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A Firenze la posa delle pietre d’inciampo per i deportati dell’ex ospizio Saadun

| Scritto da Redazione
A Firenze la posa delle pietre d’inciampo per i deportati dell’ex ospizio Saadun

“La Shoah fu l'abisso dell'umanità, con un numero di vittime terrificante, ma non dobbiamo mai fermarci ai numeri, per quanto siano di per sé già impressionanti: le vittime di quella strage erano persone, esseri umani, donne, uomini, bambine, bambini, anziani. I loro nomi e i loro cognomi devono rimanere scolpiti nella nostra memoria civile, abbiamo il dovere morale di ricordare chi erano e cosa accadde loro. Ecco perché le pietre d'inciampo sono così importanti ed ecco perché partecipo con profonda commozione alla posa di queste ulteriori ventiquattro, che ci ricordano altrettante persone arrestate il 24 maggio '44 dai nazisti all'ex ospizio israelitico e deportate ad Auschwitz”.

Lo ha dichiarato Alessandra Nardini, assessore alla cultura della memoria della Regione Toscana, che questa settimana ha partecipato all’apposizione in viale Amendola a Firenze di 24 pietre d’inciampo per ricordare le persone arrestate - 21 anziani, 10 uomini, 11 donne e 3 membri di una famiglia francese (una donna di 25 anni e i suoi due figli di 2 e 1 anno) - dalle truppe naziste la mattina del 24 maggio 1944 e deportate nel campo di sterminio di Auschwitz il 26 giugno dello stesso anno.

L’apposizione delle pietre d’inciampo è avvenuta su iniziativa della Comunità Ebraica di Firenze e la Casa di Riposo Ebraica (l’ex ospizio israelitico “Settimio Saadun” da dove i 24 furono prelevati) in collaborazione con il Comune di Firenze.

“È giusto – ha aggiunto Nardini - che le nostre concittadine e i nostri concittadini inciampino nella memoria, che leggano i nomi e che magari, incuriositi, approfondiscano quelle tragedie individuali che si consumarono all'interno di una tragedia più grande. Camminiamo quotidianamente in strade dove sono avvenuti arresti e violenze, frequentiamo o abitiamo palazzi dove si sono consumati rastrellamenti, non dobbiamo dimenticarlo mai, affinché ciò che è stato non sia mai più”.

La ricostruzione storica

A ricostruire quanto avvenne la mattina del 24 maggio 1944 Marta Baiardi dell’Istituto Storico della Resistenza.

L’ente benefico Ospizio Israelitico “Settimio Saadun” era stato fondato nel 1870 come ricovero per i bisognosi ebrei anziani e malati. Durante la guerra e sotto l’occupazione tedesca continuò a svolgere le sue funzioni, fino alla tragica mattina del 24 maggio 1944 in cui un camion di militi nazisti si fermò all’ingresso della struttura (allora in viale Duca di Genova 6, attuale viale Amendola) e catturò 24 ospiti: ventun persone anziane, dieci uomini e undici donne, e insieme tre membri di una famiglia francese: la madre venticinquenne e i suoi figli, Renée, una bambina di due anni, e il suo fratellino Sergio di un anno. Due giorni dopo l’arresto, i catturati dell’Ospizio fiorentino furono trasferiti da Firenze al campo di Fossoli (presso Carpi, in provincia di Modena), e da lì il 26 giugno 1944 furono deportati al campo di sterminio di Auschwitz, dove giunsero quattro giorni dopo per essere tutti assassinati all’arrivo. Solo una anziana donna non arrivò mai in Polonia, perché morì nel campo di Fossoli prima della partenza del convoglio. La deportazione e l’uccisione di vecchi, malati, donne e bambini inermi era parte integrante del progetto di distruzione degli ebrei europei ideato e pianificato dai nazisti e attuato su scala continentale anche grazie all’aiuto fattivo ricevuto dai regimi collaborazionisti, nel nostro Paese dalla Repubblica Sociale Italiana. (aise) 

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