Giovedì, 18 aprile 2024 - ore 02.31

La Pasqua dell’uomo disarmato | Marco Pezzoni

| Scritto da Redazione
La Pasqua dell’uomo disarmato | Marco Pezzoni

Pasqua. Passaggio. Passaggio del Mar Rosso. Dalla schiavitù alla libertà, individuale e di popolo. Passaggio dalla vita alla morte e dalla morte a un nuovo inizio. Rinascita. Resurrezione. E tutto questo avviene, è avvenuto e potrà avvenire attraverso il dramma della partecipazione e della condivisione. Il dramma di un popolo che si ribella agli aguzzini, si organizza e fugge col cuore in gola con la paura di essere raggiunto e massacrato: uomini, donne e bambini si aiutano in una corsa contro il tempo. Il tempo che impiegano gli eserciti a prendere armi e ordini. Il tempo che il moto delle maree impiega per richiudersi. Come gli ebrei di Mosè sono oggi le migliaia di profughi e migranti che attraversano i deserti alla ricerca di una nuova vita.
Sono loro il Cristo sulla croce quando agonizzano, senza acqua e senza cibo. Quando, raggiunti dalle guardie nei diversi confini che attraversano, sono rinchiusi nei Campi di detenzione e tra violenze e disprezzo trattano il prezzo del proprio riscatto.
Gesù il nazzareno è, per chi crede, il Figlio di Dio. E’ lui col suo sacrificio che ci riscatta tutti, tutti dal male e dalla morte. Basta un po’ di ragione umana per capire che se c’è riscatto, questo vale per tutti, ha un valore e una portata universale “ per giudei e greci, per uomini e donne…”
Tralascio lo scandalo del razzismo e della discriminazione per razza e per religione che, evidentemente, è ancora al di qua del Logos, al di sotto di quella razionalità che ci fa umani. E proprio per questo non dovrebbe avere alcun diritto di cittadinanza già nella Città dell’Uomo.
Quello che mi ha sempre colpito e sconvolto è la morte del figlio. E’ il Figlio che va a morire sulla croce. Non il padre.
Nella storia dell’umanità e della famiglia umana, i grandi difendono i piccoli, i padri difendono i figli: quando c’è pericolo, i padri sono pronti a morire per salvare i figli.
Nella Storia cristiana della Salvezza non è così.
Credo faccia bene la teologia moderna e contemporanea a liberarci da quella antica visione antropologica del sacrificio come atto salvifico.
Perché un Dio infinitamente buono dovrebbe perdonare e salvarci solo grazie e attraverso il sacrificio cruento e atroce di un essere umano sia pure speciale come suo Figlio ?
A chiederlo è Gesù stesso, agonizzante sulla croce : “ Padre, perché mi hai abbandonato?”. Ma è anche “ padre, perché non sei tu al mio posto ?”. “ Padre, io mi sono fidato di te, tu sei sempre stato il mio scudo di protezione. Tu mi hai fatto crescere, mi hai insegnato la strada e…adesso mi mandi allo sbaraglio e mi lasci solo?”
Infinitamente solo nella sua agonia, Gesù come ogni uomo che muore, scopre che la violenza e la morte non hanno senso; che la morte è comunque una cesura, una violenza definitiva per l’unicità e l’irripetibilità della vita che ci è data.
La drammaticità della crocifissione di Gesù è mille volte amplificata dal fatto che siamo di fronte all’esecuzione capitale di un giovane uomo, esattamente come avviene ancora oggi negli Stati Uniti, in Cina, in Arabia Saudita, in Iran, in tutti quei Paesi dove vige ancora la pena di morte, il braccio della morte.
La violenza dello Stato, del potere politico risulta ancora più ingiusta e inaccettabile della violenza della natura e della malattia.
Oggi, Pasqua 2012, non rimuoviamo tutto questo: la consapevolezza che le nostre società sono organizzate e strutturate su logiche di sicurezza e di esclusione e non di accoglienza, su logiche di guerra e di forza e non sulla cooperazione internazionale. Siamo i continuatori inconsapevoli e spesso passivi di quelle stesse logiche che fanno violente e non fraterne e umane le istituzioni .

