Martedì, 16 aprile 2024 - ore 10.12

Fogliazza Kiro.Guardare alle lotte bracciantili senza ideologia

| Scritto da Redazione
Fogliazza Kiro.Guardare alle lotte bracciantili senza ideologia

Fogliazza Kiro.Guardare alle lotte bracciantili senza ideologia
Con il mio libro non ho voluto mettere  mettere  in discussione il quadro politico esociale che uscì dalle lotte del 1948-1949. Che èquello che é e che ovviamente tale rimane. Mi interessava,invece, ripercorrere quelle vicende per
capire cosa ci possano insegnare, oggi. E quali indicazionigenerali possano uscire per suggerirci scelte per il nostro futuro.
Il pericolo bolscevico, la paramilitare, il caso Piccoletti....non c'azzeccavano proprio nulla! Furono motivi di confusione e di deviazione, volentieri strumentalizzati dal fronte opposto al cambiamento.
Provocazioni artatamente messe in campo oppure veri e propri madornali errori commessi dal campo progressista. Le due cose, spesso, nellastoria d'Italia, si tengono, si sommano e si confondono,
purtroppo!
Ma, al netto della polemica strumentale, il vero succo del confronto ( e della intensa lotta di quegli
anni) era: devono, la grande proprietà fondiaria e l'impresa agricola, contribuire "in solido" al
progresso civile, sociale e culturale delle nostre campagne? Devono, i lavoratori agricoli e le loro
rappresentanze, poter partecipare, condividere, aver voce in capitolo anche sulle scelte aziendali
(Consigli di cascina)?

Spogliato dall'ideologia e dal fumo della paura, il contendere fu tutto qui!

Emblematici, a questo riguardo, sono i passaggi ricordati in "Maledetto Sanmartino" (ripresi sic et
simpiciter da materiale pubblicato nel 1972 da ADAFA poi ripreso a sua volta dalle memorie di
Mons. Cappellini) relativi alla lunga fase di ricovero in ospedale del Vescovo Mons. Cazzani. Il Vescovo
più e più volte aveva avuto modo di esternare la propria convinzione: la proprietà fondiaria
si é enormemente arricchita in tutti questi lunghi anni. Stessa cosa vale per l'impresa agricola. Mentre
il popolo nelle campagne sta male, vive male, abita case fatiscenti, mangia poco e male, soffre, si
ammala, viene sfruttato. E' giunta l'ora - sosteneva Mons. Cazzani - di mettere mano ad una più giusta
ed equa distribuzione delle risorse.
E' giunta l'ora che proprietà fondiaria  ed impresa agricola comincino a dare un proprio congruo contributo
al progresso delle nostre campagne.
Ma la lunga malattia e la degenza in ospedale permisero di attutirne il messaggio. Il "cordone sanitario"
che lo circondava (formato tutto da eminenti dirigenti, locali ma anche nazionali, della
Democrazia Cristiana) fece in modo che queste parole - ma soprattutto queste convinzioni episcopali
- non giungessero alle masse contadine in lotta.
E che nemmeno l'eco di quelle dure lotte e della durissima sconfitta subita, potesse raggiungere
Mons. Cazzani.
Mi anima la convinzione che se il Monsignore avesse potuto svolgere la propria omelia la notte
di "quel" Natale, probabilmente la piega degli avvenimenti avrebbe potuto prendere una strada diversa.
Prevalse invece l'avidità e l'ingordigia sociale.
La proprietà fondiaria e l'impresa agricola tennero fede alle proprie radicate tradizioni, egoistiche ed
insensibili alla miseria che circondava le proprie ricche abitazioni padronali.
Stessa cosa che ebbe a verificarsi circa dieci anni più tardi, quando autonomamente, ciascuno per
la propria parte, l'on. Zanibelli ed io - alla Camera - presentammo un disegno di legge che mettesse
mano alla costruzione di case per i contadini.
Entrambe
i nostri progetti prevedevano, pur in forme diverse, la costituzione di un "Fondo nazionale"
per quelle case. Formato in parte da fondi pubblici, ma anche da congrui fondi messi a disposizione
dalla proprietà fondiaria (15%) e dall'impresa agricola (10%). Ma il governo ad egemonia democristiana
(non dimentichiamo che stiamo parlando di qualche anno prima della svolta di centro-
sinistra!) impose il proprio diktat.
Zanibelli dovette rientrare nei ranghi. E nonostante la battaglia intrapresa in Parlamento, anche il PCI dovette poi adeguarsi ad una "fusione" delle due proposte (la legge Fogliazza-Zanibelli).

Pur di portare "a casa", finalmente, un intervento molto sostanzioso che permettesse la costruzione di case
contadine, anche noi del PCI fummo messi nelle condizioni di dover accettare che il "Fondo nazionale"
pesasse esclusivamente sulle casse pubbliche e che a proprietà fondiaria ed impresa agricola venissero
risparmiati quegli esborsi che, ieri ed ancora oggi, continuo a considerare dovuti e sacrosanti.

Non c'é forse da imparare molto, per l'oggi, da quelle antiche esperienze? Non é forse da un nuovo,
positivo, fecondo incontro tra le esperienze ed i valori del cattolicesimo democratico e quelli della
tradizione progressista e socialista che può venire qualche speranza per la nostra Italia? Non é
forse da una nuova solidarietà sociale, e dal rifiuto - al contrario - dell'egoismo di classe e sociale, che può venire qualche buona notizia per il nostro Paese? Non é forse puntando ad un coinvolgimento
positivo dei lavoratori nella gestione delle aziende (l'esperienza tedesca, d'altra parte, insegna
parecchio a questo riguardo! E si guardi all'esperienza della "Cartiera" di Gussola se, in nuce,
non contiene già quel tipo di indicazioni!) che può venire qualche barlume di uscita dal tunnel
per l'Italia e gli italiani?!
Di questo - mutatis mutandis - trattavamo allora. Forse addirittura in maniera nemmeno del tutto
consapevole. Forse crogiolandoci anche noi, un po' troppo, nel rassicurante bozzolo dell'ideologia.
Ma la sostanza delle cose era quella.
A ben vedere, ed andando alla sostanza, non si trattava né di obbiettivi comunisti né tantomeno
bolscevichi. Si trattava, invece, di obbiettivi riformisti frutto della ricca esperienza del movimento
dei lavoratori della padania irrigua. Che certo, in quanto serriamente riformisti, ponevano importanti
questioni di cambiamento, anche radicale, negli assetti sociali, civili ed anche economici.
Forse é proprio per questo che ne uscimmo sconfitti.

Si trattava di obbiettivi probabilmente troppo avanzati. Sia per una destra economica e sociale
abbarbicata a vecchi privilegi, sia per una sinistra probabilmente ancora troppo obnubilata dal "mito"
sovietico.
Guardare a quel tempo senza gli occhiali dell'ideologia può davvero aiutarci a capire il presente
e ad immaginare un futuro migliore.
on. Enrico Fogliazza

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