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1923: ANCHE “LA PROVINCIA” RIDOTTA AL SILENZIO | G.Azzoni

| Scritto da Redazione
1923: ANCHE “LA PROVINCIA” RIDOTTA AL SILENZIO | G.Azzoni

Lettera dal ventennio (7)
Caro lettore, è noto che il fascio cremonese assunse e mantenne le posizioni più estreme nell’ambito del regime. Dunque a Cremona più che altrove non erano solo i “sovversivi” e gli avversari ad essere perseguiti e costretti al silenzio ma anche chi, pur magari abbastanza amico del regime, intendeva mantenere un minimo di autonomia. Un clamoroso doppio esempio di ciò ebbe luogo già nella primavera estate del 1923, quando “la Provincia” fu costretta a cessare le pubblicazioni ed anche il presidente ed il consiglio della Camera di Commercio dovettero dimettersi.
Il quotidiano locale, ancorchè proprietà dei possidenti cremonesi sempre tenero e benevolo verso lo squadrismo e le sue malefatte, avrebbe voluto poter esprimere qualche parere proprio, qualche perplessità, insomma non essere proprio un foglio di propaganda del PNF. Scoprì a proprie spese che questo non era tollerato. Dopo qualche polemica preliminare il casus belli, il pretesto, fu la pubblicazione sul giornale  di una lettera di un fascista in disaccordo con Farinacci. Per questo motivo il direttore, cav. Miotto, venne definito su “Cremona Nuova”, organo del fascio,  un “mascalzone”, uno “vile e immorale” e venne colpito per strada personalmente da Farinacci al volto con un frustino! Il maggiore azionista della società che pubblicava “la Provincia”, Remo Lanfranchi, si vide una turba di squadristi minacciarlo davanti a casa… Erano gli stessi metodi con cui i fascisti, spesso facendo seguire fatti violenti alle minacce, nel 1921 e 22 avevano costretto sindaci ed amministratori comunali rossi e popolari a dimettersi. Così nel giugno ’23 il giornale sospese le pubblicazioni… che potrà riprendere solo dopo il ventennio.
Remo Lanfranchi era anche presidente della Camera di commercio. Egli non solo aveva coperto il direttore del giornale ma, con la maggioranza del consiglio camerale, non era ossequiente agli ordini di Farinacci che voleva una Camera di Commercio mero strumento delle decisioni del fascio. “Cremona Nuova” a questo punto pubblicò nomi e indirizzi di casa del presidente e dei suoi consiglieri con un attacco che diceva al buon intenditore: sappiamo dove trovarvi… Ed infatti qualche giorno dopo, il 21 giugno 1923, presidente e consiglio camerale si dimisero. Cercarono nel relativo deliberato timidamente di difendersi, il giornale fascista li definì “idioti”… furono subito sostituiti con fascisti provati. Naturalmente tutto ciò fu reso possibile dal solidale consenso al ras dei ceti proprietari cremonesi che controllavano sia “La Provincia” che la Camera di commercio.
Giuseppe Azzoni

 

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