Lunedì, 16 settembre 2024 - ore 06.46

La riforma degli ordini professionali nella Manovra

| Scritto da Redazione
La riforma degli ordini professionali nella Manovra

Mauro Beschi - Riccardo Zelinotti 
La riforma degli ordini professionali nella Manovra 
Mentre si impone un ulteriore salasso alle fasce più deboli della popolazione rimangono inattuate, per i veti di corporazioni e lobby ordinistiche, le riforme che non costano nulla e che porterebbero significativi benefici al sistema dei servizi del nostro paese e, quindi, alla nostra competitività.
 
Al Governo, dopo essere passato per diversi testi che proponevano, seppur con alcune timidezze e contraddizioni, forme di avanzamento sul piano della maggiore concorrenza, della maggiore facilità d'accesso dei giovani alle professioni e della maggiore tutela dei consumatori, è bastata un'alzata di scudi della lobby degli “Onorevoli professionisti” al Senato per cancellare tutto in pochi minuti.
Sono rimaste sei righe che non prevedono alcun intervento immediato e che sono interpretabili in tanti modi. Innanzi tutto si escludono soppressioni o accorpamenti degli attuali ordini in quanto la norma prevede interventi ma “Ferme restando le categorie di cui all`articolo 33, quinto comma della Costituzione”. Cioè tutti i 27 Ordini e Collegi per la gran parte dei quali, seppur in modo differente, è previsto l'esame di stato per l'accesso alla professione.

Si pone poi una formulazione che lascia il campo a una grande discrezionalità che sta portando a molteplici interpretazioni: “Il Governo formulerà alle categorie interessate proposte di riforma in materia di liberalizzazione dei servizi e delle attività economiche e, trascorsi otto mesi, ciò che non sarà espressamente regolamentato sarà libero”.
Non è dato sapere cosa sarà libero, vista l'esclusione delle professioni attualmente regolamentate. Quello che è certo è che questo Governo è tutt'altro che riformatore ed è incapace di prendere decisioni importanti per il Paese, anche su materie non onerose per lo Stato, perché prigioniero di chi vuol continuare a beneficiare di rendite di posizione, di privilegi e che disattende al proprio compito di regolatore e tutore degli interessi pubblici e dei cittadini.

Quello che servirebbe al paese e che la CGIL chiede da tempo è:

1.Una riforma degli Ordini Professionali che accresca la concorrenza, aumenti la qualificazione e la trasparenza delle prestazioni professionali, restringa le attività riservate agli iscritti agli
ordini. Gli Ordini vanno confermati solo per le attività professionali per le quali permane un effettivo interesse pubblico da tutelare,  procedendo al loro accorpamento, riorganizzazione e democratizzazione e chiarendo per gli stessi il ruolo originario di controllo sull’operato dei professionisti a tutela dei consumatori, estromettendoli definitivamente dal ruolo, improprio e ambiguo, di tutore corporativo degli interessi di pochi;

2.La modifica dei principi, dei criteri e dei vincoli che regolano l’accesso alle professioni con l’individuazione precisa di misure che agevolano l' accesso dei giovani e facilitano la concorrenza anche attraverso l’abolizione delle tariffe minime obbligatorie, la previsione di lauree abilitanti e tirocini più brevi da svolgere durante i corsi di studio con compensi e regole definiti, l'inserimento del principio di pubblicità, di trasparenza e di responsabilità tra le caratteristiche dell’attività professionale, la possibilità di realizzare società multiprofessionali e temporanee anche con soci di capitale purché non maggioritari, la definizione di equi compensi e tutele sociali per i professionisti che operano prevalentemente per un unico committente;

3.L'armonizzazione del sistema previdenziale che renda sostenibile un futuro previdenziale dignitoso per tutta l’area delle professioni, che renda le “Casse” sostenibili, più eque rispetto al futuro dei giovani, più equilibrate rispetto alle altre gestioni previdenziali e con un concreto sistema d'assistenza sociale che oggi è pressoché inesistente.

fonte: cgil nazionale
 

 

 

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