Venerdì, 03 maggio 2024 - ore 13.49

A rischio la salute mentale per un ceffone al proprio figlio? Non sempre. Giorgino Carnevali (Cremona)

(…ceffone, linguaggio della violenza?) E ciao, va là! Lo sapevi che dare un ceffone, insomma “menare” il proprio figlio insegna ad usare il linguaggio della violenza? Dicono che sia una “conseguenza indotta” quel ceffone! Eppure potrebbe esserlo per davvero.

| Scritto da Redazione
A rischio la salute mentale per un ceffone al proprio figlio? Non sempre. Giorgino  Carnevali (Cremona)

Direttore buona giornata. E ciao, va là! Lo sapevi che dare un ceffone, insomma  “menare”  il proprio figlio insegna ad usare il linguaggio della violenza? Dicono che sia una “conseguenza indotta” quel ceffone! Eppure potrebbe esserlo per davvero. Sentite su. Percorro corso Matteotti, un corso alla moda “di nuovo vestito”, pavimentazione di pregio. In scooter, alle spalle la Porta Venezia, per mèta il centro cittadino. Sono le 19,30 circa di una afosa (di più!) giornata di fine luglio. In senso contrario al mio provengono, rigorosamente in sella a due distinte biciclette, una giovane mamma seguita “a ruota” dalla propria figlioletta di circa sei anni. Ad un tratto la figlioletta barcolla, non governa più la biciclettina, e rovinosamente cade a terra. Colto da “pietas” (sentimento che induce piuttosto amore, compassione e rispetto per le altre persone), fermo il mio scooter, cercando di portare soccorso alla piccola malcapitata, che rimane nel frattempo a terra. La piccola, inspiegabilmente a differenza di ogni altro suo coetaneo in analoghe circostanze,  non versa una lacrima, non strilla, non da in escandescenza (e ne avrebbe tutte le ragioni). Sorride invece, sebbene rossa e sudata in volto. Un passante si affretta a soccorrerla, la rincuora, la rialza. La mamma subito non s’accorge, così prosegue per qualche decina di metri. Ad un tratto si volta indietro e nota la sua piccina a terra. Si precipita preoccupata dalla piccola e….!? Mi sarei aspettato, come da prassi consolidata nelle “migliori” (sono le peggiori, invece!) famiglie, una reazione scomposta da parte della madre, toh, una sonora sgridata, un ceffone, “epperchèno”!...una tirata d’orecchi, una presa spazientita del braccino per poi scuoterlo bruscamente a quel piccolo innocente esserino, oltre ad una invettiva tipo: “Quante volte ti ho detto di fare attenzione alle buche!”. Invece nulla di tutto questo. Anzi! La risolleva da terra, la ripulisce, controlla eventuali ferite, soprattutto la rincuora con parole dolci, sussurrate, la tranquillizza, la accarezza, infine la bacia sulla fronte. “Oh bella”, esclamo tra me e me sorpreso, “…come sono cambiati i tempi”. Una volta (ma ancora adesso in “disumane” famiglie) allorquando un bimbo la combina “grossa”, ecco arrivare una sgridata, una punizione. Sapete che vi dico? Al diavolo le brusche maniere, le punizioni, i castighi, “epperchèno”…anche i ceffoni. Non solo non ottengono alcun risultato, ma trasmettono il messaggio che la violenza sia l’unico modo per rispondere ad uno sbaglio e risolvere un problema. Usare invece atteggiamenti propositivi, calmi e rilassati. Tuttavia…alzi la mano (si fa per dire) chi non ha mai perso la pazienza con i propri figli. E quando non riusciamo a controllarci, ecco che volano urla, e a volte sculaccioni o ceffoni. Il dibattito è decennale e aperto, oltre tutto comporta uno sforzo non da poco per certi genitori, va là.

Giorgino  Carnevali (Cremona) 

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