Giovedì, 18 aprile 2024 - ore 22.05

Servizi alla persona,mantenere un sistema universalistico | Cgil-Cisl-UIL

| Scritto da Redazione
Servizi alla persona,mantenere un sistema universalistico | Cgil-Cisl-UIL

Mantenere un sistema universalistico significa garantire SEMPRE alla persona i servizi e le
prestazioni mediante la presa in carico del suo bisogno e la conseguente organizzazione di una
risposta integrata e appropriata a tale bisogno (della persona e non della famiglia), che va
preventivamente e accuratamente accertato tenendo conto anche del contesto familiare anche per
sostenere il peso che grava sul fondamentale ruolo di cura della famiglia.
Sostituire la centralità della persona nelle politiche sociali con la centralità della famiglia risponde
infatti ad una logica di sottrazione dalle responsabilità di cura e tutela che l'ordinamento
costituzionale assegna alle Istituzioni, per caricarla in via quasi esclusiva altrove.
Centralità della persona e attenzione ai sui bisogni essenziali comportano che il loro
soddisfacimento deve essere sottratto alle logiche del mercato e richiede, anche in un sistema
integrato e sussidiario, un forte ed efficiente ruolo e contrappeso pubblico.
Presa in carico del bisogno e conseguente organizzazione della risposta rientrano infatti, l’una e
l’altra, nella piena, evidente ed effettiva responsabilità della Repubblica, secondo il Dettato
Costituzionale, nei suoi diversi livelli istituzionali: Stato, Regione, Province e Comuni.
A tal fine una riforma del welfare lombardo non può prescindere da una definizione condivisa e
sostenibile dei LIVEAS o LEPS, accanto a una rinnovata conferma e piena attuazione dei LEA.
Un sistema universalistico così inteso è tale non se trasferisce risorse, ma se garantisce servizi
adeguati e prestazioni appropriate in base al fabbisogno di assistenza della persona e, ai fini
della sua sostenibilità universale, nel rispetto dei LEA, richiede una eventuale compartecipazione
ai costi sulla base delle accertate e reali capacità economiche della persona stessa e della sua
famiglia.
Giusto superare il criterio della spesa storica, se finalizzato a valorizzare il criterio della
programmazione, del governo, dell’accreditamento, della contrattualizzazione degli erogatori,
del pagamento e del controllo dei servizi/prestazioni da parte dell’ASL e dei Comuni per le
rispettive competenze.
Ben venga l’ingresso nel sistema di offerta di nuove risposte da integrare nel sistema di
governance a livello regionale e dei singoli territori, ma non secondo lo schema di un supposto
libero mercato tra domanda e offerta di welfare, in cui uno dei contraenti è estremamente debole
nella sua fragilità e l’altro è evidentemente forte della sua organizzazione e spesso del suo anche
legittimo obiettivo di profitto, in cui il ruolo della Repubblica nelle sue articolazioni è solo quello di
aiutare economicamente il portatore della domanda, compatibilmente con le risorse pubbliche di
ora in ora disponibili, a sostenere i prezzi stabiliti da chi offre la risposta.
L’integrazione degli interventi è infatti compito delle Istituzioni che non può essere delegato alla
famiglia con strumenti monetari quali la dote.
Il sistema deve perciò rimanere “a relazione triangolare”, in osservanza e nel rispetto delle
specifiche responsabilità dei soggetti coinvolti.
La persona è libera di chiedere alla Repubblica la risposta al suo bisogno e libera di scegliere
quella che ritiene più appropriata tra quelle in campo. La Repubblica, valutata la dimensione e la
peculiarità del bisogno, prende in carico la persona, accreditando, attivando, remunerando e
controllando gli erogatori di servizi e prestazioni operanti nel sistema che assicurano l’adeguatezza
di tale risposta.
Questa è la sola vera libertà di scelta in un sistema sostenibile, incentrato giustamente sulla
domanda, che è e vuole rimanere davvero universalistico.
In tal modo l’oculato controllo da parte della persona e della sua famiglia si esercita non solo sulla
qualità delle prestazioni fornite dagli erogatori accreditati e contrattualizzati, ma anche sulla
capacità, efficienza, integrazione e leale collaborazione delle Istituzioni (alle quali il cittadino
paga le tasse e le imposte anche per mantenere e gestire un efficace sistema di welfare universale
e con le quali, in aggiunta alle tasse, compartecipa eventualmente a sostenere i costi,
nell’assumersi pienamente le responsabilità che alle stesse Istituzioni assegnano la nostra
Costituzione e le leggi.
Tutt’altro che un sistema imperniato sulla “delega” alle Istituzioni, bensì un sistema partecipato e
integrato, dove però le Istituzioni non si sottraggono alla loro responsabilità e ai loro doveri di
garantire un sistema di welfare sostenibile certo, ma universale, a cui tutti possono accedere e di
cui tutti possono fruire, sulla base dell’accertato bisogno della persona e a sostegno dei compiti di
cura della famiglia.
Per una riforma del welfare lombardo siffatta si deve:
 Riaffermare in termini assoluti la centralità della persona, al bisogno della quale va
