Giovedì, 25 aprile 2024 - ore 19.07

L’Eco 71° della Liberazione Controcopertina

Nel precedente servizio dedicato alla cronaca della celebrazione centrale dell’anniversario della Liberazione, avevamo scritto di “manifestazioni partecipate, ma tra luci ed ombre”.

| Scritto da Redazione
L’Eco 71° della Liberazione  Controcopertina L’Eco 71° della Liberazione  Controcopertina L’Eco 71° della Liberazione  Controcopertina L’Eco 71° della Liberazione  Controcopertina

Se le luci delle rievocazioni sono state accentuate da una edificante progressione di ulteriori eventi di celebrazione della ricorrenza principe dell’Italia Repubblicana e democratica, pure le ombre, che manifestano l’incoercibile attrito opposto alla missione di fare del giorno della Liberazione le basi fondanti e condivise del nuovo Paese, anziché diradarsi, sono andate incupendosi.

Il nostro impulso discendente dal pensiero critico, ci porta ad occuparci prima di tutto della cattiva notizia.

Non era imprevedibile ed è puntualmente accaduto. Ci riferiamo alla ormai (se non integrasse anche inquietanti profili di illegalità) stucchevole “contro-celebrazione” in chiave di negazionismo e revisionismo storico. Che sta alla base della caparbia continuità col motto “non restaurare, non rinnegare” .

E ch,e negli ultimi anni, ha orientato o è sembrata voler orientare il senso di una testarda testimonianza derivata, più che progetti restauratori, da false memory. Da falsi ricordi della memoria, o fors’anche (come avevamo già scritto in una edizione dell’agosto scorso) da esiti della sindrome detta di James Russell Lowell “solo i morti e gli stupidi (e, aggiungiamo noi per alleggerire, i paracarri) non cambiano idea”.

Sarebbe difficile dedurre da tale testimonianza, che molto spesso dà l’impressione di voler presidiare l’area del neo-fascismo, l’intenzionalità di un disegno più vasto e concreto (al di là del motto) di restaurare dottrine ed ordinamenti, spazzati via dalla storia. E, secondo noi, resi improponibili ed irrealistici da tutto quanto è venuto dopo. Non perché gli epigoni e gli Hiroo Onoda (dal nome dell’ufficiale giapponese rimasto per trent’anni in una sperduta isola delle Filippine perché inconsapevole della fine del conflitto mondiale) non c’abbiano provato.

C’hanno provato, eccome!

Mettendo a disposizione della DC reazionaria e della Chiesa pacelliana (sempre interessata a radicare un neo-fascismo senza i fascisti) i manipoli parlamentari necessari per cambi di passo in senso antidemocratico.

Tramando con i servizi cosiddetti “deviati” ed impegnati nelle trame eversive. Fornendo lavoro sporco a qualsivoglia tentativo, che avesse come sbocco  nel nostro Paese modelli mutuati dalle giunte dei colonnelli (in Grecia ed in quasi tutta l’America centro-meridionale).

Dando luogo, parallelamente all’eversione “rossa”, alla stagione del terrore che avrebbe insanguinato l’Italia e condotto il sistema politico al limite del collassamento.

Ma, come si sa, le forze democratiche della Repubblica vinsero anche questo conflitto.

Avanziamo tutto ciò non per iattanza od inconsapevolezza del fatto che le conquiste non sono mai per sempre; bensì per affermare che i pericoli per la democrazia provenienti dalla trentina di improbabili restauratori del “ventennio” ci sembra assai remotio.

Vincendo una comprensibile riluttanza, anche quest’anno (per scriverne con cognizione di causa) ci siamo fatti doverosi osservatori della “messa” (in onore di Mussolini, Farinacci e degli “eroi caduti nella guerra civile”).

Le affermazioni recriminatorie dell’organizzatore (sono fascisti solo a tavola, pusillanimi senza nerbo e dignità, mai stati fascisti) dicono, oltre qualsiasi dubbio, che la testimonianza dei sedicenti “apostoli del fascismo” a Cremona (che con poche altre città ha sin qui condiviso la tradizione dell’onore al “duce”) quanto meno cominci a perdere colpi.

Come appeal verso la cittadinanza, che non ha mai funzionato, e, visti i risultati,  neanche più per gli “apostoli”.

Se è consentito, considerato che questa chiassosa rimembranza di “fasti” (rimpianti solo da pochi intimi) non fa correre alla saldezza della democrazia imminenti pericoli, azzarderemmo una valutazione complessiva (e un po’ meno conformistica) dell’evento.

