Sabato, 27 aprile 2024 - ore 13.59

Il Nuovo PD secondo Gianni Cuperlo Intervento alla Direzione

Tre i temi affrontati: quale alternativa al centrodestra, pace o guerra in Ucraina e gestione unitaria del partito.

| Scritto da Redazione
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Il Nuovo PD secondo Gianni Cuperlo Intervento alla Direzione

Tre i temi affrontati: quale alternativa al centrodestra, pace o guerra in Ucraina e gestione unitaria del partito.

 Gianni Cuperlo è intervenuto nell’ultima direzione Pd dello scorso 20 aprile 2023 a Roma sviluppando tre temi:

**La necessità di Costruire fin da ora una alternativa al Governo di CentroDestra non solo nel parlamento ma nel paese coinvolgendo tutti i movimenti di massa;

**Il sostegno all’Ucraina attaccata dai russi va mantenuto ma non è detto che ‘ armare pesantemente oggi il popolo Ucraino significa creare le condizioni della Pace. Va ridefinita una strategia diversa per imporre la Pace;

**La composizione della segreteria nazionale porta il segno ‘maggioritario’ di un accordo fra i due sfidanti alle primarie serve invece una gestione unitaria e plurale di tutte le componneti che hanno partecipato al percorso congressuale.

Red/welcr/gcst

 Di seguito gli appunti di Gianni Cuperlo

 Penso che il congresso sia stato uno spartiacque non solamente per noi.

 In meno di due mesi è imploso il Terzo Polo.

 Leggiamo di malesseri interni ai 5Stelle.

Il governo infila provocazioni e castronerie.

 Si potrebbe anche dire che era già tutto previsto.

 La sola novità è che non si limitano a governare il paese.

 Se ne vogliono impadronire piegando leggi, procedure, valori, persino il linguaggio che è sempre costume del potere.

 Diciamo che dopo cinque mesi hanno rotto i freni inibitori.

 Lo conferma la seconda carica dello Stato.

 Il presidente del Senato è un fascista che quella matrice rivendica senza dissimularlo.

 Basterebbe a farci insistere con atti conseguenti sulle sue dimissioni

 Alla luce di tutto questo non so dire se la luna di miele di Giorgia Meloni sia già ai titoli di coda.

 Quello che so è che, per tutto questo, all’Italia serve il Pd.

 E per le aspettative che la nuova leader ha suscitato credo che possiamo scrivere i nostri titoli di testa a patto che la speranza appena rianimata impatti un partito diverso.

 Lo dico perché se una cosa le stagioni ultime ci hanno insegnato è che nessuno è tanto forte da farcela da solo.

 Il punto è che senza una cultura autonoma sui conflitti aperti o latenti – i partiti – tutti – sono esposti a sbalzi improvvisi di credibilità e consenso.

 Se è così, la sola cosa che non possiamo fare è sprecare questa chance.

 In questo senso ho condiviso l’asse illustrato dalla segretaria.

 Aggiungo solo tre notazioni.

 La prima è sulle alleanze da costruire.

 Si dice che fino alle europee potranno esserci battaglie comuni, dal salario minimo ai fondi per la salute, ma una sfida proporzionale spinge a cercare il primato per sé.

 Capisco, ma credo sarebbe un errore rinviare a dopo quel voto la costruzione di un’alternativa.

 E lo penso perché quell’alternativa non è solamente una somma di sigle.

 È una somma di volontà.

 Come è accaduto sempre quando abbiamo vinto.

 Dall’Ulivo di Prodi al successo di Udine pochi giorni fa.

 Il punto è che quando i rapporti di forza nelle istituzioni sono sfavorevoli alla sinistra, bisogna mutare i rapporti di forza sociali nel paese.

 Per questo nella nostra piattaforma avevamo proposto su temi di merito a partire dall’autonomia differenziata la nascita di veri e propri “Comitati popolari per l’Alternativa”.

 Come uno strumento per tessere la rete più larga attorno a un’idea di paese opposta a quella della destra. 

 La seconda nota è sul nodo pace-guerra.

 Non è in discussione la parte dove stare né la scelta di sostenerla con ogni mezzo necessario, compreso il sostegno militare.

 Il punto è come arrestare la carneficina di vite, militari e civili, allargando lo spiraglio di una tregua e un compromesso possibile.

