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Storia antifascista.Gli scioperi del 1943

| Scritto da Redazione
Storia antifascista.Gli scioperi del 1943

Nel mese di marzo di settant'anni fa, nell'Italia sconvolta dalla guerra, decine di fabbriche del nord, tra cui quelle più importanti per la produzione bellica, si fermarono DI CLAUDIO DELLAVALLE
di Claudio Dellavalle*
Nel mese di marzo di settant’anni fa nell’Italia sconvolta dalla guerra si produsse un fatto inaspettato, che rappresentò la prima vera crepa della dittatura fascista e l’inizio del lungo e drammatico percorso di riconquista della democrazia e della libertà. Decine di fabbriche del nord, tra cui quelle più importanti per la produzione bellica, si fermarono.
La protesta operaia prese avvio il 5 marzo a Torino, si allargò nei giorni successivi in città e nei centri vicini, passò nelle fabbriche di altre aree piemontesi; dopo la metà di marzo si estese alle fabbriche di Milano, di Sesto S. Giovanni e del circondario milanese, ad altre province lombarde, toccò alcune fabbriche in Emilia e arrivò fino a Porto Marghera, esaurendosi alla metà di aprile. In quaranta giorni più di 200mila operai, secondo le valutazioni fasciste, avevano incrociato le braccia nonostante le minacce, gli arresti e il silenzio stampa imposto dal regime.
Lo sciopero ebbe una notevole risonanza anche sul piano internazionale. In effetti si configurava come un atto di ribellione, un atto politico, perché per la legge fascista non solo l’interruzione del lavoro era illegale e dunque vietata e punita, ma in tempo di guerra era considerata un atto eversivo, un tradimento della nazione fascista in armi.
Che cosa aveva portato migliaia di operai e operaie ad una prova così rischiosa e piena di incognite? Il terzo anno di guerra aveva impietosamente rivelato i limiti dell’Italia coinvolta in uno scontro insostenibile. Per la verità già dopo il primo anno di guerra l’Italia fascista si era rivelata per quello che era: un paese dallo sviluppo industriale limitato, condotto da una scelta politica irresponsabile a misurarsi in un’impresa superiore alle sue forze. Il regime, anziché prendere atto dell’inferiorità presto evidente, aveva moltiplicato le occasioni di coinvolgimento fino all’ultima disastrosa avventura a fianco di Hitler nella guerra all’Unione sovietica di Stalin.

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