Che, in ogni caso, al di là di un approccio ispirato da sinecura,  ripropone in generale questioni di illegalità e, per quanto riguarda il coté politico-istituzionale, di coerenza e di trasparenza.

Andando con ordine, se fosse vero il presupposto appena affermato, convinti come siamo che le insidie maggiori ai valori ed alla tenuta del sistema liberaldemocratico sono rappresentati dal neofascismo di ultima generazione fortemente permeato dalle suggestioni virali incombenti del razzismo, della xenofobia e del populismo (di cui probabilmente anche i neofascisti di prima generazione sono partecipi), la conclusione non giustificherebbe alcuna noncuranza nei confronti degli aspetti di illegalità, insiti e manifestati nella “messa di suffragio in onore degli eroi fascisti”.

Se la Legge Scelba e la Legge Mancino, che vietano l’apologia e la ricostruzione del fascismo, appaiono superate, corre l’obbligo, non foss’altro che per ragioni di chiarezza, di abrogarle. Diversamente (e noi siamo per il diversamente), vanno fatte rispettare.

Ad ogni vigilia della ricorrenza della Liberazione, si fa la faccia feroce. Si dice che non sarà come le volte precedenti. Si restringe l’area dei gesti consentiti. Si minaccia. Poi succede che, a cominciare dall’unica cosa consentita (la messa ristretta tra le mura della Cappella), il celebrante ripete esattamente (salvo il particolare della mancata benedizione alle tombe) i gesti del predecessore.

Con una simpatica innovazione: consente, come quest’anno, che l’altare sia adornato dal vessillo della RSI.

Corollario di un’omelia in cui, esortato il rispetto per tutti i morti, conclude con un difficilmente equivocabile “Secondo alcuni Mussolini ha fatto molto male, ma per Dio può aver accumulato molti tesori”.

Messa così, l’accumulazione potrebbe anche indurre a percepire un senso di venalità. Ma il “reverendo” sicuramente si riferiva ad altri valori. Se così fosse, il numero uno della “ditta”, che meno di una settimana prima (sia pure contraddetto quasi in diretta dallo scampanio criptico ma malizioso del Duomo all’indirizzo della manifestazione) aveva celebrato la messa nella Cappella dei Patrioti, sarebbe in dovere di una spiegazione.

Non che la cosa ci assilli (grati, come siamo, della revoca del dono della fede), ma rivelare o concorrere a chiarire quali siano “i tesori accumulati” dall’artefice e capo assoluto del ventennio (della soppressione della democrazia, delle leggi razziali, delle guerre coloniali e della guerra mondiale), non è cosa irrilevante.

Non meno doveroso apparirebbe un gesto di reset di una gestione invero un po’ improbabile da parte dei preposti alle prescritte autorizzazioni.

Quanto al facite ‘a faccia feroce (prima dell’adunata, s’intende!) il Comune di Cremona (in piena coerenza con la francischielliana ammuina dell’escomio dei Centri Sociali Autogestiti) non lo batte nessuno.

Il problema, nella presente temperie di sforamento dell’ordine e della legalità, non è questione esattamente semplice.

Ma, vivaddio, si è sempre di fronte ad un ventaglio semplificato di opzioni.

Alla domanda di autorizzazione della “messa” puoi opporre un rifiuto motivato, puoi assentire (senza condizioni, perché è dimostrato che non vengono mai ottemperate), puoi, in via del tutto teorica, dire di sì e, chiudendo per un’ora il Civico Cimitero, consentire che il manipolo se la suoni e se la canti.

Occhio non vede e cuore (dell’illegalità manifesta) non duole.

Ma, se, appunto, assenti e ponendo condizioni inottemperate (per di più sapendo che lo saranno) attivi automaticamente delle grida manzoniane

Che, già dai tempi dell’occupazione spagnola, non spaventano nessuno ma lasciano l’opinione pubblica perplessa di fronte ad illegalità conclamate e non perseguite.

La morettiana titubanza (che funziona poco anche nel film) non è consentita.

Urge riscontro. Se possibile da hombre vertical!

__________________________

E così arriviamo alla notizia buona, anzi, alle notizie buone.

Sosteniamo da tempo che i valori, i princìpi, la storia della Resistenza e della Liberazione non possono essere prerogativa di un impegno ristretto alla sola giornata del 25 aprile.

Così come sempre aggiungiamo che quei valori, quei princìpi, quella storia non possono in alcun modo essere assoggettati ad un uso strumentale.

