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Liuteria Cremonese

| Scritto da Redazione
Liuteria Cremonese

Liuteria Cremonese
CENNI DI STORIA DEL PERIODO CLASSICO DELLA LIUTERIA CREMONESE (1505-1744).
Premessa
Presso l’università del South Dakota, nella cittadina di Vermillion, sorge l’America’s National Music Museum che custodisce 17 preziosi strumenti fra Stradivari, Amati, Guarneri, Bergonzi e Storioni. Qui, l’anno scorso, in occasione del cinquecentenario della nascita di Andrea Amati si è svolto il simposio internazionale “Segreti, vita e violini dei grandi liutai cremonesi, 1505-1744”. Il tema più interessante attorno a cui gli interventi dei relatori si sono alternati è stata la domanda: ”Perché Cremona e non la più prosperosa Venezia?” L’ipotesi più accreditata è stata che gli Amati e gli altri facevano ricerca fondamentale in geometria, applicata sul violino stesso, sia per migliorare la sonorità acustica che l’estetica; inoltre sono stati chimici geniali in grado di conferire agli strumenti gioventù e bellezza per secoli.
In conclusione il segreto dei liutai cremonesi sembra sia stata la scienza. Il fondatore di questa liuteria “di lusso”, che affermò la supremazia della città di Cremona nel mondo per una durata di un secolo e mezzo, è stato Andrea Amati.
LE FAMIGLIE CHE CONTRADDISTINSERO IL PERIODO “D’ORO”.
LA DINASTIA DEGLI AMATI
L’origine del violino è ancora avvolta nell’oscurità anche se alcuni documenti la fanno risalire a circa 500 anni fa. Cremona si distinse subito grazie all’attività di una sola famiglia, gli Amati, che produssero strumenti di alta qualità e pregio, soddisfacendo le richieste di corti italiane e straniere. Quindi si può affermare con certezza che il fondatore della scuola liutaria cremonese fu Andrea Amati, il capostipite della famiglia, che nacque nel 1505. La più significativa testimonianza della fama raggiunta dalla liuteria Amati nella seconda metà del ‘500 fu l’ordinazione di strumenti destinata alla costituzione di un’intera orchestra per la Corte di Francia. Questi strumenti vengono rifiniti con la massima accuratezza; decorazioni con simboli allegorici e dipinti raffigurano le armi del re di Francia Carlo IX. Grazie a questo evento Andrea Amati raggiunse il vero successo commerciale, e alla sua morte (1577) lascia ai due figli, Antonio e Gerolamo, un'attività e una bottega ben avviata. I due lavorano per molto tempo assieme ed è per questo che sui loro strumenti apposero etichette con entrambi i nomi e oggi sono noti come i “fratelli Amati”. Se il padre Andrea pose le basi di cosa fosse lo strumento violino, fissando canoni e caratteristiche validi ancora oggi, ai figli va il merito di aver lavorato a stretto contatto con musicisti e quindi aver affinato le conoscenze sulle sonorità, sempre realizzando strumenti di altissima qualità. Alla morte di Gerolamo (1630) successiva a quella di Antonio(1607), l’attività viene rilevata dal figlio del primo, Nicolò, che per anni, grazie anche alla sua raffinatezza ed esperienza, diventa l’unico punto di riferimento mondiale, privo di rivali per chi avesse voluto acquistare strumenti di un certo pregio. Dopo la morte di Nicolò nel 1684 il figlio Gerolamo, anche se abile liutaio non riesce comunque ad ottenere lo stesso successo dei suoi predecessori.

