Mercoledì, 08 maggio 2024 - ore 21.41

Il punto di Rosario Amico Roxas. Perché la guerra?

Il nostro opinionista mette in relazione i colonialismi militari del passato con quelli economici del presente

| Scritto da Redazione
Il punto di Rosario Amico Roxas. Perché la guerra?

La guerra che imperversa in Medioriente è la conseguenza diretta dell’intervento militare occidentale in quell’area; la religione è diventata il collante delle rivendicazioni individualiste, mentre l’alta borghesia si serve della religione per fomentare sopite divergenze e rianimare le stragi interne… il tutto per servire i nuovi padrini del neocolonialismo che garantiscono lucrosi commerci, ricavandone ampi vantaggi. L’esigenza di manodopera a basso costo da parte dell’Occidente si è aggravata nel secolo scorso con la pretesa occidentale di controllare le fonti energetiche per averne il monopolio, da qui le guerre per il petrolio.

Combinate in questo modo, le due esigenze fuse insieme e sostenute anche con guerre chiamate “preventive”, hanno consentito al mondo occidentale, pilotato dagli Stati Uniti, sia di gestire la forza lavoro di interi continenti, per sfruttare la delocalizzazione produttiva, sia di impadronirsi della rendita parassitaria delle risorse petrolifere e altro, come pani di droga contro armi.

Le conseguenze per le popolazioni sono state, sono e diventeranno sempre più devastanti, perché alle già precarie condizioni ambientali, il cui sviluppo è stato mortificato dalle colonizzazioni, si aggiungono le condizioni disumane e affamanti della globalizzazione dei mercati, nonché minacciati da guerre che provocano bombardamenti e morte di civili inermi: è l’impostazione dell’imperialismo, sia di quello democratico occidentale, sia di quello socialista orientale; entrambi hanno rinnovato quella colonizzazione che nei secoli scorsi fu militare, e, con la nuova colonizzazione, è diventata economica.

Questo è stato il brodo di coltura nel quale il fondamentalismo prima e l’integralismo poi hanno fatto proliferare il nazionalismo arabo, coniugandolo con la religiosità. La religione diventa supporto delle esigenze sociali mortificate prima dal colonialismo su base militare di conquista, ora dall’imperialismo che vuole imporre il suo “nuovo ordine” su base economica e di sfruttamento di intere popolazioni, sia sotto il profilo del lavoro, sia delle materie prime.

La realtà odierna richiama la sua stessa storia, che trova nei secoli l’accoppiamento religione-potere, con una continuità nel tempo che non trova riscontri nei governi occidentali. Le borghesie islamiche di tutte le etnie, che hanno detenuto il potere nelle sue varie forme, ma sempre centralizzato e assolutistico, hanno sempre utilizzato i precetti coranici per supportare il loro potere politico, economico e sociale.

Trattandosi perlopiù di agnostici che si servono della religione, ogni etnia si è sempre richiamata a una pretesa discendenza diretta dal profeta, identificandosi con una confessione che fornisce il suggello al dominio di classe, decretandosi capi religiosi oltre che politici.

Gli esempi non mancano, suggellati da ragioni storiche, da antiche consuetudini e da radicate convinzioni: i sovrani del Marocco vantano la diretta discendenza da Maometto; i sovrani della Giordania preferiscono definirsi “re degli hascemiti”, piuttosto che dei giordani; gli hascemiti appartengono alla tribù di appartenenza di Maometto e vantano il diritto di essere considerati “custodi delle città sante”, che si trovano in Arabia, sotto la dinastia Saud che ne rivendica l’appartenenza, con un’insanabile frattura tra le due case regnanti; a loro volta, i Saud legittimano il loro potere con l’appartenenza alla confessione Wahabita, alla quale, per motivi di cartello petrolifero, hanno aderito gli emiri del golfo, gli Al Sabbah del Kuwait, gli Yemeniti e i teocratici Omanidi; la Siria ufficialmente è una repubblica presidenziale, ma presidenziale al punto da non potersi distinguere da una monarchia assoluta, anch’essa avallata dall’appartenenza alla confessione alawita; anche il laico Libano di Jhumblat è governato in nome di una enclave drusa, che trae origine da Al Darazi, che secoli fa fondò una delle tante scissioni sciite, che approdò a un movimento politico del quale oggi Walid, come prima di lui il padre, è signore e padrone.

Rosario Amico Roxas

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