Uisp e sistema sportivo: Decreto Dignità ,Bene lo stop alle lucrative
Per il presidente nazionale Vincenzo Manco, intervistato da Redattore Sociale, "è un segnale apprezzabile, ma serve molto di più"
Lo stop alle società sportive dilettantistiche a carattere lucrativo contenuto nel cosiddetto Decreto dignità e la stretta alla pubblicità sull’azzardo sono un buon inizio, ma serve una riflessione più ampia sul futuro del sistema sportivo: politica, istituzioni e sistema sportivo "devono assumersi la responsabilità di una riforma di sistema”.
Mentre sul primo atto del governo Conte non si arresta il fiume di dichiarazioni a favore o contro, è la Uisp, l’Unione italiana sport per tutti, a intervenire sul tema con il suo presidente Vincenzo Manco. Nel decreto firmato lo scorso 2 luglio, infatti, si parla anche di sport. Il testo interviene mettendo fuorigioco le società sportive dilettantistiche lucrative, un tema su cui la stessa Uisp si è battuta tanto negli ultimi mesi del governo Gentiloni.
Una battaglia portata avanti con la campagna “Se è sociale, non è lucrativo” che tuttavia non è riuscita a fermare la nascita delle Asd lucrative.
A mettere un punto a questa storia ci ha pensato il governo giallo-verde guidato da Conte, proprio a pochi giorni dall’entrata in vigore della nuova disciplina. Per Vincenzo Manco, sebbene l’intervengo del governo vada nella direzione auspicata proprio dalla Uisp, è presto per ritenersi totalmente soddisfatti. “Il decreto riporta l’orologio a qualche mese fa - spiega Manco -.
È un segnale apprezzabile, ma serve molto di più. Qualcuno si assuma la responsabilità dal punto di vista istituzionale di dire che è arrivato il momento di guardare allo sport e al sistema sportivo dentro un orizzonte ampio, quindi di riforma di sistema”. In una lettera aperta indirizzata alla politica, alle istituzioni e al sistema sportivo, già nei giorni scorsi Manco ha chiesto “l’assunzione di una responsabilità profonda per una riforma di sistema che provi a farsi carico delle trasformazioni della domanda di sport”.
Una riforma che non può più aspettare e che ha il compito di chiarire dubbi e contraddizioni emerse, come accaduto con le SSD lucrative. “Parlavamo di tempesta perfetta e di maionese impazzita - scrive Manco nel suo appello - poiché il provvedimento (il “pacchetto sport” contenuto nell’ultima legge di bilancio, ndr) si inseriva in un quadro che vedeva la delibera del Coni sulle discipline sportive ammissibili ridurre di fatto il riconoscimento della pratica sportiva; il codice del terzo settore che in materia di sport doveva essere armonizzato e le lucrative che entravano come nuovo soggetto solo per rispondere a bisogni di tipo fiscale”.
Il tramonto delle SSD lucrative, però, chiude solo una delle questioni aperte. Resta ancora da portare a termine, infatti, il percorso avviato con la riforma del terzo settore e anche qui le contraddizioni non mancano, assicura Manco. “Secondo l’Istat su 300 mila soggetti di terzo settore, ci sono circa 95 mila società sportive, fino ad arrivare a 114 mila soggetti di terzo settore che utilizzano la pratica sportiva nel realizzare la propria ragione sociale, diventando quindi il 33 per cento dell’intero comparto della promozione sociale e del non profit.
Come si fa a non prevedere all’interno della riforma del terzo settore una fiscalità di vantaggio conveniente perché le associazioni sportive dilettantistiche possano chiedere il riconoscimento di associazioni di promozione sociale? Nell’articolato, che stiamo discutendo in fase di decreto correttivo, non è previsto”. Per Manco, tuttavia, la discussione non può limitarsi a questioni di natura economica. Serve una riflessione più ampia. “La centralità del problema per noi è osservare che da sempre la ‘questione sportiva’ è trattata solo attraverso gli aspetti fiscali - scrive il presidente dell’Uisp -.
Manca un’idea di grande respiro, una reale volontà per delineare un orizzonte rinnovato del sistema sportivo nel suo complesso mentre spesso si risponde a interessi di parte, a spinte lobbystiche senza inquadrare il fenomeno sportivo per quello che è diventato oggi. Bisogna superare prima di tutto culturalmente l’idea che lo sport sia ancora relegato nello spazio e nel tempo dopolavoristico e ricreativo, poiché la cultura del movimento soprattutto è diventata parte di un vero e proprio progetto legato alla qualità della vita delle persone e delle comunità”.
[leggi tutto]
http://www.uisp.it/nazionale/pagina/uisp-bene-lo-stop-alle-associazioni-sportive-lucrative