Martedì, 19 marzo 2024 - ore 09.19

Non c’è sostenibilità in un Paese con il 13,5% dei cittadini in povertà

I dati Istat mostrano l’urgenza di una riforma fiscale che ponga criteri redistributivi e di equità tra le priorità dell’Italia

| Scritto da Redazione
Non c’è sostenibilità in un Paese con il 13,5% dei cittadini in povertà

Dopo il parziale miglioramento del 2019, nell’anno della pandemia la povertà assoluta aumenta raggiungendo il livello più elevato dal 2005 – ovvero dall’inizio delle serie storiche – e arrivando così a colpire 5,6 milioni di persone: il 9,4% della popolazione italiana, come documenta oggi l’Istat. E guardando alla povertà relativa si sale ancora, arrivando a 8 milioni di individui (il 13,5%).

Il tutto condito dalle consuete disparità territoriali e intergenerazionali che rendono quello della povertà un affronto ancora più duro da digerire.

Nel 2020 l’incidenza delle famiglie in povertà assoluta si conferma infatti più alta nel Mezzogiorno (9,4%, da 8,6%), anche se la crescita più ampia si registra nel Nord, dove la povertà familiare sale al 7,6% dal 5,8% del 2019.

Per classe di età, invece, l’incidenza di povertà assoluta raggiunge l’11,3% (oltre 1 milione 127mila individui) fra i giovani (18-34 anni); rimane su un livello elevato, al 9,2%, anche per la classe di età 35-64 anni (oltre 2 milioni 394 mila individui), mentre si mantiene su valori inferiori alla media nazionale per gli over 65 (5,4%, oltre 742mila persone).

Detto in altri termini: la povertà assoluta colpisce 1 milione 337mila minori (13,5%, rispetto al 9,4% degli individui a livello nazionale), e riguarda il 10,3% delle famiglie con persona di riferimento tra i 18 e i 34 anni e il 5,3% di quelle con persona di riferimento oltre i 64 anni.

A quali prospettive di sostenibilità – che non è solo ambientale, ma anche socioeconomica – potrà mai ambire un Paese come questo? È difficile chiedere a chi non vede un futuro, perché pressato dalle incombenze della povertà, di investire nel domani.

Soprattutto sapendo che invece c’è chi se la spassa: recenti studi mostrano infatti che la ricchezza dello 0,1% degli italiani più ricchi è raddoppiata (e quella dello 0,01% triplicata) dalla metà degli anni ’90, mentre quella posseduta dalla metà più povera del Paese è calata dell’80%.

A queste condizioni è dunque evidente l’urgenza di una riforma fiscale che ponga criteri redistributivi e di equità tra le priorità del Paese, fattori indispensabili – benché insufficienti – per favorire un concreto percorso di sviluppo sostenibile

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