Giovedì, 16 maggio 2024 - ore 12.22

La cascina " Cittadella" di Stagno Lombardo | G. Azzoni

| Scritto da Redazione
La cascina

Ringraziando per l'onore che mi è stato fatto con l'invito a prendere la parola in questa qualificata iniziativa cercherò di dare un sintetico contributo offrendo alla vostra riflessione alcune coordinate di carattere più generale. Lo farò occupando pochi  minuti, quindi con considerazioni, molto schematiche e solo affacciate, che concentro in tre punti.
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Primo punto. Le condizioni materiali di vita del periodo di cui parliamo, poiché ne consegue molto di quello che accadde. Mi rifaccio innanzi tutto alla famosa inchiesta agraria del nobile e conservatore, ma lucido e di mentalità aperta, conte Stefano Jacini. Si tratta di un documento ufficiale ed importante, votato dalla Camera dei Deputati nel 1877 e poi pubblicato come atti parlamentari. Vi si definisce "miserrima (la) condizione materiale di un gran numero di lavoratori della terra (…) specialmente dell'alta e della bassa Italia (…). Pessime abitazioni, vitto malsano, acqua potabile putrida, salari derisori e per conseguenza pauperismo e malattie, questi sono fatti che nessuno potrebbe negare. La pellagra, le febbri palustri che mietono tante vittime, le emigrazioni sussultorie verso regioni incognite pur di liberarsi da uno stato presente insopportabile, debbono aprire gli occhi a chicchessia …"
Questo scriveva ufficialmente un rappresentante delle classi dominanti, pur illuminato ma politicamente nelle file dei conservatori.
Emilio Zanoni, nei suoi libri "Sessanta anni di lotte sindacali" e "Movimento socialista e di classe del cremonese" documenta bene le condizioni nelle nostre campagne:
-di scarsa, inadeguata alimentazione;
-di analfabetismo pressoché generalizzato nella classe contadina;
-di grandissima difficoltà a curarsi in caso di malattia;
-di forte subordinazione sociale e carenza di diritti individuali;
-di una crisi tale che porta a divenire contadini poveri anche molti appartenenti al  ceto medio (in proposito scriveva Giuseppe Verdi in una sua lettera dell'epoca "miseria e fame! Vedo nelle campagne proprietari di qualche anno fa ridotti a contadini, giornalieri ed emigranti").
Insomma una condizione sociale che se induceva molti ad una rassegnazione passiva e senza speranza in altri suscitava spontanea ribellione, volontà di lotta e di radicali cambiamenti.
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Secondo punto. Ne consegue un movimento che si organizza, acquista forza, evolve e si articola. Questo proletariato, in queste condizioni, si organizza. Cerca di sottrarsi alla totale subalternità, dal dover dipendere persino dalla "carità" dei ceti benestanti, e di farsi maggiormente protagonista del proprio destino. Nascono le Società di Mutuo Socorso con fini inizialmente di organizzazione solidale ed autonoma per i bisogni più elementari: forte punto di riferimento in proposito sarà Giuseppe Garibaldi. Ma si verificano anche forti moti di ribellione, con caratteristiche diverse: da quelli a sfondo religioso - Cristo riscatto degli oppressi - come quello di Davide Lazzaretti del Monte Amiata ai moti anarchici del matese, con Cafiero e Malatesta, a quelli delle nostre zone, che mostrano caratteri diversi, tipicamente sindacali. A Pieve d'Olmi e zona avranno luogo i primi grandi scioperi della storia d'Italia, e poi il famoso movimento "la boje" di Barbiani di Spineda, del mantovano Siliprandi ed altri…
La repressione sarà durissima e quei moti di protesta, di massa e molto forti e radicali, vengono soffocati. Vengono comminati anni ed anni di carcere ai lavoratori da una giustizia chiaramente classista. Le Societè di Mutuo Soccorso in molti casi evolvono in organizzazioni che danno maggiore capacità di resistere alla repressione durante le lotte sociali. Si crea anche in Italia come in altri paesi d'Europa un movimento organizzato- Internazionale - dapprima anarchico. Vi prevalgono la protesta ed una ribellione che può arrivare alla soppressione fisica del simbolo che legittima il potere ingiusto - il regicidio - nonchè idee di società senza alcun governo ecc. (scusate la grossolana schematicità per motivi di brevità). Questo tipo di ribellismo darà pretesti e spazi alla repressione: ogni persona o gruppo che critica l'ordine sociale esistente e vi si oppone viene isolato come anarchico e sovversivo, come accozzaglia terrorista e criminale. Vengono messe in opera anche provocazioni molto gravi che purtroppo saranno ancora presenti nei decenni successivi. Crispi dipingerà i cosiddetti sovversivi come  "!individui dediti al furto e ad altri reati contro la proprietà" ed i Governi introdurranno man mano leggi repressive sempre più pesanti con enormi limiti alle essenziali libertà civili e politiche. Si parla di Governi sia della Destra che della Sinistra storica poiché, come scrisse Francesco De Sanctis nel 1865, questa sinistra era "composta di ricchi proprietari e di notabili locali (…) che a rigor di logica sarebbero dovuti andare a cadere in mezzo alla destra".
