Venerdì, 29 marzo 2024 - ore 02.35

Rossella Muroni. Perché esco da LeU

Il cuore della sfida: lo sviluppo sostenibile. ''Sono le scelte a esser dettate dal tempo''

| Scritto da Redazione
Rossella Muroni. Perché esco da LeU

Per affrontare le sfide che abbiamo davanti servono visione e una capacità nuova che segni la discontinuità anche dell’ecologismo in politica, e che sia in grado di fornire quella progettualità che nell’Italia di oggi non si vede. Voglio allora contribuire a costruire una comunità di uomini e donne che si metta al servizio di questi obiettivi.

Ho sperato fino all’ultimo che non ci fosse bisogno di un esecutivo formato anche da partiti con idee e valori diametralmente opposti ai miei. Ho votato la fiducia ma col Governo di Mario Draghi è cambiato tutto, è arrivato il tempo delle scelte. Un frangente storico delicato che per diverse ragioni mi porta a una riflessione profonda: avverto la necessità di ristabilire un equilibrio tra quello che sento, i principi ecologisti che mi animano, e quello che penso sia politicamente necessario assicurare al Paese per affrontare i prossimi anni. Due momenti che trovano una sintesi in quello che sarà: ho deciso di passare al Gruppo Misto.

LeU: Un progetto mai nato e 3 anni in Parlamento

Per oltre vent’anni sono stata in Legambiente. Alla fine del 2017 Piero Grasso mi ha proposto di candidarmi da indipendente con il nascente progetto di Liberi e Uguali: aveva in mente un partito moderno, con valori chiari e con lo sguardo fisso sul futuro, soprattutto sui temi dello sviluppo sostenibile. Quando una persona con la storia, l’autorevolezza e la credibilità di Grasso ti chiede qualcosa del genere superi i dubbi di sempre, getti il cuore oltre l’ostacolo, e dici convintamente e semplicemente sì. Sono passati tre anni e da allora ho provato a lavorare affinché prendesse forma quel “progetto visionario”. La storia la conoscete: LeU non è mai nata. LeU esiste come gruppo parlamentare, nella maggioranza e al Governo. Esiste anche nei sondaggi e nell’immaginario delle persone, specialmente di quelle che si sono impegnate affinché diventasse qualcosa di più. Ma non nella realtà, perché non ha saputo – o voluto – essere all’altezza della sfida che sognava di vincere.

Governo Draghi, e poi?

L’epilogo del Conte-Bis e l’avvento del Governo Draghi hanno travolto le certezze residue su cui negli anni si sono costruiti programmi, classi dirigenti, proposte elettorali. Oggi siamo costretti a lavorare insieme ma la verità è che le destre non hanno rinunciato realmente ai porti chiusi, alla flat tax, alle trivelle, ai condoni edilizi, agli scudi fiscali. È fondamentale impegnarsi sin da subito per l’alternativa: proprio ora che abbiamo di fronte a noi la road map per ricostruire l’Italia, con risorse impensabili e linee guida ‘verdi’ tratteggiate dall’Europa. Un passaggio che non può esser lasciato a sé stesso, va presidiato. Questo momento storico ha bisogno di un approdo: la transizione ecologica è più semplicemente il modo in cui la società deve cambiare, integrando economia e natura in un unico flusso, per continuare a progredire. Penso ci sia bisogno di interpretare politicamente questo “passaggio”. Di offrirgli un luogo di elaborazione, di azione legislativa, di costruzione di proposte concrete. È quello che intendo fare.

Il cuore della sfida: lo sviluppo sostenibile

Ho apprezzato le parole di Mario Draghi su pandemia e crisi economica, intese come frutto del criminale atteggiamento dell’umanità nei confronti della natura. L’emergenza climatica è il problema numero uno, l’elefante al centro della stanza, e far finta di non vederlo non risolverà il problema. La strada è tracciata, ora manca il coraggio di percorrerla. Lo sviluppo sostenibile è la soluzione per la società che vogliamo costruire: il Paese dei prossimi 30 anni. Per questo penso che sia sì importante la tecnica ma che debba essere la Politica con le sue scelte a guidare il processo, e a portarlo a compimento.  L’ecologia dovrà essere alla guida del processo di trasformazione del modello economico, della tutela dell’ambiente, della difesa della salute, della ricerca del benessere. Con questa chiave, sono convinta si potrà intervenire in modo trasversale in tutti gli ambiti con urgenza. Ridurre le diversità sociali, cominciando dal divario territoriale, combattendo la povertà e cercando di migliorare da subito i contesti di degrado, garantire le condizioni per l’espressione del potenziale umano, la parità di genere. Ci sono figure, storie, associazioni e realtà da valorizzare ma abbiamo soprattutto bisogno di uomini e donne capaci di imporre come centrale il tema dello sviluppo sostenibile. Un tema che non riguarda solo l’ambiente ma è un vero e proprio patto tra generazioni – con i giovani e le giovani protagonisti – fatto di giustizia, benessere, qualità della vita.

