Il Manifesto :In Iran è rivoluzione delle donne: con il velo brucia il regime | Chiara Cruciati
Rilanciamo un approfondita analisi sulla rivolta in IRAN pubblicata dal il giornale IL MANIFESTO scritto da Chiara Cruciati
IRAN. Quinto giorno di proteste in Iran, almeno 14 morti. Intervista al regista curdo-iraniano Fariborz Kamkari: «Non è una semplice rivolta: riguarda tutto il paese, non solo il Kurdistan o il sud est arabo, e coinvolge tutte le classi sociali, non solo i poveri o la classe media. E non è esplosa per la povertà: la gente chiede libertà, dice no alla natura stessa della Repubblica islamica»
Perché ora? La morte di Amini è stata la scintilla di un dissenso che cercava sfogo?
Il suo vero nome non è Mahsa ma Jhina. In Iran non possiamo usare nomi curdi, che restano ufficiosi, diversi da quelli ufficiali dei documenti di identità. Jhina significa «nuova vita». E sta davvero dando una nuova vita al paese. È successo oggi perché l’Iran sta già soffocando da tempo. Negli ultimi otto anni ci sono state rivolte cicliche, ma il regime è riuscito a scollegarle tra loro, usando diversi strumenti. Prendiamo il Kurdistan: lì le proteste ci sono dal 1979, mentre Khomeini veniva portato in trionfo i partiti curdi avevano già coniato lo slogan «Autonomia per il Kurdistan, democrazia per l’Iran». Con le rivolte curde, il regime spaventa gli iraniani dicendo che si tratta di indipendentisti. Se protestano i lavoratori, il regime spaventa la classe media.
Ma stavolta la sollevazione è l’accumulazione di tutte le sofferenze del popolo iraniano. La situazione economica è terribile, ma lo slogan che risuona è il diritto a poter scegliere per sé. Per decenni, quando contestavamo l’obbligo del velo, molti rispondevano che non era certo il problema principale. Oggi la gente mostra che lo è perché rappresenta la libertà individuale, la possibilità di scegliere per sé, il simbolo della propria volontà. Gli iraniani non stanno chiedendo solo pane o lavoro, ma libertà. Altre volte ci rispondevano dicendo che l’hijab è una caratteristica della nostra cultura. Non è così: è stato imposto dalla rivoluzione islamica che ha obbligato le donne a indossarlo. Bruciando il velo, bruciano quel mito.
Avere notizie certe della sollevazione che da cinque giorni infiamma l’Iran non è semplice: la rete internet è debolissima, tagliata da Teheran. Ieri l’ultima app disattivata è stata Instagram.
Di certo la protesta si sta allargando, quasi tutte le province sono ormai coinvolte. Sarebbero almeno 14 i manifestanti uccisi, centinaia i feriti, ignoto il numero degli arrestati. In Rojhilat, il Kurdistan iraniano, è stato indetto lo sciopero generale.
In prima fila ci sono le donne: bruciano i veli, tagliano i capelli, si scontrano con la polizia. A scatenare la sollevazione è stata l’uccisione, per mano della polizia morale, della 22enne curda Mahsa Amini, venerdì scorso. Alla sua famiglia un consigliere dell’Ayatollah Khamenei ha espresso le condoglianze del leader religioso che avrebbe promesso di indagare.
Ma gli slogan sono chiari: «Morte al dittatore», «Donna, vita, libertà». Nella città di Sari un manifestante si è arrampicato sulla facciata del Comune e ha distrutto l’immagine di Khomeini, il padre della Repubblica islamica.
A intervenire ieri sarebbe stato anche Anonymous, il collettivo hacker chiamato in causa dagli iraniani sui social perché aiutasse a disattivare i siti del governo: pare lo abbia fatto, bloccando la tv di Stato e alcuni servizi governativi per qualche ora.
Della sollevazione abbiamo parlato con Fariborz Kamkari, regista curdo-iraniano, autore tra gli altri dei film I fiori di Kirkuk e Essere curdo e del romanzo Ritorno in Iran.
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Da il Manifesto del 22 settembre 2022
Commento redazione welfare
Come è noto il mondo in questo momento è in preda a guerre ( vedi Ucraina) ed ha molte rivolte di popolo. Non possiamo non sostenere le manifestazioni popolari che ci sono sia in Russia ( contro la guerra in Ucraina) ed in IRAN di protesta contro l'uccisione di Jhina che si è trasformata contro il regime dell’Ayatollah Khamenei che scuote alla base la struttura stessa dello Stato Iraniano.
Sia in Russia che in Iran scendono in piazza non solo donne e strudenti ma anche pezzi importanti della sociretà civile che richiedono una svolta democratica e la fine della guerra.
Queste rivolte e manifestazioni sono il futuro del mondo. Sosteniamole.
red/welcr/gcst