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Nel paese di Karen Blixen di Massimo Negri

| Scritto da Redazione
Nel paese di Karen Blixen di Massimo Negri

Nella primavera del 2003 mi è capitato spesso di sentire alla radio la canzone di Irene Grandi
“Prima di partire per un lungo viaggio”. Mi piaceva, per la voce e per il ritmo. Conteneva, poi, un messaggio chiaro: “prima di pretendere qualcosa prova a pensare a quello che dai tu”.
Forse una strofa a doppia valenza, pubblica e privata. Chiedersi quello che possiamo dare alla comunità e quello che possiamo dare a noi stessi e ai nostri familiari. Limitandomi alla sfera privata, la mia esperienza suggerisce che regalarsi, ogni tanto, un viaggio fa bene pure agli affetti. Accade così che sabato 19 luglio 2003, Luisella, io e Claudia (7 anni), messe in valigia le riviste Meridiani e Bell'Europa, a bordo della nostra Wolskwagen Jetta, partiamo per una vacanza itinerante di due settimane alla volta della Danimarca.

Fa parecchio caldo ma abbiamo una buona scorta d’acqua. La prima sosta-panino è al Passo S. Gottardo, in riva al lago con foto alla statua in rame che ricorda il viandante a cavallo. Ci attendono le autostrade svizzere e tedesche attraversate in un paio di giorni,
sino a Puttgarden, a nord di Lubecca. Poco più di un’ora di traghetto e siamo nell’arcipelago
danese, accolti da una gradita, leggera pioggia. Dato il costo un po’ elevato degli hotel
e dei bed and breakfast la prima meta è a Fredensborg (a nord di Copenaghen) dove abbiamo prenotato, per alcuni giorni, una camera familiare presso l’ostello della gioventù situato ai bordi del parco della residenza primaverile e autunnale della regina Margrethe II.
La Danimarca è una monarchia costituzionale e la casa della famiglia reale vicina all’ostello mi pare un segno dell’armonia fra tradizione e modernità, tipica del Nordeuropa.

E’ una vacanza che, nei nostri piani, vuole unire cultura e natura. Stiamo spesso all’aria
aperta e a Helsingør visitiamo il castello rinascimentale dove Shakespeare ambientò la storia del principe Amleto. Un’altra tappa è al museo di arte contemporanea Louisiana di Humlebæk
dove scopriamo le filiformi sculture in bronzo di Alberto Giacometti. La sua opera “Uomo che cammina” è quasi una metafora della vita. Un altro giorno, invece, andiamo in treno a Copenaghen. Poco distante dalla stazione ci accoglie la bella piazza del Municipio, con tanti giovani, e da cui partiamo per un giro turistico della capitale su un autobus scoperto a due piani, con audioguida in italiano. Poi, nel pomeriggio, a piedi percorriamo le vie del centro facendo qualche acquisto. Spostandoci verso il Porto Nuovo, fotografiamo le case variopinte, i caffè e le taverne sulla banchina di Nyhavn, molto animata. Infine, un po’ stanchi, prima di riprendere il treno, ci sediamo ai tavolini all’aperto di un pub per un panino e un bicchiere di Carlsberg, birra danese.

