Martedì, 30 aprile 2024 - ore 00.02

Italia al lavoro sui pannelli fotovoltaici del futuro, grazie al progetto europeo Custom-art

Enea: l’obiettivo è quello di realizzare ''moduli flessibili, integrabili in elementi architettonici e in prodotti industriali, grazie all’utilizzo esclusivo di elementi non tossici e abbondanti in natura''

| Scritto da Redazione
Italia al lavoro sui pannelli fotovoltaici del futuro, grazie al progetto europeo Custom-art

Custom-art è un progetto finanziato dal programma europeo Horizon 2020 con 7 milioni di euro, nato per sviluppare i pannelli fotovoltaici di domani: moduli flessibili, integrabili in elementi architettonici e in prodotti industriali, costruiti in modo più sostenibile grazie all’utilizzo esclusivo di elementi non tossici e abbondanti in natura. Partecipano al progetto 16 partner provenienti da 10 Paesi Ue, con il nostro Paese chiamato a rivestire un ruolo importante: due dei partner sono italiani, ovvero la Eco Recycling srl e  l’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile (Enea).

Ed proprio l’Enea a spiegare più nel dettaglio il progetto Custom-art, che si propone di portare la tecnologia dei moduli in kesterite – che è un composto semiconduttore formato da rame, stagno, zinco, zolfo e selenio – ad un grado più elevato di maturità, attraverso efficienze di conversione molto competitive (20% a livello di cella e 16% a livello di modulo ) e di lunga durata (oltre 35 anni ), ad un costo di produzione ridotto (inferiori a 75 €/mq). Inoltre il progetto prevede lo sviluppo di moduli flessibili sia opachi (su supporti di acciaio o polimerici) che semitrasparenti (su supporto polimerico) ingegnerizzati in modo da rendere il loro ciclo di vita compatibile con un approccio di economia circolare.

«I moduli flessibili saranno basati su materiali semiconduttori con la struttura cristallografica delle kesteriti, tra i materiali più promettenti – sottolinea Alberto Mittiga, referente Enea del progetto – per la realizzazione di moduli fotovoltaici inorganici a film sottile contenenti elementi chimici non tossici. La possibilità di essere depositati su substrati flessibili oltre alle buone efficienze di conversione, stabilità nel tempo e bassi costi di produzione, rende questi dispositivi un prodotto ideale per sostituire gli elementi passivi nei settori dell’architettura, della mobilità e dell’arredo urbano e contribuire alla realizzazione dei Near zero energy buildings e Net zero energy districts».

Si tratta di una potenziale buona notizia non solo per il mondo della ricerca, ma in prospettiva per quello industriale.

Anche durante gli anni d’oro delle rinnovabili nel nostro Paese – quando le installazioni di nuovi impianti procedevano piuttosto spedite, ovvero prima del 2014 – l’Italia soffriva infatti un deficit di competitività a livello internazionale sulle tecnologie low-carbon. A parte alcune filiere dove il know-how italiano è da sempre a livelli d’eccellenza globale, come nel caso della geotermia, il ricorso all’import era e resta massiccio. Così degli incentivi nazionali hanno finito per beneficiare industrie estere, in primis tedesche e cinesi. Un problema che si sta riproponendo oggi con la filiera dell’auto elettrica. Essendo ormai pressoché impossibile colmare il divario di produttività per quanto riguarda le opzioni tecnologiche più mature, l’ipotesi di dar vita a una filiera nazionale nel settore fotovoltaico vive tutta sul fronte dell’avanzamento tecnologico.

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