Ma che la loro divulgazione ed il loro irreversibile radicamento nella coscienza comunitaria deve rappresentare azione costante. Del plurale schieramento democratico, dell’associazionismo partigiano, del mondo educativo, come delle Istituzioni ad ogni livello.

Questa nostra esortazione (ed auto-esortazione) trova sempre più riscontri positivi. Negli ultimi anni questo schieramento ha intensificato le occasioni di approfondimento e di rievocazione.

Di cui va dato, soprattutto, merito alle Associazioni Partigiane tutte e ad un accresciuto e qualificato apporto di singole personalità.

Ci riferiamo all’ottimo lavoro di Giuseppe Azzoni ed ai nuovi impulsi impressi dalla precedente e dalla nuova presidenza dell’ANPI, che col prof. Corada amplierà gli orizzonti ad una testimonianza finalizzata agli approfondimenti ed alla divulgazione storico-culturale nel campo dell’educazione scolastica.

Lo si è visto con l’anniversario di Ferruccio Ghinaglia ed, il giorno successivo all’anniversario della Liberazione, con l’anniversario di Bruno Ghidetti.

L’inconcluso ciclo del 71° ha riservato un ulteriore, significativo e, per molti inaspettato, evento.

Il Ministero della Difesa ha, infatti, voluto ricordare ed insignire di una medaglia i protagonisti tutt’ora viventi della guerra Partigiana.

Venerdì 6 maggio nel tardo pomeriggio sono convenuti ben tredici (il numero francamente è un po’ così, ma, assicuriamo, non ci saranno conseguenze!) partigiani viventi.

Si tratta di Armando Boselli; Adriano Bosini; Marco Bricchi; Mario Coppetti;  Maffioli Gioele; Libero Scala di Cremona; Luigi Cortinovis di Rivolta d’Adda; Arcangelo Delfanti di Soresina; Aurelio Magni e Giuseppe Rossi di Casalmaggiore; Luigi Milanesi di Annicco; Elia Ruggeri di Crema; Domenico Stanga di Castelleone.

Al loro fianco i Presidenti del Consiglio Comunale di Cremona, di Casalmaggiore, di Crema, i Sindaci di Rivolta d’Adda, di Annicco, di Castelleone, l’Assessore Rocchetta di Soresina,

Tutti veleggiano, come primavere, dai 90 in su. Il loro apripista è Mario Coppetti, che a novembre raggiungerà, in attesa di altri record, i 103.

La natura non è stata uniforme nello standard di buona salute. Pochi, infatti, risentono della straordinarietà anagrafica. Alcuni, come Coppetti e Rossi, sono invidiabilmente in forma fisica e mentale.

A prima vista di loro puoi dire tutto tranne che siano assimilabili alla condizione appioppata da Flaiano al massimo poeta Cardarelli.

Tutti sono lucidi e ben consapevoli del significato dell’evento. Come loro lo sono i delegati al ritiro (Serventi, Scala, Cortinovis, Rossi) gli accompagnatori, parenti o rappresentanti dell’istituzionale comunale di appartenenza che siano. Che, in aggiunta, mostrano visibilmente di essere orgogliosi e commossi. Dell’onorificenza ed, in generale, di trovarsi festosamente insieme nel Palazzo del Governo.

Intrinsicamente il valore della pergamena e della medaglia è modesto, quasi trascurabile. Ma ciò assolutamente non conta. Loro sanno, e con loro la comunità, che una volta tanto lo Stato, accantonando le abituali trasandatezze, fa bella figura, si dimostra degno di essere il larario delle virtù civili che contano. Sa essere presente nella coscienza collettiva e vicino alla gente, nelle ricorrenze che meritano di rappresentare le basi fondanti della memoria condivisa e del telaio comunitario.

Insomma, la qualità degli insigniti e degli accompagnatori istituzionali, la motivazione del riconoscimento, il rating del promotore dell’iniziativa (e pazienza se ogni tanto è scappato qualche “Eccellenza” rivolto alla padrona di casa, che nel ruolo è stata più che convincente) hanno costituito gli ingredienti di una cerimonia di alto valore morale e storico.

1° Foto : Cerimonia Bruno Ghidetti- prof. Corada e la Presidente del Consiglio Comunale di Cremona

2° Foto : Il Prefetto ed il Questore di Cremona alla cerimonia del conferimento della medaglia ai Partigiani

3° Foto: Mario Coppetti e Pino Rossi mostrano la pergamena e la medaglia appena ritirate

4° Foto: La medaglia conferita dal Ministero della Difesa ai partigiani viventi

1382 visite

Articoli correlati

Petizioni online
Sondaggi online