I lavoratori in smart working non sono ‘furbetti del divano’ |Roberto Gandolfi Pessina Cremonese
Signor direttore, rispondo alla lettera (….) del signor Andrea Delindati(*) in cui taccia i lavoratori in smart working come «furbetti del divano».
Vorrei chiedergli: quali prove ha di quanto afferma? Io sono un lavoratore dipendente di un Ente Pubblico, costretto (non per mia volontà ) a lavorare da casa e le assicuro che lavoro molto di più di quando lavoravo in ufficio; poiché quando sono in ufficio, fatte le mie ore (da contratto) la mia giornata lavorativa finiva, da casa non è così: il lavoro non finisce mai, non puoi lasciare pratiche in sospeso, quindi l’orario si protrae. Le preciso che a volte all’una di notte sono ancora al computer per chiudere le pratica.
Certo l’emergenza Covid -19 ha penalizzato gli utenti e tutti vediamo l’ora che si risolva al meglio il tutto e che gli uffici pubblici riaprano. Noi dipendenti siamo i primi ad augurarcelo, ma da qui a classificarci «furbetti da divano» mi sembra una cosa offensiva ed inappropriata.
Poi senza nessuna prova che dimostri ciò, il signor Delindati ha dato fondo alla sua erronea fantasia e ha mancato di rispetto a tutti quelli che lavorano in smart working.
Roberto Gandolfi Pessina Cremonese
(*) pubblicata sul giornale La Provincia del 28 luglio