Gentile direttore, sono passati quasi due anni da quando manifestai in favore di Charlie Hebdo per il gravissimo attentato che subì a Parigi. La rivista è di stampo chiaramente satirico. La satira è un genere letterario che ha radici antichissime ed il nome deriva dal latino ‘satura lanx’, che è un piatto di varie pietanze che si offrivano agli dèi dopo i raccolti. Nella festa d’offerta del piatto ci si lasciava andare ad ogni sfrenatezza gastronomica e sessuale. Perfezionarono il genere, dalle radici quasi primitive, Giovenale, Persio e Orazio (che vi inserì, nella diatriba cinico- stoica, intenti moraleggianti). Non ultimo, fece grande satira il mio amato Luciano di Samosata. La satira è un genere letterario che non ha, e non deve avere, alcuna regola. Colpisce come un pugno, qualche volta fa ridere e qualche volta no. Leggendo della denuncia al giornale da parte del Comune di Amatrice, mi viene da pensare: quando fanno satira contro l’Islam va bene e quando la fanno contro l’Italia no? L’Islam radicale, decisamente arretrato, affronta la redazione con i fucili, l'Italia più evoluta la affronta a carte bollate. Pensando e ripensando alle vittime del centro Italia credo che siano altri i problemi da risolvere rispetto a qualche pesante vignetta. Charlie Hebdo non ha mai fatto ridere neanche me, ma forse l'intento della satira, più che far ridere, è far riflettere. E se una querela diventa questione di Stato, forse vuol dire che lo Stato ha la coda di paglia.

Igor Paulinich (Cremona)

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