La strada della democrazia appare ostruita anche dai formidabili limiti con cui poteva esercitarsi il diritto di voto. Le donne erano escluse. E per i maschi i limiti di censo e di alfabetismo erano tali che solo il 2% della popolazione adulta poteva votare. Con la riforma del 1980, una timida riforma della Sinistra che ammorbidisce il limite di censo, si porta la percentuale degli aventi diritto al 10% circa. I lavoratori agricoli rimangono del tutto esclusi essendo pressoché tutti analfabeti.
L'egemonia del movimento che, nonostante tutto, si è man mano rafforzato, viene presa dalla organizzazione politica,  sindacale e cooperativa socialista. La corrente che si ispira al pensiero sociale di Giuseppe Mazzini è nettamente minoritaria. Mazzini è sensibile ai problemi sociali, alle ingiustizie, al fatto che i poveri non hanno diritti ma è contrario ad organizzarsi come classe ed alla lotta di classe, ritiene che vada data priorità all'obiettivo della Repubblica. E' per la collaborazione tra appartenenti a classi diverse a questo scopo, privilegia lo strumento della cooperazione contrapponendolo a quello della organizzazione della lotta sociale di classe. Anche i socialisti sviluppano il movimento cooperativo, in genere da una evoluzione delle Società di Mutuo Soccorso, ma ben dentro la logica e le esigenze della lotta politica e sindacale della classe lavoratrice. E' una divergenza che porterà a drastiche rotture nel movimento dei lavoratori e progressista: prevarrà, come sappiamo, l'ala di matrice socialista, marxista o di altri epigoni come Proudhon e così via.
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L'ultimo punto di riflessione di questa carrellata, sicuramente un po’ troppo sbrigativa, lo dedicherei proprio all'esperienza di Cittadella di Giuseppe Mori. In questo così avanzato esperimento economico-sociale si fondono, sono compresenti, l'idea mazziniana con Giuseppe Mori, quella socialista con Bissolati e quella anarchica con Rossi (molto singolare per quest'ultimo la convivenza tra la più avveniristica utopia e la pragmaticità del tecnico). Una prova davvero sul campo, nella realtà e non solo con dispute politico - ideologiche. Un confronto ravvicinato con il gruppo di lavoratori coinvolti, col loro modo di pensare ed i loro problemi reali. Una verifica rispetto all'economia reale ed alle tecniche di produzione.
Stasera il relatore ci porterà ulteriori contributi di conoscenza rispetto a quanto già conosciamo. Per esempio che l'esperienza - durata circa tre anni - pareva reggere molto bene sul piano economico. Ma non è riuscita a durare oltre, non ha retto alla prova non solo di avversari "esterni" ma soprattutto delle contraddizioni interne che man mano si sono manifestate. 
Le riflessioni che sono state fatte e si possono fare in proposito sono molte. 
Una simile esperienza non era "matura" e quando un obiettivo sociale e politico si realizza prima che se ne siano create le condizioni i fallimenti sono all'ordine del giorno. Non è questo il caso ma spesso questi fallimenti hanno portato a pagine anche tragiche. Non sarebbe giusto però limitarsi a questa constatazione. Se si vuole che certe condizioni maturino per fare passi avanti bisogna che qualcuno cominci prima, bisogna che si semini. Dalla immobilità conservatrice non nasce niente: e in questo caso si è seminato e come. L'esperienza di Cittadella ha avuto ampia ripercussione, ha contribuito a far crescere coscienza sociale, a dimostrare che i lavoratori possono organizzarsi per produrre con ottimi risultati… tutte cose di cui avremmo visto i frutti nei decenni successivi.
Un'altra riflessione riguarda l'insegnamento che dobbiamo saper trarre dalla nostra storia. Che è stata per decenni storia di lotte, di guerre anche durissime interne al movimento dei lavoratori e progressista. Guerre tra personalità e scuole di pensiero diverse, guerre per imporre le proprie strategie e tattiche per raggiungere lo stesso obiettivo di una società più giusta e solidale e così via. A queste guerre interne bisogna sostituire la dialettica, il confronto costruttivo tra le divergenze, tra compagni e non tra "nemici", con la capacità di prendere quanto di positivo e valido può venire dalle diverse posizioni. Qualcosa in questo senso, pur con tutti i limiti, Cittadella ce lo insegna. E comunque, non potendosi fare la storia con i "se" diciamo che le aspre condizioni e le inesperienze del passato hanno condizionato i passi di chi ci ha preceduto, quindi parliamo dell'oggi e del futuro. Senza rinunciare a scavare negli insegnamenti che ci vengono da questo passato. Per esempio mi pare che il pensiero e l'opera di un mazziniano come Giuseppe Mori e soprattutto di Mazzini stesso ci debbano indurre ad una "rivisitazione" di queste personalità e del loro contributo da parte di tutti i democratici e del movimento operaio in particolare. Non c'è questione, lo sappiamo, riguardo al Mazzini patriota del Risorgimento, al Mazzini repubblicano, mi riferisco invece proprio alla sottovalutazione (per non dire altro) del pensiero sociale di Giuseppe Mazzini e di quanto anche da esso è venuto alla nostra causa.

Stagno Lombardo - Iniziativa su Cittadella e Giuseppe Mori.
Introduzione di Giuseppe Azzoni - 23 settembre 2005.

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