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ENI-ROSNEFT: L'ACCORDO DI ROMA PONE IL CANE A SEI ZAMPE TRA PUTIN E MEDVEDEV

| Scritto da Redazione
ENI-ROSNEFT: L'ACCORDO DI ROMA PONE IL CANE A SEI ZAMPE TRA PUTIN E MEDVEDEV

Il colosso energetico italiano rafforza la partnership con il monopolista russo del greggio sostenuto dal Presidente russo, e favorisce la sua ascesa nel mercato UE a spese del monopolista del gas Gazprom -sostenuto dal Premier della Federazione Russa. Le conseguenze sul piano geopolitico del rafforzamento degli enti controllati dal Cremlino in Europa

 

Non solo lo tsunami di Grillo, l'Italia e l'Europa stanno per essere inondate anche da un mare di greggio russo. Nella giornata di sabato, 23 Febbraio, il monopolista russo del greggio Rosneft, e il colosso energetico italiano ENI hanno firmato un accordo per lo sfruttamento di oro nero e la sua commercializzazione in Italia e nel Mondo.

 

L'accordo, firmato a Roma dal Capo di Rosneft, Igor Sechin, e dal Presidente di ENI Trading and Shipping, Marco Alvera, garantisce al colosso italiano la compartecipazione ad alcuni giacimenti di greggio controllati dal monopolista russo.

 

Come riportato all'agenzia Reuters dal Capo Esecutivo Alvera, l'accordo con la Rosneft mira a rafforzare la posizione di ENI nel trasporto mondiale del greggio. "Rosneft è il più grande produttore di greggio al mondo -ha dichiarato Alvera- e l'ENI è uno dei suoi maggiori acquirenti"

 

Dal punto di vista geopolitico, il rafforzamento della partnership con ENI rappresenta per Rosneft l'ennesima alleanza strategica per consolidare il monopolio dell'ente nazionale russo nel mercato mondiale dell'energia.

 

Di recente, Rosneft ha varato un maxiaccordo con il colosso USA ExxonMobil per l'avvio dello sfruttamento del ricco giacimento Shtokman, nell'Oceano Artico, ed ha coinvolto enti sudcoreani, giapponesi, il colosso norvegese Statoil e l'ENI nell'estrazione di carburante da altri serbatoi nell'estremo nord del pianeta.

 

La partnership con il monopolista statale russo non è stata avviata in maniera indolore da ENI, che per ottenere la cooperazione nello sfruttamento dei giacimenti dell'Oceano Artico, e in alcuni serbatoi nel Mar Nero, è stata costretta a cedere a Rosneft quote di partecipazione in progetti gestiti in toto dal Cane a Sei Zampe.

 

Con il rafforzamento della partnership con Rosneft, l'ENI mantiene una sorta di equilibrio tra il monopolista statale russo del greggio e quello del gas, Gazprom, che è sempre controllato dallo Stato, ed è partner di ENI nella costruzione del gasdotto Southstream e in altri progetti per l'estrazione di gas nel Mondo.

 

Tra i due monopolisti dell'energia statali russi è in atto una sorta di guerra intestina per l'ottenimento del primato delle esportazioni di carburante in Europa.

 

Gazprom, che mantiene saldamente l'egemonia del mercato del gas dell'Unione Europea, e che è sostenuta politicamente dall'entourage del Premier, Dmitriy Medvedev, è finita del mirino della Rosneft, che, sostenuta dal Presidente russo Vladimir Putin, dopo avere consolidato la sua posizione in Asia ha avviato un piano per incrementare la sua posizione in Europa.

 

Lo sfruttamento dei giacimenti dell'Oceano Artico, in cui è coinvolta l'ENI, rappresentano una chiave che permette a Rosneft di insidiare il monopolio di Gazprom in Europa: il gas proveniente dallo Shkotkman e dagli altri giacimenti della regione servono per aumentare la capienza e prolungare fino alla Gran Bretagna il Nordstream.

 

Questo gasdotto è stato costruito da Gazprom nel 2012 per veicolare dalla Russia direttamente alla Germania 55 miliardi di metri cubi di gas, isolare energicamente -e politicamente- i Paesi dell'UE Centro-Orientale, e incrementare la dipendenza dell'Unione Europea dagli approvvigionamenti di Mosca -da cui l'UE dipende per il 40% del fabbisogno complessivo.

 

Il vero volto della politica energetica della Russia in Europa

 

Nonostante le apparenze, la concorrenza tra Rosneft e Gazprom mira a rappresentare due facce della medesima entità.

 

Rosneft e Gazprom sono due enti posseduti dal Cremlino animati dal comune scopo di impedire il varo di una politica comune dell'energia da parte dell'UE, e scongiurare la realizzazione dei piani di diversificazione delle forniture di gas progettata dalla Commissione Europea con l'aiuto degli Stati Uniti d'America.

 

Per diminuire l'importanza degli approvvigionamenti di gas da Russia e Algeria, Bruxelles ha progettato il Corridoio Meridionale: fascio di gasdotti concepito per veicolare direttamente in Europa oro blu proveniente da Azerbaijan e Turkmenistan.

 

Inoltre, la Commissione Europea ha incentivato la realizzazione di rigassificatori per l'importazione di gas liquefatto da Qatar, Norvegia e Stati Uniti d'America.

 

Proprio gli USA hanno proposto all'Unione Europea l'avvio delle esportazioni nel Vecchio Continente dello shale liquefatto: gas estratto da rocce porose poste a bassa profondità mediante sofisticate tecniche di fracking adoperate solo in Nordamerica.

 

Con l'avvio dello sfruttamento dello shale, gli USA hanno già consolidato la loro posizione nel mercato dell'energia asiatico, diventando leader delle esportazioni di LNG in Corea del Sud, India, Singapore ed Indonesia.

 

L'Amministrazione presidenziale democratica, in accordo con la minoranza parlamentare repubblicana, ha dato il via libera alle esportazioni dello shale liquefatto a prezzi competitivi anche in Europa, per aiutare l'UE ad emanciparsi dall'enorme dipendenza dalla Russia: potenza mondiale che, sopratutto in Europa, si avvale dell'energia per realizzare scopi di natura geopolitica.

 

Matteo Cazzulani

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