Giovedì, 25 aprile 2024 - ore 08.31

MAXI INTERVENTO AL MAGGIORE DI CREMONA

Per rimuovere un tumore

| Scritto da Redazione
MAXI INTERVENTO AL MAGGIORE DI CREMONA
Quattro primari, l’uno accanto all’altro attorno allo stesso tavolo operatorio per rimuovere un maxi tumore del diametro di 24 centimetri e dal peso di 4 chili.
 
All’ospedale Maggiore di Cremona si è assistito a un piccolo miracolo della scienza. Perché per estirpare il male, che ormai aveva invaso larga parte dell’addome della paziente, si è resa necessaria la creazione di un superteam multidisciplinare. «Per carità, non chiamateci supereroi — dice Gian Luca Baiocchi, neo direttore di Chirurgia generale e team leader —. ''Semplicemente applichiamo i protocolli allo scopo di garantire la massima sicurezza per il paziente''».
 
Fabrizio Verweij, primario di Urologia: «No, non siamo gli Avengers — si schermisce —. Ma abbiamo sperimentato uno speciale senso di appartenenza nella condivisione della responsabilità del buon esito dell’intervento». Opinione sottoscritta dagli altri due specialisti del bisturi coinvolti nell’esperienza in sala operatoria: il direttore di Ginecologia, Aldo Riccardi, e quello di Chirurgia vascolare, Vittorio Baratta. L’operazione rappresenta per l’Asst di Cremona un importante passo sulla strada della chirurgia avanzata, che richiede sempre più spesso una definizione plurale dell’impianto dell’intervento.
Baiocchi «Siamo intervenuti su una paziente con una voluminosa massa addominale, per la precisione un sarcoma, una neoplasia che nasce dai tessuti molli, in questo caso dai muscoli del retroperitoneo». La malata era stata sottoposta a chemioterapia per ridurre il tumore. «Queste masse così invadenti coinvolgono tutti gli organi dell’addome — spiega Baiocchi —. Proprio per questo è stata essenziale la sinergia con i colleghi. Se le collaborazioni sono frequenti, molto raro è, invece, il coinvolgimento di ben quattro primari». Ai quali si è aggiunto un quinto specialista, il radiologo interventista Gabriele Rozzi: «Il suo contributo è stato fondamentale — sottolinea il direttore di Chirurgia — perché ha embolizzato l’arteria ipogastrica riducendo il volume del sangue che la paziente avrebbe perso durante l’intervento. Non meno importante è stato il ruolo anestesista per offrire un adeguato sostegno intraoperatorio».
 
L’intervento è durato 7 ore. E tutto è andato secondo i piani: «Siamo stati molto contenti di vedere il sorriso della paziente quando le abbiamo comunicato che era andato tutto bene. Un’operazione di questo tipo contempla il rischio di gravi menomazioni, tra cui la stomia, la perdita del rene o persino l’amputazione di una gamba. Tutti gli organi sono stati salvati», afferma Baiocchi. Che sta monitorando costantemente le condizioni della convalescente: «A tre giorni di distanza dall’intervento era già in grado di mangiare. L’ho anche invitata a camminare». Se i superpoteri non c’entrano, allora il merito è del lavoro di squadra. Che divide i compiti e moltiplica il successo.''
 
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