A Rungstedlund, lungo la costa poco a nord di Copenaghen, visitiamo la casa-museo di Karen Blixen. Dalle finestre davanti si scorge il mare mentre quelle sul retro si aprono su un   vasto parco-giardino in cui è seppellita la scrittrice. E’ una casa sobria ed elegante, a misura della sua scrittura. Vi sono diversi cimeli riportati dai suoi viaggi e, tra i libri esposti, vediamo “La mia Africa”, che abbiamo nel cuore anche per l’omonimo film di Sidney Pollack con
 Meryl Streep e Robert Redford. Il libro di ricordi fu pubblicato nel 1937, sei anni dopo il ritorno dal Kenya dove, dal 1914 al 1931, Karen Blixen aveva amministrato una piantagione di caffè, ai piedi delle colline del Ngong, vicino a Nairobi.
“Ci si svegliava, la mattina, sugli altipiani, e si pensava: eccomi qui, è questo il mio posto”. Parole del libro che esprimono il sentimento di appartenenza al nuovo mondo e il buon rapporto con il lavoro e con gli indigeni occupati nella fattoria. Nondimeno, nelle serate del lungo periodo africano, pure l’attività letteraria, già abbozzata in gioventù, riemerge e matura per “spaziare con la mente in altri paesi e in altri tempi”. In una lettera dall’Africa al fratello Thomas confidò che ricercava qualcosa che fosse veramente suo e che la rappresentasse. Pian piano comprese che era la scrittura la risorsa su cui investire e ad essa si dedicherà completamente una volta rientrata in patria.

Sul finire della settimana, lasciata la zona circostante Copenaghen, ci trasferiamo a Odense, nell’isola di Fyn. E’ la città di Hans Christian Andersen, l’autore della fiaba La Sirenetta, e l’ostello è in una ex-scuderia con un bel cortile coi fiori e dove, in un angolo, è disegnata una scacchiera sul pavimento. Claudia è stupita dalle dimensioni dei pezzi in plastica e si diverte nel vedere le mosse del cavallo. Al mercato locale compriamo il prezzemolo e i funghi per cucinare un piatto di fusilli, conditi pure con un filo di olio extravergine che ci siamo portati da casa. A Fåborg, invece, ci imbattiamo in Gert, poi divenuto amico poliglotta, che ci guida nella visita della graziosa cittadina. Visitiamo il museo che raccoglie i dipinti dei pittori dell’isola di Fyn e ammiro, soprattutto, un’opera di Peter Hansen del 1909 che ha per titolo “Newspaper Readers at the Politikens Wall”. Raffigura un buon numero di persone intente a leggere i giornali affissi in alcune bacheche su una muraglia rosata illuminata dal sole e ombreggiata da un viale alberato. Mentre guardo il quadro penso alla passione civile dei tanti lettori che ogni giorno cercano sui quotidiani una voce, o più voci, ognuna col proprio stile, e mi sovviene l’aforisma di Alexis De Tocqueville secondo cui “la stampa è per eccellenza lo strumento democratico della libertà”.

Siamo a metà viaggio. La seconda settimana la dedichiamo alla penisola dello Jütland.
Osservando il territorio pianeggiante e i mari circostanti, si comprende quanto l’agricoltura,
l’allevamento e la pesca siano alla base dell’economia danese. Muovendoci in direzione Nord notiamo pure numerose pale eoliche che, insieme alla fitta rete di piste ciclabili, sono un esempio della cultura ambientalista del Paese. Abbiamo prenotato l’ostello della gioventù a Nykobing sul Limfjorden. Nell’ampio giardino che si affaccia sul fiordo vi è un pontile da cui alcuni nordici scendono per fare il bagno nell’acqua per noi troppo fredda. Nei giorni successivi, arriviamo a Skagen, sulla punta settentrionale dello Jütland. La foto a Claudia sulla battigia dove le onde del Baltico si incontrano con quelle del Mare del Nord credo rimarrà per sempre nei nostri cuori. Salutato il primo faro della Danimarca, costruito nel 1560, è tempo di prepararci al ritorno.

L’ultima meta della nostra vacanza è a Ribe, il paese delle cicogne. All’ostello noleggiamo le biciclette per una tranquilla pedalata nella verde campagna con sosta, a metà giornata, in un ristorante vicino a un canale per un buon pasto a base di pesce con le patate lesse. L’immagine finale del viaggio è quella di un bambino danese biondo seduto sul gradino di casa in compagnia del suo cane. Di lì a poco, il padre li raggiunge ed escono, insieme, in passeggiata.

Massimo Negri – Casalmaggiore (CR)

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