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Amnesty. Il CNT della Libia deve controllare la situazione

| Scritto da Redazione
Amnesty. Il CNT della Libia deve controllare la situazione

RAPPORTO DI AMNESTY INTERNATIONAL SULLA LIBIA: IL CNT DEVE PRENDERE IL
CONTROLLO DELLA SITUAZIONE PER EVITARE UNA SPIRALE DI VIOLAZIONI.
Il Consiglio nazionale di transizione (Cnt) deve prendere il controllo dei
gruppi armati anti-Gheddafi in modo da porre fine alle azioni di
rappresaglia e agli arresti arbitrari. Lo ha dichiarato oggi Amnesty
International, diffondendo un lungo rapporto sulle violazioni dei diritti
umani durante il conflitto libico.

Il rapporto, di 107 pagine, intitolato ‘La battaglia per la Libia:
uccisioni, sparizioni e torture’, denuncia che durante il conflitto le
forze pro-Gheddafi hanno commesso crimini di diritto internazionale su
vasta scala, ma accusa anche le forze leali al Cnt di violazioni dei
diritti umani che in alcuni casi si configurano come crimini di guerra.

‘Le nuove autorita’ devono girare completamente pagina rispetto alle
violazioni degli ultimi quattro decenni e introdurre nuovi standard per
porre i diritti umani al centro della loro agenda’ – ha dichiarato Claudio
Cordone, senior director di Amnesty International. ‘Ora spetta al Cnt
comportarsi differentemente, porre fine alle violazioni e avviare riforme
sui diritti umani,  urgentemente necessarie. Una grande priorita’ dovra’
essere valutare le condizioni del settore giudiziario e iniziare le
riforme, assicurare processi equi e garantire alle vittime accesso alla
giustizia e alle riparazioni’.

Amnesty International ha riscontrato prove di crimini di guerra e di
violazioni che possono costituire crimini contro l’umanita’ commessi da
parte delle forze pro-Gheddafi durante il conflitto, tra cui attacchi
indiscriminati, uccisioni di massa di prigionieri, torture, sparizioni
forzate e arresti arbitrari. Nella maggior parte dei casi, le vittime di
queste violazioni erano civili.

L’organizzazione per i diritti umani ha tuttavia documentato anche brutali
‘regolamenti di conti’, tra cui linciaggi di soldati fatti prigionieri, ad
opera di alcuni gruppi anti-Gheddafi quando le forze pro-Gheddafi sono
state cacciate dalla Libia orientale.

Da febbraio, nella Libia orientale, decine di persone sospettate di essere
agenti della sicurezza, lealisti pro-Gheddafi o mercenari sono state
uccise dopo essere state catturate.

Quando al-Bayda, Bengasi, Derna, Misurata e altre citta’ sono cadute sotto
il controllo del Cnt, le forze anti-Gheddafi hanno compiuto irruzioni in
abitazioni private, uccisioni e altri attacchi violenti contro presunti
mercenari, sia cittadini dell’Africa subsahariana che libici neri.
Uccidere prigionieri, ricorda Amnesty International, e’ un crimine di
guerra.

Amnesty International ha paventato il rischio che questo scenario si
ripeta, in una fase in cui gli scontri vanno avanti e alcune zone del
paese sono ancora contese.

A essere particolarmente in pericolo continuano a essere i cittadini
stranieri di paesi africani. Tra un terzo e la meta’ di tutte le persone
detenute a Tripoli e ad al-Zawiya e’ di origine straniera; Amnesty
International ritiene che la maggior parte di esse sia costituita da
lavoratori migranti e non combattenti.
Amnesty International ha verificato che le fitte voci secondo le quali le
forze di Gheddafi avrebbero fatto uso, a febbraio, di grandi quantita’ di
mercenari subsahariani, erano significativamente esagerate. Tuttavia, il
Cnt ha fatto poco per modificare la falsa percezione che i cittadini
provenienti dall’Africa sub-sahariana fossero mercenari.

Amnesty International ha apprezzato il fatto che a maggio il Cnt abbia
emesso direttive per sollecitare le sue forze ad agire nel rispetto delle
norme e degli standard internazionali e che, ad agosto, il presidente del
Cnt abbia chiesto alle forze anti-Gheddafi di astenersi da attacchi di
rappresaglia. Il Cnt ha anche inviato sms invitando a evitare vendette e a
trattare i detenuti con dignita’.

Sottoponendo al Cnt la sua ‘Agenda per il cambiamento in materia di
diritti umani’, Amnesty International ha chiesto alle nuove autorita’
libiche di porre immediatamente sotto il controllo del ministero della
Giustizia e dei diritti umani tutti i centri di detenzione e di assicurare
che gli arresti saranno eseguiti solo da organi ufficiali e non dai
thuwwar (‘rivoluzionari’, i combattenti dell’opposizione).

