Il 22 novembre le forze di sicurezza e i servizi segreti sudanesi (NISS) hanno annunciato di aver sventato un tentativo di “destabilizzare la sicurezza nazionale”. L’episodio ha portato all’arresto di 13 persone. Il 26 novembre, sono stati arrestate altre due persone, accusate di aver partecipato all’organizzazione del complotto e di essere in contatto con il Darfur Justice and Equality Movement (JEM), uno dei movimenti ribelli attivi in Darfur, e con altri gruppi di opposizione.
Ipotesi e smentite. Secondo una prima ipotesi fornita dall’Intelligence sudanese l’atto sovversivo era guidato da membri delle National Consensus Forces (NCF) la coalizione di opposizione cui fanno riferimento, tra molti altri, il PCP di Hassan Al Turabi e il National Umma Party. I rappresentanti delle NCF hanno subito negato le accuse.
Nei giorni seguenti è stato reso noto che tra gli arrestati ci sono, invece, diversi uomini politici e militari vicini al presidente Omar el Bashir. Il più noto è Salah Gosh, ex direttore dei servizi segreti, poi consigliere speciale del Presidente, rimosso dal suo incarico lo scorso anno per ragioni non chiare. Tra gli altri, il generale Adil Al-Tayeb, membro del NISS e Mohamed Ibrahim Adbel-Galil, influente generale dell’esercito sudanese (SAF), ritenuto capo del gruppo radicale di matrice islamica conosciuto con il nome di "Al-Sae’ohoon".
Le posizioni di Al-Sae’ohoon. Il gruppo accusato di aver organizzato il presunto complotto aveva combattuto aspramente contro le forze ribelli sudsudanesi durante la guerra civile fino al colpo si stato che portò al potere l’attuale presidente Al- Bashir nel 1998. Di recente ha criticato la leadership del National Congress Party (NCP), per aver fatto troppe concessioni al governo del Sud Sudan e ha chiesto riforme politiche e maggiore aderenza ai principi dell’Islam dai quali l’NCP si sarebbe allontanato troppo. Al-Sae’ohoon ha accusato anche il ministro della Difesa sudanese del fallimento della lotta contro l’SPLM-N, che da mesi l’esercito sudanese combatte negli stati del Kordofan Meridionale e del Nilo Azzurro. Molti esponenti islamici ritengono che la decisione di arrestare membri di Al-Sae’ohoon sia un’azione preventiva per impedire le riforme richieste.
Manifestazioni a sostegno dei detenuti. Il 24 novembre un gruppo di membri dell’NCP ha protestato in difesa dei tredici arrestati, avvertendo “che qualsiasi maltrattamento subito dai detenuti potrà costare molto caro al governo”. Il gruppo, autoproclamatosi “NCP-Reform Forum”, ha definito la decisione del governo di arrestare “persone oneste esponenti di idee e opinioni diverse da quelle del governo” un crimine nazionale.
In risposta alle dichiarazioni dei dissidenti, l’NCP ha fatto sapere che questo nuovo gruppo era totalmente sconosciuto prima dell’episodio del 22 novembre e che le possibili alternative sono due: presentare la proprie richieste attraverso i canali istituzionali del partito o dichiarare la secessione ufficiale.
fonte: www.campagnasudan.it.