Perché ? Perché la nostra civiltà, la nostra economia, la nostra politica si è evoluta e modernizzata ma, al fondo, è basata ancora in gran parte su “ verità aggressive”, sull’egoismo, sulla forza e su forme diffuse di violenza e di esclusione. Per riconvertire il nostro cuore, la nostra cultura e la nostra società la via pagana e realistica è quella degli aggiustamenti e dei correttivi, oppure quella dei rovesciamenti violenti, è quella di considerare “naturale” il ricorso alla forza, “naturale” lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo o l’eliminazione della complessità e del pluralismo. Invece la via cristiana e nonviolenta è quella drammatica della messa in discussione alla radice delle cause dell’ingiustizia.
L’ortodossia delle persone religiose non basta; serve l’ortoprassi delle persone di buona volontà e l’ortopatia di una sensibilità sociale e politica che senta e condivida la sofferenza dei poveri, degli esclusi, dei disoccupati, dei sofferenti di oggi.
Don Luisito Bianchi ci ha lasciato un bel romanzo “ La messa dell’uomo disarmato” sulla Resistenza. Ma la condizione dell’uomo disarmato è quella perenne dell’uomo nonviolento che vuole fare nuove le cose con la forza della verità e della fraternità, da Socrate a Gandhi.
Gesù ha fatto di più: come Socrate ha chiamato in causa la Legge; come Gandhi ha chiamato in causa la religione. Come Gesù ha chiamato in causa Dio.
L’Onnipotente in un ipotetico ottavo giorno avrebbe potuto benissimo aggiustare il mondo, eliminare la morte e dichiararci figli adottivi . In piena corrispondenza con la figura paterna che ciascuno di noi coltiva da bambino, che è quella del mago risolutore, dell’autorità che ci guida, del Super-io esterno.
Ma la nostra vita ci vede nascere come figli e solo poi diventare padri e madri. E lo diventiamo da adulti imparando a trasformare il ruolo funzionale di padri e madri fino ad esserlo interiormente.

E se Gesù si fosse assunto il compito di aiutare il padre ad essere Padre ? Se, di fronte all’evidente incompiutezza del progetto di umanità, segnata dal dolore e dalla morte, Gesù si fosse assunto il compito di testimoniare fino in fondo, a noi, la sua vicinanza totale,la sua fraternità incondizionata ? Con noi condivide così la sua completa umanità, a noi rivela la sua piena fraternità e al Padre attribuisce e con il Padre stabilisce una paternità nuova per tutti noi.
Ecco perché Cristo, nostro fratello, è centrale nella Rivelazione cristiana: è Lui che fonda la nostra fraternità, è Lui che definisce la nuova paternità di Dio.
Ecco perché ha ragione la Chiesa cattolica quando definisce l’umanità “una sola famiglia umana”.
Ma per convertirci a questi nuovi legami dobbiamo attraversare il deserto delle tentazioni, l’orto tragico della solitudine, la responsabilità individuale della nostra coscienza e la sofferenza dello svuotamento – kenosis- dei nostri privilegi, delle nostre certezze, stili di vita e comodi luoghi comuni .

Tutto questo oggi può e deve portare ad un nuovo umanesimo che animi spiritualità, cultura e politica ? Che sappia ispirare un etica ecologica ed economica che consideri centrale la dignità della persona che lavora, urgente superare i “peccati di struttura” dell’economia e prioritario garantire la salvaguardia dell’ambiente e della vita ai poveri della Terra ?
Certamente sì ! Senza uno strappo drammatico, consapevole e nonviolento con le teorie realiste del primato della potenza degli Stati, con le teorie idolatriche della superiorità del mercato sulla persona non si riuscirà a umanizzare il nostro cammino, non si riuscirà a riformare in senso più democratico la stessa ONU. Se non si opera in questa direzione, crescerà la disunità del mondo e il Cristianesimo diventerà sempre più irrilevante.
Per questo Primo Mazzolari parlava di “ rivoluzione cristiana”: per essere costruttori di pace non c’è bisogno di ricorrere all’utopia, all’ideologia, alla disperazione come fattori di cambiamento. Per incidere nella nostra Storia bastano fame e sete di giustizia. Per i cristiani è la fede che motiva, la speranza che dà l’orizzonte, la carità che concretamente costruisce perché “ come si organizza la guerra, così si deve organizzare la pace”.
Altrimenti avrebbe ragione quella dolce signora della poesia, la polacca Wislawa Szymborska, che nell’ultima sua raccolta di versi, sulla Mappa del mondo diceva “ A est e a ovest, sopra e sotto l’equatore si sgrana il silenzio. E dentro ogni seme nero Gente che vive. Niente fosse comuni e macerie improvvise in questo quadro. I Confini tra Paesi sono appena visibili, come se esitassero: essere o non essere ? Amo le mappe perché mentono. Perché non ammettono le verità aggressive. Perché con magnanimo e bonario humour mi dispiegano sul tavolo un mondo non di questo mondo. “

2170 visite
Petizioni online
Sondaggi online

Articoli della stessa categoria