L’eolico rappresenta un alleato essenziale per la necessaria transizione energetica, in grado di sostenere il Paese anche dal punto di vista economico ed occupazionale. «In Italia – dettaglia nel merito l’Anev – l’eolico crea ogni anno un flusso finanziario di circa 3,5 miliardi di euro fra investimenti diretti e indiretti e conta oggi oltre 27.000 addetti. Inoltre nel 2019 sono stati prodotti 20,06 TWh da eolico che equivalgono al fabbisogno di circa 20 milioni di persone e ad un risparmio di circa 12 Mt di emissioni evitate di CO2 e di 25 milioni di barili di petrolio».
Ma questo è solo l’inizio. Come testimonia l’ultimo report di WindEurope, riportato proprio dall’Associazione nazionale energia del vento (Anev), l’energia del vento «è una risorsa importante per l’economia europea: ha resistito alla crisi del Covid-19 e quindi può svolgere un ruolo significativo in una ripresa economica verde. Ma il vento crea ulteriori vantaggi oltre a posti di lavoro e valore per l’economia,ne beneficiano direttamente le comunità che vivono vicino ai parchi eolici».
Ad esempio, secondo le stime Anev in Italia qualora si installassero i 19.300 MW di impianti eolici previsti dal Pniec (Piano nazionale integrato energia e clima), si contribuirebbe a incrementare l’occupazione con 67.200 posti di lavoro, distribuiti in buona percentuale nel Meridione.
Si tratta però di un guadagno tutt’altro che scontato: se le installazioni di energie rinnovabili – eolico compreso – continueranno al ritmo attuale, l’obiettivo posto dal Pniec per il 2030 verrebbe raggiunto con oltre mezzo secolo di ritardo, nel 2085. Restano due i grandi ostacoli da superare: la lentezza disarmante delle procedure burocratiche ed autorizzative da una parte, e le resistenze che si concretizzano sui territori sotto la spinta delle sindromi Nimby e Nimto.