Non ho avuto il coraggio di chiedere che cosa c’era nelle altre 19 celle refrigeranti.
L’assemblea iniziava alle due del pomeriggio di un luglio caldissimo. Eravamo in uno scantinato dell’ospedale. La stanza era pulita ed accogliente : un tavolo centrale ,di marmo, con una decina di seggiole attorno; una parete era ricoperta di fotografie con fiori di montagna, un laghetto, alcune cime, un prato ed alcune vacche che pascolavano; la parete di fronte era arredata con una strano mobile di acciaio che evidenziava la forma di una ventina di cassettoni numerati; la finestra dava sul cortile interrato e faceva intravedere una rigogliosa pianta di fico; un appendiabiti completava l’arredamento.
Seduti tutti attorno al tavolo iniziamo l’assemblea. Chiedo se posso fumare: dicono di si ed uno apre la finestra. Rispetto all’afa esterna si stava bene la temperatura era sicuramente più fresca. Stavamo discutendo animatamente dei turni orari,della mancanza di personale da circa un’ora. Il clima si era riscaldato perché le opinioni divergenti.
Il fumo, la discussione, l’ambiente piccolo aveva messo sete a tutti. Pedro si alza e chiede che cosa vogliamo di fresco. Si avvicina al mobile di acciaio ed apre il cassetto n.17 di circa cinquanta centimetri ed inizia a mettere sul tavolone di marmo qualche coca, delle birre ed alcune aranciate con i relativi bicchieri di plastica. Il tutto era a temperatura ideale: ne troppo ghiacciate ma fresche al punto giusto.
L’assemblea finisce dopo mezz’ora con un accordo fra i lavoratori. Contenti ci alziamo ed usciamo dalla stanza. Incuriosito cerco di capire dove sono stato. La targa della stanza riportava la scritta “ SALA REFRIGERANTE”.
In effetti avevo tenuto l’assemblea dei necrofori dell’ospedale. Non ho avuto il coraggio di chiedere che cosa c’era nelle altre 19 celle refrigeranti. Ho sempre voluto credere che fossero vuote.
Edo Villa
2014-01-05
