciso fra le case della“villetta”. Questi solo per ricordarne alcuni.

Ritorno verso casa  ed il pensiero è di come fare giungere al sindaco questa proposta.

 

 

ENNIO SERVENTI

 

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