Venerdì, 29 marzo 2024 - ore 10.54

Nuovo centro sinistra: il rischio di una ex classe dirigente che rinnega le proprie scelte di Andrea Virgilio (Pd)

La sinistra italiana ha sempre avuto, al suo interno, un dibattito aperto e profondo: la contrapposizione storica fra sinistra riformista e sinistra radicale, oggi diventa ancora più articolata, alla luce di una crescente dialettica dentro il campo della stessa sinistra riformista.

| Scritto da Redazione
Nuovo centro sinistra: il rischio di una ex classe dirigente che rinnega le proprie scelte di Andrea Virgilio (Pd)

Nuovo centro sinistra: il rischio di una ex classe dirigente che rinnega le proprie scelte di Andrea Virgilio (Pd)

La sinistra italiana ha sempre avuto, al suo interno, un dibattito aperto e profondo: la contrapposizione storica fra sinistra riformista e sinistra radicale, oggi diventa ancora più articolata, alla luce di una crescente dialettica dentro il campo della stessa sinistra riformista.

Diventa pertanto opportuno indagare all‘interno di questo spazio, anche in considerazione dell'attuale dibattito nel PD e delle recenti defezioni da parte di protagonisti nazionali e locali che in passato hanno contribuito all'affermazione di una sinistra di governo e che oggi imputano una deriva centrista alla più grande forza della sinistra italiana.

Il PD nasce dalla consapevolezza del limite storico della sinistra italiana, sempre più incapace di rappresentare il suo popolo dentro al vecchio schema della divisione della società in classi e incapace di comprendere le nuove articolazioni della società.

L’incontro con la cultura cattolica democratica, più ancorata alla valorizzazione del ruolo dell’individuo, della famiglia, della piccola impresa e delle reti comunitarie solidali, va nella direzione di un soggetto politico nuovo, aperto, capace di stare con la sua originale peculiarità nel campo progressista europeo.

Ma veniamo al merito delle politiche pubbliche: la storia recente del centrosinistra è costellata da una forte attenzione all'innovazione sociale, ma anche da un impianto aperto al mercato, alla concorrenza e a una cultura liberale. Sui temi dell'occupazione, per esempio, il Pacchetto Treu risale all‘Ulivo, così come il tentativo di consolidare il processo di liberalizzazione nei servizi pubblici locali o l'affermazione della parità scolastica nella riforma Berlinguer. Le stesse sfide aperte con il sindacato rispetto a un mercato del lavoro più flessibile partono da una vincente linea congressuale dell'allora PDS con segretario Massimo D'Alema.

Oggi, gli stessi protagonisti dell’epoca, imputano al Partito Democratico una pesante subalternità a pratiche neoliberiste, rimarcando una netta discontinuità fra l'esperienza dell'Ulivo rispetto a quella attuale. Una comparazione storica non solo scorretta, ma che tentenna sui limiti di quella stagione rispetto alle partite ambientali, a quelle dei diritti civili e, osservando anche le nostre città, a una cultura della manutenzione del territorio e del patrimonio pubblico spesso trascurata a vantaggio delle grandi opere e di una urbanistica espansiva e sviluppista.

In verità, esiste un filo rosso che accompagna dagli anni ’90,  l'evoluzione delle più grandi forze del centrosinistra, le stesse riforme istituzionali cassate dal recente referendum vedono la loro elaborazione in quella stagione.

Non solo, ma rispetto ai limiti di allora, oggi, per la prima volta, ci sono interventi importanti in campo ambientale, risorse imponenti sull'edilizia pubblica, sulle aree degradate, sul fondo sociale, sul servizio civile, sulla scuola, una misura strutturale contro la povertà e provvedimenti storici sui diritti civili e di cittadinanza.

Il più grande elemento di discontinuità è tuttavia il metodo di attuazione delle politiche pubbliche, meno propenso alla mediazione politica, restio alle degenerazioni dei tavoli della concertazione e forse anche meno ipocrita nel rivendicare una chiara proposta riformista. Anche lo stile comunicativo è cambiato: non più incline ad assecondare certe ritualità e più in sintonia con i pregi e i limiti della comunicazione moderna.

Questo aspetto comporta senza dubbio dei rischi e ha generato dei limiti nell’azione di governo del PD; se infatti per una forza democratica il primo nemico da combattere è il populismo, la prima cosa da evitare è abbracciare i medesimi codici e gli stessi linguaggi.

E credo che debba essere questo il tema aperto dentro al centrosinistra:  la consapevolezza che una leadership dev’essere in grado di decidere e accompagnare la società, a partire dalla difficoltà diffusa degli organismi intermedi, delle forze sociali ed economiche nel dover rappresentare mondi sempre più complessi e frammentati.

Ma a proposito dell'esercizio della leadership, pensiamo per esempio ai comuni, a quando si è aperta la stagione dell'elezione diretta dei sindaci. Mi chiedo se dentro a quel percorso la leadership del Sindaco non sia comparabile a quella attuale di un Segretario nazionale eletto dentro a un percorso aperto e democratico.

Anche a Cremona il primo centro sinistra, pur nella sua frammentazione, quando è riuscito a consolidarsi, lo ha fatto grazie alla pratica della leadership esercitata dai primi cittadini e a una classe dirigente che li hanno sostenuti, talvolta anche forzando le divisioni, il dibattito e i personalismi interni alla coalizione.

Ci sono alcune vicende che sono state il frutto di un legittimo approccio decisionista: la nuova Piazza Stradivari, il rifacimento dei giardini di Piazza Roma, la vicenda del Pareggiato che vedeva nell'allora gruppo dei DS notevoli perplessità, il tutto dentro a un sacrosanto bisogno di unità del centrosinistra attento a isolare le forze più radicali e a favorire coesione attorno alla figura del Sindaco.

Ma anche rispetto ai contenuti delle politiche pubbliche trovo il rischio di una ex classe dirigente che, anche a livello locale, rinnega le proprie scelte. Faccio l'esempio della proposta del “comune leggero”, molto in sintonia con le istanze dell'Ulivo e con quelle attuali del Partito Democratico. Si pensi inoltre al ruolo regolatorio del pubblico a fronte di una funzione gestionale affidata all'esterno; a una cultura ambientale che, fra le altre cose, non ha mai messo in discussione l'utilizzo del termocombustore come strumento allora innovativo e all'avanguardia, alla nascita delle Fondazioni (il Ponchielli per esempio) e all'intera gestione delle politiche giovanili al terzo settore.

Oggi sentire quei protagonisti rivendicare lo statalismo di Sanders comporta inevitabilmente una messa in discussione di un impianto di politiche pubbliche che ha riguardato anche la loro storia, le loro scelte e il nostro territorio.

Ecco perché vedo un grande rischio, quello di un assurdo scontro che prende a pretesto la cultura politica come puro strumento per alimentare un conflitto dentro a un centrosinistra che invece necessita di un dialogo più sereno, più articolato e attento nel merito alle prospettive della sinistra riformista perché il nemico comune è il populismo in tutte le sue forme.

Andrea Virgilio ( Vice segretario provinciale PD Cremona)

 

P.S. Volentieri pubblichiamo lo scritto che ci è pervenuto da parte di Andrea Virgilio. Auspichiamo che si apra il dibattito. Gli interventi che ci perverranno li pubblicheremo sul sito del welfare

 

 

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