Nel Paese che ho in mente

Uno sviluppo sostenibile che sappia essere chiave di volta anche sui diritti, sulla cultura, per una scuola capace di futuro, per una fiscalità equa e progressiva, per la salute, per un lavoro sano e sicuro, sull’amministrazione dello Stato e degli enti locali. Nel mondo c’è chi ha fatto propria questa sfida: penso alla straordinaria Jacinda Ardern, prima ministra della Nuova Zelanda; all’Europa del Next Generation EU; al successo elettorale delle forze ecologiste e progressiste in Francia; alla straordinaria galoppata dei verdi tedeschi, che a settembre potrebbero andare al Governo; alle migliaia di giovanissimi dei Fridays for future.

È necessario rendere ecologiche, umane e inclusive le città: scuole e medicina territoriale, qualità dei servizi, nuova capacità di pianificazione, rigenerazione urbana dei quartieri, corretta gestione dei rifiuti, spazi verdi accessibili, mobilità attenta alla qualità dell’aria e al bisogno di spostamento delle persone, sostegno alle buone pratiche, alla loro replicabilità e diffusione, e alla cooperazione internazionale. Abbandono del modello lineare di economia, che produce consumando risorse, e nuovo paradigma per la crescita economica: quello dell’economia circolare, che non spreca risorse naturali e rinnova quelle che usa. Un’agricoltura sostenibile e di qualità che garantisca cibo sano, buono e giusto superando il modello degli allevamenti intensivi e che non sia schiava dell’industrializzazione.

In Italia c’è qualche buona esperienza locale. Troppo poco. Non si può essere ambientalisti a targhe alterne, servono scelte radicali, definitive: bisogna avere il coraggio di relegare l’economia del carbone al passato e di abbracciare quella del futuro. Con il “bazooka verde”, quel 37% del Recovery Fund destinato all’ambiente, abbiamo l’opportunità unica di realizzare in Italia la transizione ecologica. Non mancano le risorse né tantomeno le idee, manca la politica. Dobbiamo con tutte le nostre forze evitare il green washing. Ma ci vogliono coraggio e coerenza. Serve molto, molto più coraggio di quanto ne abbiamo avuto fino ad ora. Il Governo Draghi ne avrà a sufficienza per dire stop ai 19 miliardi con cui ogni anno, in forma diretta e indiretta, il nostro Paese sussidia attività economiche ambientalmente dannose? Sarà davvero pronto a fare dell’Italia il Paese delle energie pulite? È stato calcolato che, al ritmo attuale di crescita delle energie rinnovabili, l’Italia raggiungerà gli obiettivi posti dall’Ue al 2030 solo nel 2085! Un ritardo insostenibile, che riguarda molto la burocrazia italiana, la mancanza di controlli, la sfiducia delle comunità locali. Il premier Draghi sa bene che progetti e misure del #RecoveryPlan dovranno essere coerenti con le priorità del Green Deal e con gli obiettivi climatici europei: saprà spiegarlo ai suoi ministri, viceministri e sottosegretari?

Una visione per il futuro

Sono molte le sfide che abbiamo davanti. Per affrontarle serve una visione sulla direzione che si vuole imprimere al Paese. Una capacità nuova, che segni la discontinuità anche dell’ecologismo in politica, che sappia distribuire speranza e che sia in grado di fornire quella progettualità che nell’Italia attuale non si vede. Noi ambientalisti abbiamo assistito all’illusione dei 5 stelle, ai “vorrei ma non posso” del PD, e alle tante volontà da ‘laboratorio’ che la sinistra estrae dal cilindro come test elettorale. In tutti i casi una riconferma: non c’è il sufficiente coraggio per mollare gli ormeggi, per provare a cambiare lo stato delle cose. Ora sappiamo con certezza che in questo modo non è possibile né battere le destre né realizzare l’Italia e l’Europa che meritano le prossime generazioni. Voglio allora contribuire a costruire una comunità di uomini e donne che si metta al servizio di questi obiettivi. Sarà il tempo a dirci come questo gruppo di persone sarà utile al Paese. Farò questo lavoro dal gruppo Misto: è più giusto, più coerente, più onesto. Non sono strade che si dividono ma orizzonti che si allargano, fuori dagli steccati, con curiosità ed entusiasmo.

Le persone prima della politica

Prima della politica, per me, vengono le persone. Grazie a Piero Grasso, per avermi mostrato cosa significhi servire le Istituzioni, per avermi offerto l’opportunità di lavorare in Parlamento all’Italia del domani e aver provato, fino in fondo e senza tornaconti personali, a realizzare quel progetto che tanto ci entusiasmò 3 anni fa; grazie a Roberto Speranza e Cecilia Guerra, ai quali auguro buon lavoro in questo Governo; grazie al Capogruppo di LeU Federico Fornaro che con la sua esperienza e disponibilità mi ha consentito di essere una deputata indipendente; grazie alle colleghe e i colleghi del Gruppo con cui ho condiviso dentro e fuori dal Parlamento battaglie politiche e civili di cui sono molto orgogliosa: sono stati tre anni di impegno e di crescita personale costante; grazie al Direttore Marco Fredda e a tutto il personale che ogni giorno offre a noi deputate e deputati un supporto di competenze incredibile. Grazie, infine, agli uomini e alle donne che con il loro impegno in campagna elettorale e il loro voto mi hanno eletta in Parlamento. Il mio pensiero è anche per loro. Sapevate mi sarei battuta senza tregua sulle battaglie ambientaliste: continuerò a farlo e sarò sempre – sempre! – dalla vostra parte. Ora che, mi vien da dire, sono le scelte a esser dettate dal tempo.

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