Venerdì, 26 aprile 2024 - ore 09.38

La Cina è vicina di Maurizio Cazzaniga

Quando pensi che 3600 Km. da New Delhi a Hong Kong e cinque ore di volo sono un'inezia, significa che stai modificando il tuo concetto di breve/lungo che determina la distanza.

| Scritto da Redazione
La Cina è vicina di Maurizio Cazzaniga

Ho lasciato lo Shelter in modo convulso per la caduta di Boomika, una ragazzina dei 14, con conseguente trauma cranico, da un terrazzino usato poco prima da palco, mentre cercava di afferrare un palloncino, un'ora prima dell'arrivo del mio taxi. Pochi secondi con perdita di sensi, brevi convulsioni. Ambulanza, ricovero ospedaliero per accertamenti e il giorno dopo avvisato da Marina, benedetto whatsapp, che è stata dimessa. Fortunatamente nulla di serio, aldilà di un bernoccolo.

Ultima pitaya per spuntino, frutto esotico che mi piace come tutta la frutta, con le banane in pole position.

Tutti i bimbi schierati agitando le mani per salutarmi.

Ajay mi ha guardato negli occhi e sottovoce ha pronunciato un Bye triste, quasi doloroso.

Dal sedile posteriore mi volto e recido ancora una volta il cordone ombelicale. Con pietas.

Arrivo dall'aeroporto a Wan Chai, quartiere centrico di Hong Kong, alle 7 di mattina con un treno super efficiente. Ieri notte hanno festeggiato il Capodanno cinese e dedicato il 2016 ad una mia ancestrale nemica, loro portafortuna nel 2016, la scimmia. Poche persone per strada. Ritardatari ubriachi e scamiciati. Fa freddino. Un ragazzo che probabilmente non ha nulla da fare, su mia richiesta di indicazione della via dell'Hotel, mi accompagna fino nella hall, dove una citrulla inflessibile antipatica receptionist mi dice che la camera sarà disponibile solo alle 14 zero minuti un secondo. Soliti disbrighi e poi con lui faccio colazione in un bar popolare dove il puzzo asiatico è asfissiante. È dealer in una banca. Fidanzato. Voglia di denaro. Senza fratelli. Inglese comprensibile. Vestito dimesso. Occhiali. Non gli piace il calcio. Take care mi dice e io di rimando Iu tu.

Visito il Convention Center. Sala congressi per 6100 persone. Imponente nella baia dove lo skyline è impressionante e le case a un piano non sono minimamente contemplate. Incontro un membro della Comunità Italiana da anni in Cina. Grattacieli degli anni settanta fini come sigari. Nebbiolina. Simpatici tram variopinti e tutti sponsorizzati in modo eclatante. Sorprendente mercato in una stradina tra due 40 piani. Metropolitana deserta. Makiyakinabe la sera con bacchette ai lati del piatto. Due maldestri tentativi di utilizzo e subito Fork, please.

l giorno successivo prendo il ferry boat per Macao, ex protettorato portoghese. Un'ora di traversata. Nebbia amarcord felliniana. Il Grand Hotel di Rimini nei miei pensieri prima di dormire. Per addormentarmi devo pensare sempre a qualcosa che mi sfianchi di felicità. Ancora grattacieli. Alcuni kitsch. Sono i casinò che spuntano come funghi. Ma il Venetian merita la mia italiana attenzione. Entro e vedo Venezia riprodotta nei dettagli, con finalmente sul soffitto un azzurro di cielo italico.Meglio del nulla opprimente di questa nebbia perseguitante. Da due giorni guardando in su vedo solo grigio. Migliaia e migliaia di giocatori già a metà mattina. Negozi a lato di gondole canali calle Caffè Florian colonnati portegheto.

Visito Old Macao, centro storico protetto dall'Unesco e le rovine della Iglesia de São Paulo, con i segni gesuitici IHS scolpiti in facciata.