 Una tesi ripresa da fonti americane spinge per armare pesantemente Kiev nella prossima fase (vuol dire missili a lungo raggio e ogni mezzo utile a riprendere il controllo di parti intere del paese).

 Così da avviare subito dopo la trattativa con Mosca per il ritiro congiunto di armamenti pesanti affidando a Onu e Ocse il compito di vigilare sul cessate il fuoco.

 In sintesi, armare pesantemente oggi per disarmare massicciamente domani.

 Non so quale fondamento possa avere un piano di questo genere.

 Come altri, invece, vedo il dramma di un’Europa che su questo fronte non esiste.

 Non ha una voce nella relazione con gli imperi sopravvissuti al mito del mondo globale e pacificato.

 Un secolo fa l’Europa era il mondo. Il resto stava altrove.

 Oggi il “resto” del mondo siamo noi.

 Accade mentre l’America abdica al suo progetto morale di pilota della storia.

 E quando l’Occidente si scopre vulnerabile dentro i suoi stessi confini.

 Credo sia un tema enorme che ci investe.

 Assieme a questo c’è una spinta pacifista, fuori da noi, non so dire quanto vasta, che fa quasi solamente del tema delle armi – e dunque del diritto dell’Ucraina a difendersi – il fondamento della propria iniziativa.

 Noi pensiamo che il diritto a difendersi debba coincidere con la possibilità concreta di farlo.

 Credo sia giusto dirlo e agire di conseguenza.

 Ma dobbiamo provare a ricucire una tela strappata che non rinunci a quella idealità sul terreno della convivenza, della pace, del disarmo, che ha scandito le pagine più alte dell’Europa lungo tuta la seconda parte del Novecento.

 Infine, l’ultima nota.

 Questo partito – lo dico con rispetto a quanti vi sono entrati da meno tempo o da pochissimo tempo – nella sua versione migliore è stato incubatore di pensieri e culture diverse.

 È stata un’intuizione che si è rivelata più solida delle classi dirigenti che si sono alternate alla sua testa.

 Però guardate, è proprio questo il nostro maggiore punto di forza nel momento in cui si devono assumere decisioni su temi controversi o dare vita a un nuovo gruppo dirigente.

 Allora, per chiarezza tra noi.

 Elly ha fatto bene a rivendicare con pieno diritto la scelta della classe dirigente che ritiene migliore e più adatta a gestire la nuova stagione.

 Personalmente  ho messo in evidenza un dato che a lei ho espresso in privato e con sincerità ripeto qui.

 La nuova segreteria – a cui vanno gli auguri più sinceri – semplicemente non è frutto di una scelta e di uno spirito unitari.

Nel senso che non ha tenuto conto della ricchezza e del pluralismo espressi durante il  confronto nei circoli.

 Questo primo assetto è certamente figlio di valutazioni e decisioni legittime di chi ha vinto le primarie, e assieme è il frutto di una mediazione a due voci con il suo sfidante.

 Si potrebbe dire che è prevalsa una logica maggioritaria, ma la direzione di un partito non è una sfida maggioritaria.

 Credo sia un’opera più complessa, almeno se pensiamo che l’unità non passi da equilibri di correnti stanche e che spesso si sono sottratte dal misurarsi con il consenso reale.

 Non è un problema di posti o ruoli.

 Credo di poterlo affermare con una relativa credibilità.

 Ma se lo dico è perché penso davvero che una unità e una corresponsabilità possano aiutare ad affrontare i nodi che segneranno l’agenda dei prossimi mesi.

 Vogliamo tutti un partito rifondato e vitale, il punto è come costruirlo.

 Nel congresso ci siamo spesi per questo: con idee e proposte a partire dal superamento dei doppi e tripli incarichi e dal rifiuto di un accesso patrimoniale alle cariche elettive.

 Se posso dirlo così, la prova non è tornare a parlare agli operai ma capire che fino a quando gli operai – e non solo loro – non torneranno a essere presenza dentro le istituzioni e nei gruppi dirigenti a prevalere sarà la retorica degli appelli.

 Quella retorica che contro questa destra impresentabile ora non basta più.

 Grazie e buon lavoro segretaria, buon lavoro a tutti noi.

  

 

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