LA DINASTIA DEI GUARNERI
Da questo momento il predominio dell’attività liutaria a Cremona e nel mondo passa ad un’altra dinastia familiare, quella dei Guarneri che ha come fondatore capostipite Andrea (1623-1698), già allievo promettente di Nicolò Amati. Questa famiglia di liutai sarà attiva per oltre mezzo secolo sia a Cremona sia in altri centri dell’Italia del nord, grazie ai due figli di Andrea: Pietro il primogenito e Giuseppe detto anche “filius Andreae”. Mentre Pietro prosegue l’arte appresa dal padre aprendo una bottega a Mantova, Giuseppe eredita la bottega paterna mettendo in pratica tecniche di eccellente livello. Giuseppe ebbe a sua volta un figlio chiamato anch’egli Giuseppe (1698-1744)che si può ritenere il più celebrato della famiglia, noto anche come “del Gesù”. Giuseppe, figlio e nipote d’arte, viene istruito nella bottega di famiglia e col tempo matura una tecnica e uno stile originali che si distaccano dalla tradizione cremonese. Dopo il 1740 Giuseppe Guarneri, spinto dalla ricerca a migliorare l’acustica dei suoi strumenti realizza alcuni violini dall'aspetto e conformazione totalmente innovativi come il celebre “cannone” di Paganini. E’ in tal periodo che acquisisce il soprannome “del Gesù” derivante da un bollo che riporta una croce con le lettere IHS (probabile segno della sua devozione a Gesù) che applica sulle etichette dei suoi strumenti. Dopo la sua morte le sue opere vengono dimenticate per essere poi rivalutate e apprezzate più tardi, nell’età romantica.
ANTONIO STRADIVARI
Quasi contemporaneamente all’opera dell’ultimo esponente della famiglia Guarneri, e precisamente nel 1680, lo sconosciuto Antonio Stradivari acquisisce una enorme e lussuoso edificio nello stesso isolato in cui operano e vivono gli Amati e i Guarneri. Di Antonio Stradivari non si conoscono le origini e la provenienza, né la preparazione; forse è nato a Cremona nel 1644 ca., forse anche lui, come Andrea Guarneri, è apprendista di Nicolò Amati. E’ questo il motivo per cui si dice che sia apparso quasi improvvisamente sul mercato cremonese dove in poco tempo acquisisce la supremazia nel settore degli strumenti di grande pregio. La produzione della bottega è rilevante anche dal punto di vista quantitativo ed è presumibile che abbia sostituito ben presto quella degli Amati. Molti i nobili del tempo che si sono rivolti a lui per ordinare strumenti dalle rifiniture di lusso, destinati alle piccole orchestre di corte. Questo genere di produzione risale al primo periodo di attività stradivariana e si rifà ai canoni e ai modelli “Amati”; nel contempo apporta però alcune modifiche nella cassa armonica che si allunga, e nell’impostazione delle bombature del fondo e della tavola. Più tardi, all’età di oltre sessant’anni, Antonio Stradivari modifica ulteriormente il suo modello e lo stile di rifinire: gli strumenti di questo periodo oggi sono considerati i canoni di riferimento nella storia del violino, e fondamentali nella formazione di molti liutai. Oltre che del violino Stradivari si occupa anche del violoncello introducendo anche qui innovazioni fondamentali: riducendo la forma della cassa armonica ottiene strumenti più maneggevoli favorendo così, la diffusione dello strumento non più solo come accompagnamento ma anche come strumento solistico. Nella sua bottega Antonio Stradivari è accompagnato dai due figli Francesco nato nel 1671 e Omobono nato nel 1679. Quando nel 1737 Antonio Stradivari muore i figli hanno rispettivamente 58 e 66 anni ed ereditando un’enorme fortuna economica non sentono l’esigenza di continuare necessariamente l’attività e comunque la loro produzione da questo momento è caratterizzata da un livello qualitativo assai inferiore a quella del padre. Scompaiono a pochi anni di distanza dal padre, e l’uno dall’altro: Omobono nel 1742 e Francesco nel 1743.

