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I segni dell’officina Romanico-Matildica in terra cremonese| A.Melega

Nel presbiterio della pieve si può ammirare un pavimento musivo, in cui è leggibile una sola parola, rotas

| Scritto da Redazione
I segni dell’officina Romanico-Matildica in terra cremonese| A.Melega

Il primo segno romanico-matildico in terra cremonese che intendo presentare è quello della pieve di Pieve Terzagni, donata dalla Gran Comitissa al Vescovo di Cremona nel 1106, nell’anno della morte di Enrico IV, il grande nemico del potere della Chiesa e di Papa Gregorio VII. Nel presbiterio della pieve si può ammirare un pavimento musivo, in cui è leggibile una sola parola, <>, dell’originario talismano o pentacolo magico  chiamato dai più <>. Stesso pentacolo si può ritrovare pure nel presbiterio della basilica di sant’Orso ad Aosta, città dove visse ed operò Anselmo d’Aosta, un sant’uomo molto caro a Matilde. Detto pentacolo, apotropaico e palindromo, situato però su di un muro, è presente inoltre nella cattedrale di Santiago di Compostela, dedicata a San Giacomo Maggiore, il santo venerato con grande intensità dalla stessa Marchesa di Toscana.

Il pentacolo musivo <> si presenta come un intreccio  di cinque parole (Sator Arepo Tenet Opera Rotas) leggibili in vari sensi, traducibile con la frase <>. E’ un segno importante perché esso rimanda alla chiesa delle origini, alla chiesa della purezza, alla chiesa paleocristiana, che la Riforma religiosa di papa Gregorio VII, propugnata e difesa da Matilde, intendeva contrapporre al clero corrotto, simoniaco, concubinario che aveva ridotto la Chiesa ad essere sempre di più laicizzata e posta in uno stato non più tollerabile da parte dei fedeli del popolo minuto.

Il rapporto fra il <> di Pieve Terzagni e quello di Santiago di Compostela ci rimanda all’intensità della venerazione di Matilde verso san Giacomo. Tant’è vero che la grande contessa  si fece costruire di fronte alla casa   in cui si era ritirata inferma a Bondeno di Roncore, oggi Bondanazzo di Reggiolo (RE), una cappella dedicata al santo, una cappella da lei considerata <>. E il destino volle che la sua vita, dopo sette mesi d’immobilità a causa delle sofferenze per la gotta, terminasse in quella corte rurale fortificata,  la notte del 24 luglio del 1115, alla vigilia del giorno onomastico di San Giacomo.

Questo rapporto religioso così intenso ci rimanda ad un altro segno matildico in terra cremonese: il mosaico posto nella chiesa di Pieve San Giacomo, ritrovato e riscoperto nel 1963, nascosto perennemente da un tavolato di legno, ben meritevole invece di un totale recupero e di essere posto alla vista costante degli studiosi e dei turisti.

Pieve san Giacomo è posto sull’antica via Postumia che collegava il borgo a Piadena, sede di una fortezza matildica di legno che Enrico IV non riuscì mai ad espugnare, e che collega pure a Mantova, la capitale delle terre appartenenti agli Attonidi, la famiglia dinastica longobarda della Gran Comitissa.

Quella di Piadena era una delle quattro fortezza poste a difesa dei possedimenti  matildici in Valpadana e dei passi montani. Le altre fortezze erano situate a Nogara (Verona), Montefeltro (allora nella contea di Modena), Canossa (sui calanchi dell’Appennino reggiano). Qui, a Canossa, avvenne il famoso pentimento dell’imperatore Enrico IV, che dopo due giorni trascorsi al gelo e a piedi nudi, indossando solo un saio, fu accolto e perdonato da papa Gregorio VII, il 28 gennaio del 1077. Nello stesso anno fu fondata la chiesa capitolare di Sant’Agata a Cremona, chiesa ovviamente in stile romanico, della quale sono rimasti due frammenti pavimentali scoperti durante lavori effettuati nel 1876, studiati dal prof. Alfredo Puerari nel 1976, che venne ad individuare nel mosaico la rappresentazione del Labirinto cosmico, che rimanda ad un mosaico simile posto nella chiesa del monastero di San Benedetto in Polirone, fondato da Tedaldo, il nonno di Matilde. Gli straordinari e mirabili frammenti del mosaico cremonese di Sant’Agata, dove numerologia, cristologia trinitaria e sublimazione percettiva si compenetrano,  si trovano oggi presso il Museo Civico cittadino.

La chiesa di Sant’Agata venne fondata in una zona della città dove era particolarmente vivace la presenza dei cristiani che si richiamavano in modo radicale alla chiesa povera delle origini. Questi cristiani venivano chiamati in termini popolareschi e dispregiativi dall’alto clero <>, una denominazione forse derivante dal milanese patée, <>. Qui è pure importante sottolineare l’alleanza venutasi a creare, in quella temperie storica, fra il popolo della città di Cremona, colpito dalle imposizioni fiscali del vescovado sui traffici, sulla pesca, sulla macinatura del grano, ed i monaci benedettini riformatori, in lotta contro gli ecclesiastici laicizzati e corrotti. Per monaci benedettini riformatori s’intendono soprattutto quelli di Cluny, alla cui giurisdizione la chiesa di Sant’Agata fu sottoposta, al pari dei monasteri matildici di San Benedetto in Polirone e di Brescello. Dire Cluny voleva dire San Pietro, voleva dire Roma, voleva dire il Papa. Senza dimenticare che fu proprio da Cluny che partì il movimento culturale della Riforma della chiesa attraverso il papa benedettino Leone IX.

