Lunedì, 02 dicembre 2024 - ore 15.19

Priorità dell’Europa e dell’Italia: fermare i migranti del Corno d’ Africa.

Come ai tempi di Gheddafi in Libia: accordi col governo dell'Eritrea e del Sudan e ingenti somme di denaro per fermare le rotte africane.

| Scritto da Redazione
Priorità dell’Europa e dell’Italia: fermare i migranti del Corno d’ Africa.

Il 28 luglio, il ministro degli esteri sudanese, Ibrahim Ghandour dopo aver visitato l’Expo ha incontrato a Roma il nostro ministro  degli esteri Paolo Gentiloni.

Secondo il comunicato stampa sudanese successivo all’incontro, Gentiloni avrebbe ribadito il ruolo cruciale del Sudan per quanto riguarda le rotte migratorie che percorrono la parte orientale dell’Africa oltre che il traffico di esseri umani, organizzato proprio sul confine tra Sudan ed Eritrea.

L’incontro dei due massimi esponenti della politica estera italiana e sudanese si inquadra nel contesto dell’EU-Horn of Africa Migration Route Initiative, definita come “Processo di Khartoum”. Un accordo firmato lo scorso novembre a Roma tra i paesi dell’Unione Europea e I paesi d’origine e di passaggio dei migranti che, dal Corno d’Africa e dall’Africa dell’Est si riversano sulle coste della Libia per raggiungere l’Europa, approdando nel nostro paese. Sono migranti che scappano dalla Somalia, Eritrea, Darfur/Sudan, Etiopia  e dunque da paesi in guerra, segnati da regimi repressivi e da violazioni di diritti umani ampiamente documentati da organismi di società civile (Amnesty International, Human Rights Watch) e da autorevoli organizzazioni internazionali, quali il Consiglio per I diritti umani dell’Onu che ha sede a Ginevra. 

Grazie al “Processo di Khartoum” l’Europa  può stringere accordi  con Eritrea e Sudan per rafforzare le polizie di confine e le istituzioni locali che si occupano di migranti, per avere scambi di informazione, per dare supporti allo sviluppo con l’obiettivo finale di stabilizzare la regione.

Grazie al “Processo di Khartoum” il nostro Ministero degli esteri ha riaperto il dialogo col governo eritreo, congelato da tempo, ed ha rinforzato i rapporti con il governo sudanese il cui presidente, Bashir, risulta incriminato dalla Corte Penale Internazionale  per le atrocità perpetrate nel Darfur.

 Fondi europei all’Eritrea, scomparsi.

Sempre nel  “Processo di Khartoum” si prevede che l’Eritrea riceva 300 milioni di euro dalla Commissione europea, oltre a somme minori, direttamente dal nostro governo, per progetti di sviluppo per ora non identificati.

 Già nel 2007 la Commissione europea aveva stanziato 122 milioni di euro di aiuti con l’obiettivo di stabilizzare l’area regionale che l’Eritrea contribuiva grandemente a destabilizzare (dando supporto agli Al Shabaab somali e interferendo nel processo di pace in Darfur).

La Commissione europea dovrebbe rendere noto che fine ha fatto questo denaro dei cittadini europei! Certo non ha contribuito a stabilizzare la regione, che invece è diventata più instabile,  e nemmeno a mettere in atto processi di sviluppo, di democratizzazione e inclusione sociale: i soli che potrebbero fermare i flussi migratori. Ora toccherà al Sudan ricevere i finanziamenti.

 Dubbi legittimi.

Ci si chiede: quale sarà il risutato di questi accordi sui migranti stessi, quali garanzie che i governi rispettino i loro diritti; a quali forme di corruzione dovranno sottostare?

L’esperienza degli accordi stipulati dal governo Berlusconi con Gheddafi ci dice che il risultato fu quello di favorire la tratta, permettendo una migliore organizzazione grazie ai denari estorti ai migranti stessi per uscire vivi dai centri di detenzione, spacciati come campi di accoglienza.

Esponenti dell’opposizione sudanese hanno già fatto sapere la loro opinione.

Secondo loro, con il “Processo di Khartoum” l’Europa ha consegnato nelle mani del regime sudanese un potente strumento di ricatto, dandogli la possibilità di aprire o chiudere i rubinetti della rotta a seconda di quanto riuscirà a strappare sul piano diplomatico e finanziario. Hanno inoltre sottolineato che nulla cambierà per i migranti, perchè la tratta è molto spesso nelle mani dei governativi e delle forze di polizia sui diversi confini, che ne traggono un forte incentivo economico, al quale non vorranno certamente rinunciare. Riteniamo  l’opinione degli oppositori sudanesi  certamente informata dei fatti e del modo di ragionare e di agire del loro governo.

 A cura di Pax Christi Cremona

(fonte: Nigrizia)

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