Venerdì, 03 maggio 2024 - ore 14.13

Province: serve davvero abolirle?

| Scritto da Redazione
Province: serve davvero abolirle?

Rappresentano l'1,3% della spesa pubblica, e si occupano di servizi fondamentali, come la difesa del suolo e la gestione del ciclo dei rifiuti. Se non ci fossero si calcolano maggiori costi per oltre 2 miliardi di euro. La copertina del nuovo numero di Altreconomia, in uscita oggi

• Le Province italiane costano 13 miliardi di euro, l'1,3% della spesa pubblica. Il personale politico (3.200 consiglieri e 800 assessori), invece, costa 32 milioni di euro all'anno, e su questi inciderebbe direttamente l'abolizione delle Province, che tuttavia è indicata come la panacea in grado di risolvere il problema dell'eccesso di spesa pubblica nel Paese.

Eppure la frammentazione di alcune funzioni fondamentali oggi appannaggio di questi enti -dall'edilizia scolastica alla gestione delle strade, passando per il ciclo dei rifiuti e la difesa del suolo- comporterebbe un aggravio di spesa per oltre 2 miliardi di euro, a causa della perdita d'efficienza. Più o meno il costo dei cda delle 7.800 società, enti e agenzia strumentali delle Regioni, la cui esistenza nessuno pare intenzionato a mettere in discussione.

Belluno, intanto, studia la fusione con Trento e Bolzano, per creare una “Provincia dolomitica”: su una superficie di oltre 3.600 chilometri quadrati vivono solo 210mila persone, ma l'ente è fondamentale per un'adeguata gestione del territorio montano.

• Il 30 novembre 2013 i Comuni italiani hanno approvato, con difficoltà, i bilanci preventivi per il 2013. Ed ai Comuni Altreconomia dedica, a dicembre, un dossier di 10 pagine.

Si parte dal racconto di chi ha scelto di fare “di necessità virtù”, con un viaggio tra i Comuni virtuosi. A partire da Montechiarugolo (in provincia di Parma), ente ha realizzato un impianto fotovoltaico sull'area di una ex cava: rende circa 1,3 milioni di euro l’anno, e tolti i 560mila euro versati alla società di leasing, l’utile annuale per il Comune è di circa 730mila euro, con cui l'ente finanzia alcuni capitoli di spesa del bilancio. E Montechiarugolo, adesso, ha scelto di sostituire l'illuminazione pubblica con impianti a led, con un risparmio stimato dell'80% rispetto a una bolletta di 330mila euro.

Ponte nelle Alpi, quasi 90 per cento di raccolta differenziata, guida invece la “crociata” contro gli imballaggi, che ormai rappresentano il 23,7% dei rifiuti solidi urbani prodotti in Italia, 7,1 milioni di tonnellate su 29,9.

Entro fine anno Comuni e Conai (Consorzio nazionale degli imballaggi) devono rinnovare l'Accordo quadro che regola il settore, che per gli enti locali rappresenta un aggravio nei costi di gestione del ciclo dei rifiuti. Si discute il “corrispettivo” che il Conai riconosce ai Comuni, che in Italia è mediamente inferiore rispetto agli altri Paesi europei (per la carta, 42,42 euro invece dei 179 della Francia; per la plastica, 291,62 euro invece dei 596 della Francia). E anche il Contributo ambientale Conai -pagato dalle aziende che producono ed utilizzano imballaggi-, oggi più basso che nel resto d'Europa: per carta e cartone, ad esempio, è sceso dell'80% dal 2010, quello per la plastica s'è quasi dimezzato.

A Bolzano, invece, 116 Comuni gestiscono i servizi in cooperativa: in questo modo, hanno ridotto -ad esempio- il costo di software gestionali e di sportelli per i servizi al cittadino, oltre ad “aggirare” il Patto di stabilità, che non limita la capacità di spesa di ogni singolo ente ma calcola i vincoli di bilancio in modo aggregato.

Infine, Cinisello Balsamo: nell'hinterland di Milano, dove il 74% della superficie è urbanizzata, il nuovo Piano di governo del territorio crea una sorta di “derivati” sul mattone, con diritti edificatori che decollano da un'area per spostarsi altrove.

• Dei 94.224 poliziotti in servizio in Italia a fine dicembre 2012, 91mila sono iscritti a un sindacato. È il 96,5% del totale. Il più antico è il Siulp, nato nel 1980 (oggi è quello che conta più iscritti, 26.500). Conoscere natura, funzionamento, struttura e attività delle 10 sigle sindacali non è facile, anche perché nessuno rende pubblico il proprio bilancio.

• L'annosa vicenda delle quote-latte, e delle multe Ue per l'Italia, era un bluff: il nostro Paese avrebbe pagato, tra il 1995 e il 2009, 2,5 miliardi di euro di multe non dovute, secondo quanto stabilito dal Gip di Roma Giulia Proto, nell'ambito di un'inchiesta a carico di funzionari dell'Agenzia governative per l'erogazione in agricoltura.

Non è un bluff, invece, la fine del regime delle quote latte, nel 2015, che potrebbe andare ad acuire la crisi dell'allevamento (nel 2011, c'erano 50.337 aziende contro le 140.878 del 1993), l'anello debole di una filiera il cui valore aggiunto è altrove. Basti un dato: nel 1996 un litro di latte valeva 40 centesimi di euro, nel 2013 ne vale 42. Con un'analisi della società Italatte, del gruppo Lactalis (lo stesso che controlla Parmalat), che in Italia possiede i marchi Galbani, Invernizzi, Cademartori e Locatelli. Nel 2012 ha acquistato 794 milioni di litri di latte.

Per informazioni:

Laura Anicio  - Ufficio stampa Altreconomia

tel. 02.89.91.98.90 - cell.: 340 8431832

ufficiostampa@altreconomia.it

Altreconomia - www.altreconomia.it - Corso Lodi 47 - 20139 Milano

912 visite
Petizioni online
Sondaggi online

Articoli della stessa categoria