DECLINO DEL PERIODO D’ORO E NASCITA DELLO STILE “TARDO CREMONESE”
L’anno 1744 , con la scomparsa di esponenti delle famiglie Amati, Guarneri e Stradivari, viene generalmente indicato come la data in cui la grande liuteria cremonese termina, ma in realtà approfondendo gli avvenimenti che la seguirono, ci accorgiamo quanto sia più appropriato parlare di graduale declino più che di fine improvvisa. Le cause di questo declino sono state diverse: alcune famiglie di liutai trasferivano la loro attività in altre città del nord Italia come Torino e Milano; nel contempo in questo periodo storico vi è una forte riduzione nella richiesta di strumenti nuovi. Quindi assistiamo alla crescita di una concorrenza che probabilmente spinge i liutai cremonesi ad un’attività non più caratterizzata da ricercatezza di materiali e vernici pregiati; essi forse sono solo preoccupati di ridurre le spese dei loro laboratori e i prezzi dei loro strumenti. Nel prossimo articolo incontreremo i rappresentanti di questa fase, fino a giungere al periodo cosidetto “moderno” dell’attività liutaria cremonese.

IL "TARDO" STILE CREMONESE (II metà del '700 - periodo moderno).
Abbiamo visto che, probabilmente a causa della concorrenza della liuteria di altre città italiane, dalla seconda metà del '700 la produzione cremonese è meno raffinata e precisa. In questo periodo si assiste a una flessione della richiesta di strumenti nuovi, sia per la concorrenza di liutai che ormai risiedono in altre città, sia per la riduzione del mercato. Gli strumenti di questo periodo sono semplificati, meno personalizzati e ricercati; la scelta dei materiali non è più così fondamentale, perchè, come già detto, i liutai mirano a ridurre le spese. Paradossalmente, l'opera di Antonio Stradivari segna sia l'apice della liuteria cremonese, sia il principio della sua decadenza. Alla morte dei suoi figli, Francesco e Omobono, la bottega passa nelle mani di Carlo Bergonzi, liutaio di grande talento che muore molto presto (1747), lasciando pochissimi strumenti.

LA DINASTIA BERGONZI
I violini e maggiormente i violoncelli di Carlo Bergonzi posseggono una grande bellezza di forme e una grande purezza di suono; portentoso è il lavoro delle chiocciole e splendida la vernice dei suoi strumenti. E' da notare che egli colloca le SS un poco più in basso di quel che faceva Antonio Stradivari e che, in alcuni particolari, sembra accostarsi allo stile del grande Guarneri Del Gesù: alcuni esperti hanno concluso che egli abbia mirato a fondere insieme le migliori qualità dei due famosi predecessori. Alla sua morte, i figli Michele Angelo e Zosimo, rilevano l'attività. Michele Angelo pare non abbia formato nessun apprendista forse a causa, anche lui come il padre, di una morte precoce (1721-1758), mentre Zosimo nella propria bottega forma i figli Nicola (1754-1832) e Carlo II (1757-1836). Sebbene Nicola dimostri chiaramente la volontà di recuperare la raffinatezza del nonno, all'atto pratico i suoi strumenti falliscono. Carlo II è il liutaio meno conosciuto della famiglia e pare che collabori saltuariamente e con impegno discontinuo con il fratello Nicola. Per questo motivo si pensa che si sia dedicato maggiormente allo studio e alla costruzione di chitarre, limitandosi alla realizzazione sporadica di violini e viole.