La lotta fra Matilde ed Enrico IV durerà dodici anni, dal 1080 al 1092, quando l’imperatore venne sconfitto proprio a Canossa, a causa di una nebbia incredibile che parve essere giunta fra i boschi per grazia divina.

Nel 1095 avviene un fatto d’enorme importanza. Il papa Urbano II indice un concilio a Piacenza. I lavori avvengono all’aperto, con la presenza di quarantamila persone composta da membri del clero e fedeli. Una grande svolta e missione è nell’aria: la liberazione di Gerusalemme dall’occupazione araba e mussulmana. Urbano II prima di dirigersi in Francia a Clermont, dove bandirà la prima crociata, si ferma a Cremona, a salutare Matilde e Corrado, figlio ribelle di Enrico IV. L’incontro con la Grande Contessa, sempre a Cremona, si ripete anche l’anno dopo, nel 1096, nel mentre i Crociati sono già partiti verso la Palestina. Il 15 luglio del 1099 Gerusalemme viene liberata. Quindici giorni dopo, il papa che ha voluto la crociata, muore.  Nello stesso anno iniziano i lavori della Cattedrale di Modena, con la posa della pietra di fondazione, alla presenza di Matilde e del nuovo papa Pasquale II.

Si dà l’avvio all’architettura della riforma cristiana, grande manifesto di una nuova epoca di rinnovamento. Con le pietre, le sculture, i pavimenti musivi si vuole dare compimento alla rinascita di una chiesa non più in mano e al servizio delle politiche dell’imperatore, ma segno e baluardo dell’autonomia crescente delle varie città della Valle padana, strettamente legate al papa ed al suo fedele braccio armato: Matilde, la marchionissa degli Attonidi. Nel 1106 la cattedrale di Modena viene ultimata. Una epigrafe, dedicata ai due profeti Enoc ed Elia, che la tradizione biblica assicura non essere mai morti, viene infissa nella grande officina in termini propiziatori della durata, auspicata come perenne, del tempio sacro modenese. Stesso rituale di fondazione viene ripetuto a Cremona, quando il 26 agosto del 1107 viene dato inizio alla costruzione della nuova cattedrale, che ancor oggi conserva nella propria sagrestia l’epigrafe dedicata ai profeti Enoc ed Elia, un segno dell’arte romanico- matildica inconfutabili. Un segno di quella Matilde che il vescovo di Mantova, Ubaldo, definisce <>. 

Purtroppo, il 3 gennaio del 1117 (Matilde è già morta da due anni), avviene un  terrificante terremoto  che devasta la Valle Padana. La cattedrale di Cremona, non ancora del tutto terminata, crolla. I lavori di ricostruzione avvengono nel 1129. E nel nuovo edificio sacro vengono conservati i segni della precedente cattedrale. Sono segni dell’evo matildico che possono essere ancora ammirati oggi. Ed essi sono:  1) il fregio con Cristo in gloria tra dieci apostoli, sull’architrave del portale della facciata del transetto settentrionale. La lastra, che era stata destinata, in origine, al portale della facciata principale, è stata ricollocata qui dopo il terremoto del 1117, e in quell’occasione si è dovuta accorciare, togliendo la figura del sesto apostolo da ciascuno dei due lati terminali. Dei due apostoli scomparsi si possono osservare però le tracce.

2) Sullo stesso protiro e sui contrafforti della stessa facciata del transetto settentrionale, si possono ammirare due copie di statue a rappresentare il tema dell’Annunciazione: l’Angelo annunciante e la Vergine Annunciata.

3) Invece sul fronte del protiro principale (montante di destra), si può cogliere un frammento di ambone con croce e motivi d’intreccio, inseriti in un gioco spaziale di rapporti geometrici e simbolici che rimanda ad una doppia lettura rivolta in chiave esoterica al cristiano colto e in chiave popolare al fedele illetterato. 

4) Sugli stipiti del portale maggiore sono collocate quattro figure di profeti: Isaia e Geremia, a sinistra, Ezechiele e Daniele a destra. Arturo Maria Quintavalle, celebre critico d’arte, dice che queste opere sono di un livello estetico di caratura mondiale.

5) Le Lastre del Genesi, quella del Peccato e della Cacciata dal Paradiso terrestre, poste sotto la Bertazzola sono invece la testimonianza del rapporto stretto fra scultura e le altre arti, come quella, ad esempio, del teatro sacro medioevale.

Sono <>, come scrisse il critico Bruno Zevi a proposito dell’arte romanica, <>.

6) Il mosaico del Cortile dei Canonici: un mondo da rileggere e riscoprire che ci parla dei rapporti avvenuti con l’Oriente in seguito alla prima crociata, ai prestiti di varie culture classiche e barbariche, al simbolismo dei numeri e della geometria, delle metafore iconiche del bestiario nel cuore del medioevo.

7) Ultimo ma non ultimo il segno dell’arte matildica è presente nel Crocefisso della Chiesa Vecchia di Scandolara Ravara, ossia nell’oggetto sacro più visitato ed ammirato dal pubblico e dalla critica durante la mostra matildica allestita a Mantova, a Palazzo Te, nel 1991.

Su ognuna di queste straordinarie reliquie e reperti storici, di questi significativi segni, si possono compiere riflessioni e studi d’approfondimento in chiave diacronica e sincronica.

Agostino Melega ( Cremona)

 

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