Folla, folla, folla. I vigili determinano i flussi pedonali con nastri bianchi e rossi che cambiano continuamente tracciato, mentre ininterrottamente usano un fischietto per attirare l'attenzione dei conducenti dei taxi, che scaricano velocemente valanghe di turisti.

Cerco di rimanere viaggiatore ma ammetto che è impossibile.

Sono turista, per caso.

Le mie calze sono bucate e sento gli alluci picchiare nudi la punta delle scarpe. Ne ho bisogno un paio. Mi dicono che vendono socks in un supermercato di alimentari. Eccole, di un colore che nemmeno Cristiano Malgioglio le indosserebbe.

Il casino Grand Lisboa è tradizionale. Il 30, 8 e 27 non escono e 25 dollari HK prendono il volo. Cena: brodino sempre di strano colore, carne di angus alla piastra tagliuzzata well done e semifreddo con utilizzo di trapano per perforarlo.

Turbojet e di ritorno a Hong Kong. La metro è piena di gente, ordinata e variegata. Non come a Delhi che era affollata disordinata acciugata di soli uomini. E le donne? La prossima rivoluzione non avrà il volto del Che, ma di voi donne indiane ora sottomesse.

Cammino per le ampie strade di Hong Kong e mi sembra di essere in un centro commerciale a cielo aperto. Infinito. Negozi. E poi negozi. Prima HK era approdo di stranieri per i prezzi tax free. Ora sono i cinesi che hanno desiderio di consumo, frustrato per anni dal rigido e scellerato comunismo degli eredi di Mao. Poco tempo per capire a fondo il loro sistema economico.

Entro in un piccolo ristorante quattro strade più in là, dove non ci sono turisti. Pollo allo spiedo con contorno di spaghetti, mais e salsa di soia. Non parlano inglese. Water, please. E mi portano un bicchiere di acqua, calda. Cold please, e mi riportano lo stesso bicchiere col ghiaccio dentro. Un ragazzo seduto al tavolino al mio lato capisce il misunderstanding and help me. Alla fine un gelato galleggiante in latte di cocco e uvette passite. Buonissimo, il tutto per 8 euro.

Viaggiatore, per caso.

È il giorno della partenza per l'Australia. Ho due ultime cosette da fare. Visitare il Peak che sovrasta HK raggiungibile con la famosa funivia Brunate Style e il tempio buddista di Chi Ling Nunnery.

Zaino in spalla, la valigia l'ho intelligentemente lasciata in custodia all'aeroporto. Maurizio, non fare il presuntuoso. E le calze di ricambio? Vabbè,dai. E poi, ti sei dimenticato di scrivere che hai comprato anche gli slip, cioè le mutande. Eh sì, anche quelle. Altro che "intelligentemente". Sei un pirla!

Scendo alla stazione di Diamond Hill e quando entro nel tempio sento subito una nenia ripetitiva. Giardini curati, vialetti ben delineati, fiori. È quasi silenzioso. Troppo vicino e sovrastante il ruggito della belva città.

Guardo la gente pregare. Mani giunte, si chinano per tre volte su un piccolo inginocchiatoio inclinato. Buddha. Un raggio di sole spunta timido dopo tre giorni di nebbia. Mi sospendo, insicuro. Chiudo gli occhi e medito. Sento il mio respiro di vita. Vivo. I mercanti del tempio sono onnipresenti. Esco con tre gocce di pioggia che subito cessano: grazie della benedizione, dei del cielo.

Vado al Peak. Impossibile salire. Coda interminabile e tempo limitato. Giro mesto i tacchi ma mi riprendo subito. Un rombo inconfondibile mi mette i brividi. Orgoglio della mia Italia vicina. Una Ferrari rossa sfreccia veloce. Maranello e Adesso spingi forte l'acceleratore e con l'indice destro cambi le marce.

I sogni alle volte possono diventare realtà.

Maurizio Cazzaniga

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