I responsabili delle prigioni di Tripoli e di al-Zawiya hanno dichiarato
ad Amnesty International che loro fanno riferimento all’esercito e ai
consigli locali piuttosto che al ministero della Giustizia e dei diritti
umani.

Amnesty International, che ha raccolto testimonianze di oltre 200 persone
detenute dopo la caduta di Tripoli e al-Zawiya, ritiene che centinaia di
persone siano state arrestate in casa, al lavoro, ai posti di blocco o
semplicemente per strada. Molte di esse sono state maltrattate al momento
dell’arresto, colpite coi bastoni e col calcio dei fucili, prese a pugni e
a calci e insultate, talvolta mentre erano ammanettate e bendate. In
alcuni casi, i detenuti hanno riferito di essere stati feriti a colpi di
arma da fuoco dopo essere stati arrestati.

Amnesty International ha chiesto al Cnt di dare priorita’ alle indagini su
coloro che, da entrambe le parti, sono sospettati di aver commesso
violazioni dei diritti umani. Queste indagini dovranno essere seguite da
processi equi, in linea con gli standard internazionali, e dalla garanzia
che le vittime otterranno una riparazione.

‘I responsabili della terribile repressione del passato sotto il
colonnello Gheddafi dovranno rispondere di cio’ che hanno fatto’ – ha
commentato Cordone. ‘Lo stesso vale per i thuwwar. Altrimenti, non vi
sara’ giustizia e il circolo vizioso di attacchi e vendette rischiera’ di
proseguire’.

‘La popolazione libica ha conosciuto gravi sofferenze per decenni. Ora
merita di prendere parte alla costruzione di una nuova Libia in cui quelle
violazioni non si ripeteranno piu’ e non saranno piu’ tollerate’ – ha
concluso Cordone.

Ulteriori informazioni

Il rapporto ‘La battaglia per la Libia: uccisioni, sparizioni e torture’
si basa prevalentemente sulle ricerche effettuate da Amnesty International
in Libia tra il 26 febbraio e il 28 maggio 2011 e che hanno riguardato,
tra le altre, le citta’ di al-Bayda, Ajdabiya, Brega, Bengasi, Misurata e
Ras Lanouf. Una delegazione di Amnesty International e’ tornata in Libia
nella seconda parte di agosto, giorni prima che l’opposizione conquistasse
Tripoli.

Per quanto riguarda l’Italia e l’Unione europea, il rapporto di Amnesty
International sottolinea che da quando e’ iniziata la rivolta in Libia,
molte persone hanno dovuto affrontare viaggi pericolosi, a volte fatali,
attraversando il mar Mediterraneo verso le coste europee. Pur avendo
ricevuto in questi mesi soltanto il 2 per cento dei richiedenti asilo,
rifugiati e migranti fuggiti dalla Libia, gli stati dell'Unione europea
non hanno esitato a parlare di un ‘afflusso di massa’, causato
dall'instabilita’ nell’Africa del Nord e hanno continuato a perseguire
politiche di controllo delle frontiere a spese dei diritti umani. Gli
stati dell'Unione europea e la Nato non hanno adottato tutte le misure
necessarie per garantire ai civili in fuga dalla Libia di mettersi in
salvo, pur essendo la protezione dei civili la ragion d'essere dichiarata
dell'intervento della Nato in Libia. Dal marzo 2011, si ritiene che almeno
1500 persone siano morte in mare.

Questo segue a un periodo di intensa collaborazione con il governo del
colonnello Gheddafi, cooperazione che ha di fatto dato sostegno a prassi
abusive nei confronti di rifugiati e migranti e rispetto alla quale
l'Italia ha giocato un ruolo fondamentale. Piu’ di recente l'Italia, con
una scelta che solleva le preoccupazioni di Amnesty International, si e’
impegnata in un memorandum firmato con il Cnt a un'assistenza reciproca e
alla cooperazione nella ‘lotta alla migrazione illegale’, incluso il
‘rimpatrio di migranti illegali’. La firma di questo memorandum mentre in
Libia infuriava il conflitto, in totale assenza di adeguate garanzie per i
diritti umani e per il diritto dei rifugiati, solleva profondi timori che
i diritti umani di migranti e rifugiati vengano ancora una volta
sacrificati dalle politiche europee verso la Libia.

Il rapporto di Amnesty International sottolinea che e’ il momento che gli
Stati dell'Unione europea riflettano sull'impatto che politiche migratorie
praticate nei confronti dei paesi della sponda sud del Mediterraneo hanno
avuto sui diritti umani e pongano finalmente la protezione dei diritti
umani e dei rifugiati al centro delle proprie decisioni.

FINE DEL COMUNICATO 
Roma, 13 settembre 2011

Il rapporto ‘La battaglia per la Libia: uccisioni, sparizioni e torture’
e’ disponibile in lingua inglese all’indirizzo:
http://www.amnesty.it/index.html (online dal 13 settembre) e presso
l’Ufficio stampa di Amnesty International Italia.

 

 

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