LORENZO STORIONI
Lorenzo Storioni (1744-1816) è il liutaio più conosciuto e apprezzato del periodo "tardo cremonese"; su di lui non esiste nessuna informazione che faccia pensare ad un apprendistato presso botteghe di altri liutai, probabilmente è un autodidatta. Storioni è un artista straordinario e forse è l'unico di questo periodo di cui si possa dire che abbia risollevato le sorti della liuteria cremonese. Egli non vuole riprodurre l'eleganza e la raffinatezza dei maestri cremonesi, ma vuole lasciare un'impronta che qualifichi lo strumento con caratteristiche personali, tutto il resto lo considera superfluo e ornamentale. Per questo motivo i suoi strumenti sono quasi tutti diversi l'uno dall'altro. Va ricordato, inoltre, che in questo periodo gli esemplari delle famiglie Amati, Guarneri e Stradivari sono oramai scomparsi da Cremona ed è forse questo il motivo che forse rende più difficile il suo lavoro, anche se pare molto probabile che siano stati gli strumenti dei suoi illustri predecessori, la principale fonte d'ispirazione. Lorenzo Storioni, intanto, alleva nella bottega Giovanni Rota che ben presto lascerà la città per aprire bottega a Mantova dove, però, lavorando autonomamente, non riuscirà a creare uno stile personale. Alla scomparsa di Storioni, la bottega in Contrada Coltellai passa nelle mani di Giovanni Battista Ceruti.

LA DINASTIA CERUTI
Giovanni Battista Ceruti (1756-1817) in realtà non è mai stato allievo diretto di Storioni, però si può definire il suo erede diretto in quanto le sue scelte appaiono raffinate e si avvicinano alle linee degli antichi maestri. Pare abbia lasciato 365 strumenti. Suo figlio Giuseppe (1785-1860) opera nella bottega del padre di cui tenta di seguirne le orme stilistiche, anche se le notizie storiche non lo descrivono come un liutaio di successo. Il figlio di Giuseppe, Enrico (1806-1883) eredita la bottega e gli insegnamenti di padre e nonno; evita comunque di imitare i modelli classici di Stradivari e Guarneri come fanno i suoi colleghi all'estero. Egli ritiene che l'imitazione lasci poco spazio alla creatività del liutaio. E con la sua morte, si può definire conclusa la produzione dei violini di classe di Cremona.
EPILOGO DELLA SUPREMAZIA DELL'ATTIVITA' LIUTARIA CREMONESE
All'attività dei Ceruti a Cremona corrisponde l'attività rivale Torinese ad opera di G.F.Pressenda (1777-1854) e del suo allievo G.Rocca (1807-1865), fedeli agli antichi modelli cremonesi. A Cremona l'unico continuatore di Enrico Ceruti è Gaetano Antoniazzi (1825-1897) che però è anche l'autore del definitivo spostamento della scuola di liuteria al capoluogo lombardo. Antoniazzi si trasferisce a Milano con i figli e qui afferma la sua attività proseguendo le orme delle antiche tradizioni cremonesi, nel periodo che va fra la fine dell'ottocento e il primo novecento. Egli dimostra notevole preparazione di liutaio ma purtroppo la sua opera alterna strumenti di ottima fattura ad altri di scarsa qualità e grossolanità. Nello stesso periodo, e giungendo fino al periodo "moderno", a Cremona l'attività si può definire scarsa, di poca rilevanza sia dal punto di vista commerciale che qualitativo; i rappresentanti più significativi sono Pietro Grulli (1831-1898), Aristide Cavalli e Giuseppe Beltrami (primi anni '30 del novecento) che lavorano perlopiù per violini di serie, talvolta rozzi, ormai con pochi riferimenti alla liuteria classica cremonese. Alla Scuola Cremonese va, comunque, il merito di aver portato l'arte della liuteria alla sua maggiore perfezione e di aver generato quasi tutte le altre scuole. A lei si possono riconnettere quelle di Bologna, Modena, Venezia, Udine, Milano, Genova, Firenze, Napoli, o perchè derivate da allievi di maestri cremonesi o perchè influenzate dai modelli di quei costruttori.
Bibliografia essenziale:

- "Guida alla liuteria cremonese" Ed. Cremonabooks
- "Storia del violino, dei violinisti e della musica per violino" di Arnaldo Bonaventura Ed.Lampi di Stampa

Articolo a cura di Grazia Rondini.
Fonte: Il Portale del Violino (http://www.claudiorampini.com/php/index.php)

 

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