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EU.reddito minimo contro la povertà

| Scritto da Redazione
EU.reddito minimo contro la povertà

Un reddito minimo contro la povertà
«L’introduzione di sistemi di reddito minimo in tutti gli Stati membri dell’Ue sarebbe il modo più efficace per combattere la povertà, per garantire un adeguato standard di vita e per favorire l’integrazione sociale» afferma una risoluzione non legislativa adottata dal Parlamento europeo lo scorso 20 ottobre.

Nell’Anno europeo di lotta alla povertà e all’esclusione sociale, l’Europarlamento sottolinea che un reddito minimo adeguato rappresenta «un elemento imprescindibile per una vita dignitosa e che il reddito minimo e la partecipazione sociale rappresentano i presupposti necessari affinché le persone possano sviluppare appieno il proprio potenziale e contribuire a un’organizzazione democratica della società».

Aggravate le disuguaglianze sociali

La povertà e l’esclusione sociale costituiscono «violazioni della dignità umana e dei diritti umani fondamentali» e l’obiettivo centrale dei regimi di sostegno al reddito deve essere quello di «far uscire le persone dalla povertà e di consentire loro di vivere in modo dignitoso» ha affermato il Parlamento europeo, osservando come nonostante la prosperità economica e tutte le dichiarazioni in materia di riduzione della povertà le disuguaglianze sociali si sono aggravate. Il 17% della popolazione dell’Ue, cioè circa 85 milioni di persone, alla fine del 2008 viveva al di sotto della soglia di povertà, anche dopo i trasferimenti sociali, mentre nel 2005 tale percentuale era pari al 16% e nel 2000 il dato registrato nell’Ue-15 era del 15%. L’indicatore del rischio di povertà è più elevato per i bambini e i giovani fino ai 17 anni rispetto alla popolazione totale e ha raggiunto nel 2008 il 20% nell’Ue-27, dove l’indice più elevato registrato è stato del 33%. Anche le persone anziane sono esposte a un rischio di povertà più elevato rispetto alla popolazione nel suo insieme: l’indicatore del rischio di povertà degli anziani ultra 65enni era del 19% nell’Ue-27 nel 2008, percentuale uguale a quella del 2005 mentre era del 17% nel 2000.

Il livello costantemente elevato del lavoro precario e dei bassi salari in alcuni settori significa che la percentuale di lavoratori minacciati dal rischio di povertà è costantemente a un livello elevato: il tasso medio di popolazione che, pur avendo un impiego, era esposta al rischio di povertà nell’Ue-27 era dell’8% nel 2008, tasso uguale al 2005 ma superiore al 7% rilevato nel 2000.

Inoltre, ha sottolineato l’Europarlamento, il rischio di cadere nella povertà estrema è maggiore per le donne rispetto agli uomini. La persistente tendenza alla femminilizzazione della povertà nelle società europee dimostra che l’attuale quadro dei regimi di protezione sociale e la vasta gamma di politiche sociali, economiche e occupazionali nell’Ue «non sono pensati per soddisfare le esigenze delle donne o per far fronte alle differenze proprie al lavoro femminile». La povertà tra le donne e la loro esclusione sociale in Europa richiede dunque «risposte specifiche, molteplici e legate al genere».

Equilibrio tra politiche economiche e sociali

L’enorme livello di povertà non incide solo sulla coesione sociale in Europa ma anche sull’economia europea, ha osservato il Parlamento europeo, poiché l’esclusione permanente di vaste parti della società indebolisce la competitività dell’economia e aumenta la pressione sulle famiglie. I deputati europei ritengono dunque necessario stabilire un obiettivo globale nell’ambito della strategia Europa 2020, riconoscendo priorità alla coesione economica, sociale e territoriale nonché alla difesa dei diritti umani fondamentali, cosa che richiede un equilibrio tra le politiche economiche, dell’occupazione, sociali, regionali e ambientali come pure un’equa ridistribuzione della ricchezza e del reddito. Servono studi d’impatto sociale relativi a tutte le decisioni, sostiene l’Europarlamento, nonché la necessità di applicare la clausola sociale trasversale del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea.

Il Parlamento europeo ha poi ricordato che l’Anno europeo di lotta alla povertà e all’esclusione sociale, che sta per concludersi, dovrebbe essere un’occasione per sensibilizzare l’opinione pubblica alla povertà e al suo corollario, l’esclusione sociale, nonché per migliorare le risposte politiche a tale esclusione, promuovere l’inclusione attiva, un reddito adeguato, l’accesso a servizi di qualità e approcci di sostegno a un lavoro dignitoso, cosa che richiede un’equa ridistribuzione delle ricchezze e presuppone misure e politiche che garantiscano un’effettiva coesione economica e sociale in tutta l’Ue e tra le regioni. Così come l’Anno europeo dovrebbe essere utilizzato per far comprendere che il reddito minimo può costituire un adeguato sistema di protezione delle persone emarginate e vulnerabili.

Strumenti efficaci di lotta alla povertà

Alla luce di tali considerazioni, il Parlamento europeo ritiene che il reddito minimo dovrebbe essere fissato al 60% del reddito medio del Paese cui si riferisce e invita la Commissione europea a presentare un’iniziativa che porti alla preparazione di un piano d’azione in questo campo e al sostegno delle buone pratiche già adottate a livello nazionale. La risoluzione adottata dai deputati europei osserva infatti che le esperienze in materia di redditi minimi e di reddito di base incondizionato per tutti, accompagnati da misure supplementari di integrazione e di protezione sociale, dimostrano come questi siano strumenti efficaci di lotta alla povertà e all’esclusione sociale nonché capaci di garantire una vita dignitosa per tutti.

Secondo l’Europarlamento, in sostanza, dovrebbe essere elaborato un piano d’azione per «accompagnare l’attuazione di un’iniziativa europea sul reddito minimo negli Stati membri, nel rispetto delle varie prassi nazionali, degli accordi collettivi e delle legislazioni nazionali». Tale iniziative dovrebbe conseguire alcuni obiettivi, quali: la definizione di standard e indicatori comuni sulle condizioni di ammissibilità e accessibilità dei regimi di reddito minimo; l’adozione di criteri per valutare quali livelli istituzionali e territoriali, compreso il coinvolgimento delle parti sociali e dei pertinenti soggetti interessati, risulterebbero più adatti ad attuare le misure relative ai regimi di reddito minimo; la definizione di indicatori e parametri comuni per la valutazione dei risultati, degli esiti e dell’efficacia della politica contro la povertà; il monitoraggio e lo scambio efficace delle migliori prassi.


INFORMAZIONI:

http://www.europarl.europa.eu

fonte: http://www.euronote.it/2010/10/un-reddito-minimo-contro-la-poverta/


 

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