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La comunità italo-americana di Nutley

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La comunità italo-americana di Nutley

La comunità italo-americana di Nutley
Recensione: Sandra S. Lee, Italian Americans of Newark, Belleville, and Nutley, Charleston, SC, Arcadia, 2008, 127 pp.
Stefano Luconi
Con circa 1.500.000 residenti di ascendenza italiana, pari a quasi il 18% della popolazione totale del proprio territorio, secondo i dati del censimento del 2000, il New Jersey rappresenta il secondo Stato dell’Unione – dopo quello di New York – per numero di abitanti italo-americani e il terzo – dopo il Rhode Island e il Connecticut – quanto alla loro concentrazione. Inoltre, in quello stesso anno, gli italo-americani costituivano il gruppo etnico più consistente dello Stato. In base a queste cifre, il New Jersey è assurto a luogo simbolo della presenza italiana negli Stati Uniti. Nell’immaginario collettivo, tale paradigmaticità ha implicato pure i cliché più vieti e maggiormente infamanti sull’esperienza italo-americana, tra cui la presunta propensione al crimine organizzato. Lo aveva già attestato, per esempio, l’ambientazione nel New Jersey del serial televisivo The Sopranos, dedicato all’omonima e fittizia famiglia mafiosa.
Il volume prevalentemente fotografico di Sandra S. Lee sembra costruito per confutare proprio questi stereotipi. Sulla scorta di immagini scattate prevalentemente in ambito familiare, l’autrice ripercorre le vicende delle comunità di Newark – la principale località di insediamento degli italo-americani nei decenni dell’immigrazione di massa – e delle cittadine limitrofe di Belleville e Nutley tra l’inizio del Novecento e la fine degli anni Cinquanta. Si tratta di storie che tendono a intersecarsi e a sovrapporsi a causa della continuità geografica (Belleville e Nutley avevano fatto in origine parte di Newark e se ne distaccarono da un punto di vista amministrativo durante l’Ottocento), pur a fronte di una marcata divaricazione emersa a partire dal secondo dopoguerra. Infatti, negli anni Cinquanta l’attuazione di una serie di progetti di risanamento urbanistico a Newark innescò la progressiva scomparsa della Little Italy locale, ubicata nel primo ward, mentre quel decennio e il successivo videro la crescita deLa comunità italo-americana di Nutley e il consolidamento di Belleville come sobborgo dalla forte connotazione italiana.
Lee non cade nella trappola dell’agiografia di maniera e si astiene dal ricostruire l’esperienza degli italo-americani attraverso le storie di successo di alcuni dei loro esponenti. Dipinge, invece, un quadro della vita di gente comune che si è riscattata dalla miseria con la nobiltà del proprio duro lavoro, giungendo attraverso di esso all’inserimento nella società di adozione. L’assimilazione viene anche attestata dalla piena adesione degli italo-americani allo sforzo bellico degli Stati Uniti in entrambe le guerre mondiali. Comunque, salvo sporadici accenni alla militanza sindacale, la raffigurazione della vita pubblica degli italo-americani pare esaurirsi negli incontri delle società etniche nonché nella partecipazione a funzioni e processioni religiose. In quest’ultimo ambito, Lee squarcia la tradizionale tendenza degli studi a incentrarsi sul cattolicesimo degli immigrati e documenta l’attività della Italian Pentecostal Church di Nutley, sorta nel 1918 come filiazione della congregazione protestante della vicina Passaic.
Tuttavia alcune didascalie avrebbero meritato una maggiore contestualizzazione. Significativa in proposito è una fotografia di un gruppo di aderenti alla Columbus Republican League di Newark nel 1934. Non viene, infatti, evidenziata la singolarità del comportamento di voto dell’elettorato italo-americano di questa città che, in un decennio contraddistinto dal rafforzamento dell’affiliazione delle Little Italies al partito democratico a livello nazionale, mantenne un orientamento politico opposto a tal punto da eleggere al Congresso per tre mandati consecutivi il repubblicano Peter A. Cavicchia (Rudolph J. Vecoli, The People of New Jersey, Princeton, NJ, Van Nostrand, 1965, pp. 227-28).
In una galleria di individui qualunque e di famiglie ordinarie nella quale non c’è quasi traccia di professionisti e sono omessi perfino politici di rilievo come il primo sindaco italo-americano di Newark, Ralph A. Villani e lo stesso Cavicchia, l’unica personalità messa in risalto è il deputato Peter Rodino, uno dei protagonisti della procedura di impeachment a carico del presidente Richard M. Nixon nel biennio 1973-74. La menzione di Rodino – che con la sua battaglia al Congresso contro gli abusi di potere dell’amministrazione repubblicana sembrò voler infirmare la famigerata battuta di Nixon secondo cui sarebbe stato impossibile trovare un italo-americano onesto – appare funzionale agli sforzi compiuti da Lee per smentire i luoghi comuni che permangono ancora a scapito di questa minoranza etnica.
Tale intento, però, conduce l’autrice a trascurare aspetti meno lusinghieri della presenza italo-americana nei tre centri presi in esame. Per esempio, non ci sono immagini che diano conto della vasta adesione degli immigrati al fascismo negli anni Trenta, sebbene il fascio di Newark rivendicasse addirittura la primogenitura del movimento mussoliniano negli Stati Uniti (Matteo Pretelli e Anna Ferro, Gli italiani negli Stati Uniti del XX secolo, Roma, Centro Studi Emigrazione, 2005, pp. 49-50). In particolare, colpisce la mancanza di attenzione per i rapporti razziali. La disgregazione della Little Italy di Newark, infatti, avrebbe potuto essere messa in relazione anche all’afflusso di portoricani e afro-americani che fece da premessa a numerosi episodi di razzismo di cui si resero protagonisti alcuni italo-americani negli anni Sessanta. Proprio in relazione a questi avvenimenti, la scelta operata da Lee di non addentrarsi nella seconda metà del Novecento pare dettata non solo dalla constatazione dello sfaldamento del quartiere italo-americano di Newark per il trasferimento dei suoi residenti nei sobborghi, ma pure dal desiderio dell’autrice di lasciare in ombra episodi poco edificanti che avrebbero potuto indebolire l’assunto del suo libro.
 
 
Stefano Luconi
Insegna Storia degli Stati Uniti nelle università di Padova, Pisa e Roma “Tor Vergata”. Si occupa in prevalenza di emigrazione italiana e di dinamiche del sistema politico americano. I suoi volumi più recenti includono  e Italian- American Vote in Providence, Rhode Island, 1916-1948 (Madison, NJ, Fairleigh Dickinson University Press, 2004), L’ombra lunga del fascio. Canali di propaganda fascista per gli“italiani d’America” (Milano, M&B, 2004, scritto con Guido Tintori) e La politica dello scandalo (Torino, L’Harmattan Italia, 2006).

fonte: https://www.welfarenetwork.it/italiani-allestero-caso-battisti-20110101/
 


 

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