Così Ettore Prandini, Vice Presidente Nazionale di Coldiretti, commenta positivamente il pronunciamento della Corte di Giustizia Europea sul fatto che i prodotti puramente vegetali non possono, in linea di principio, essere commercializzati con denominazioni, come 'latte', 'crema di latte' o 'panna', 'burro', 'formaggio' e 'yogurt'.
“Dalla Corte Europea è giunta finalmente una risposta alle nostre sollecitazioni ma è chiaro – prosegue Prandini – che questo è solo un primo passo. Adesso bisogna rendere trasparente l’informazione anche su tutti gli altri prodotti vegan che utilizzano denominazioni o illustrazioni che rimandano o in qualche modo ricordano l’utilizzo di carne, uova o altri derivati animali con cui in realtà non hanno nulla a che fare. È una questione di coerenza e di onestà nei confronti sia dei consumatori sia dei produttori”.
C’è poi da aggiungere – spiega la Coldiretti - che sul fronte della spesa delle famiglie i prodotti vegetali che “mimano” il latte e i formaggi costano molto di più, a volte anche il doppio, rispetto agli originali. Per esempio i prezzi dei drink a base di riso, avena, cocco e soia sfiorano i 3 euro al litro. Il consumo di questi prodotti – spiega la Coldiretti - è spinto anche dalla falsa percezione che si tratti di latte, con le stesse proprietà nutrizionali e organolettiche, oltre che dalle fake news diffuse in rete secondo le quali il latte sarebbe dannoso perché è un alimento destinato all’accrescimento di cui solo l’uomo, tra gli animali, si ciba per tutta la vita. In realtà il latte di mucca, capra o pecora rientra da migliaia di anni nella dieta umana, al punto che il genoma si è modificato per consentire anche in età adulta la produzione dell’enzima deputato a scindere il lattosio, lo zucchero del latte. “Ognuno è libero di fare le proprie scelte e bere ciò che preferisce – conclude Prandini -, ma è giusto che l’informazione sia chiara e completa”.