finalizzato tutto il sistema.
 Riconoscere il ruolo fondamentale della famiglia, a sostegno della quale va
organizzato il sistema.
 Implementare un sistema equilibrato e sostenibile tra domanda e offerta sulla base della
libertà di scelta della persona e della famiglia, la libertà di iniziativa sul piano della qualità,
dell’efficacia, della appropriatezza e dell’economicità, in un rapporto regolato tra
persone, famiglie, istituzioni ed erogatori e non in un libero mercato del welfare dove
persone fragili, spesso sole, portatrici di una domanda si troverebbero di fronte
erogatori offerenti la risposta, magari con al seguito compagnie assicurative
proponenti polizze per il “nuovo welfare lombardo”.
 Farsi carico, DA PARTE DELLE ISTITUZIONI, della programmazione e organizzazione
dei servizi e delle prestazioni in risposta al bisogno della persona, sostenendone i costi,
(anche grazie alla compartecipazione agli stessi della persona e della sua famiglia nel
rispetto dei LEA) NON DEL MERO TRASFERIMENTO DELLE RISORSE ALLE FAMIGLIE
GIUDICATE BENEFICIARIE DEI SERVIZI, se non per limitate e circostanziate tipologie di
servizi e prestazioni non diversamente garantibili.
 Garantire la libertà di scelta (informata, responsabile e tutelata) della persona all’interno di
una rete di erogatori accreditati dalle Istituzioni e dalle stesse remunerati, in quanto con
esse contrattualizzati e dalle stesse controllati.
 Sperimentare il Fattore Famiglia Lombardo (nel rispetto dei LEA e della normativa ISEE)
per determinare la capacità di compartecipazione della persona e della famiglia ai costi
sostenuti dalle Istituzioni per l’erogazione dei servizi e delle prestazioni, non per stabilire
le soglie di accesso agli stessi servizi e prestazioni, né, men che meno, per determinare il
titolo a ricevere doti economiche e la loro quantità, da utilizzare nel “libero mercato del
welfare lombardo”
 Rendere più accessibile e semplice l’accesso ai servizi e alle prestazioni anche attraverso
una generale semplificazione che elimini sprechi, dispersioni e sovrastrutture, ma che
metta al centro la dimensione territoriale, quale luogo istituzionale e civile che, più
prossimo di altri alla persona con i suoi bisogni e alla sua famiglia, secondo il principio di
sussidiarietà meglio di altri può coglierli nella loro reale dimensione e perciò organizzare
una adeguata risposta.
 Sostenere, promuovere e valorizzare in maniera coordinata la programmazione per
ambiti e distretti attraverso la lettura attenta della domanda, la capacità di dare una
risposta integrata alla stessa, la valutazione e il controllo della qualità, quantità e
distribuzione territoriale della rete di servizi e prestazioni.
La riforma degli accreditamenti in campo sociosanitario deve ancor più valorizzare la
programmazione locale, non nella direzione della voucherizzazione di tutto il sistema, ponendo a
rischio strutture e servizi quanto alla loro estensione, qualità e quantità, ma proprio per realizzare
la centralità della domanda rispetto all'offerta.
Non vanno vanificate le positive esperienze di servizi di qualità sin qui sperimentate a livello locale
con il rischio correlato di ricadute preoccupanti anche sulle condizioni di chi lavora nei servizi, che
si preannunciano sempre più precarie data l'incertezza che si determina rispetto al finanziamento
dei servizi stessi e di conseguenza sulla loro qualità.
Il fondo sociale regionale deve essere adeguatamente finanziato e riportato ad unità pur con
indirizzi ed obiettivi chiaramente individuati da una programmazione regionale che si fonda sulla
lettura attenta della realtà lombarda, dei risultati raggiunti anche dalle sperimentazioni attivate da
anni. Deve essere inoltre ripristinato il fondo non autosufficienza azzerato a livello nazionale e non
si deve rinunciare a perseguire la costituzione di un fondo regionale.
L’integrazione tra sociale,sociosanitario e sanitario va ulteriormente perseguita attraverso:
- integrazione di governance a tutti i livelli a partire da quello regionale,
- sviluppo dei punti unici di accesso sperimentati e presa in carico globale delle persone,
- continuità dei percorsi di cura e dei progetti personalizzati,
- sviluppo integrato della rete con continuità della cura a partire dal sostegno alla prevenzione e allo sviluppo
della medicina del territorio, nella realizzazione dei posti per post acuti e delle cure intermedie
- percorsi personalizzati e sviluppo della rete per risposte effettivamente integrate, permettendo di non
scaricare sull'uno o sull'altro sistema richieste improprie e con garanzia effettiva del mantenimento dei LEA
- presa in carico pubblica della persona o della famiglia per una programmazione puntuale dei servizi per
ambiti e controllo sull'appropriatezza,
- gestione associata dei servizi, contenendo spinte campanilistiche.
Le Segreterie Confederali Provinciali CGIL CISL UIL ( Bertoletti Donata-Monica Manfredini-Mario
Penci)

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