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Il punto Sulle orme di Paolo VI di Rosario Amico Roxas

Per analizzare la significativa lettera di Dimitri Marsala, pubblicata in questo stesso spazio il giorno 1 aprile 2016, occorre partire un po’ da lontano, per meglio identificare l’ispirazione di guida l’azione e la Testimonianza di Papa Francesco.

| Scritto da Redazione
Il punto Sulle orme di Paolo VI di Rosario Amico Roxas

Sulle orme di Paolo VI di Rosario Amico Roxas

Per analizzare la significativa lettera di Dimitri Marsala, pubblicata in questo stesso spazio il giorno 1 aprile 2016, occorre partire un po’  da lontano, per meglio   identificare l’ispirazione di guida l’azione e la Testimonianza di Papa Francesco.

L’analisi citata  di Dimitri Marsala merita un approfondimento.

Papa Francesco, appena eletto al soglio di Pietro, iniziò subito il suo cammino, calcando la Sua strada, pur accettando di non esibire lacerazioni interne alla Sua amata Chiesa; accettò di scrivere a quattro mani la prima enciclica, nella quale le parti trattate da Bergoglio si distinguono chiaramente da quelle scritte da Ratzinger.

La Chiesa odierna non può sottrarsi alle regole della conoscenza che sono maturate nel pianeta Terra, anzi deve calarsi dentro le nuove realtà offrendo una interpretazione più spirituale. Accade con la sociologia che Giovanni Paolo II , identificò come la “Sociologia del Nuovo Umanesimo”, che non può prescindere dal relativismo che Ratzinger cercò di combattere in ogni modo, forte della teologia che avrebbe dovuto sostituirsi alla sociologia e all’antropologia troppo compiacenti, secondo Ratzinger, con le diversità di cultura e religione, che il Concilio aveva accolto e accettato.

Se continuità con un qualche predecessore si può e si deve valutare, ciò è possibile solo con il pontificato di Paolo VI, che ebbe il suo momento più alto con l’enciclica Populorum Progressio

Voci vecchie e antistoriche coniarono per Paolo VI il soprannome di ’Papa comunista’, perché aveva voluto andare oltre l’interpretazione di un Vangelo consolatorio e aveva voluto calare nell’attualità il Verbo della universalità e della uguaglianza di tutti gli uomini non solo davanti a Dio, (sarebbe stato un discorso limitato al mondo dei credenti), ma identificando tale uguaglianza nell’intima natura dell’uomo, senza distinzioni di razza, cultura, qualità della vita, sviluppo tecnologico o religione: un discorso cattolico e, quindi, universale.

Non potrei non cominciare da quella baracca trasformata in Chiesa dove l’Arcivescovo di Milano, mons. Montini, celebrò la Messa di Natale il 25 dicembre del 1955; quel giorno documentò al mondo che la Chiesa è nata tra i poveri ed è destinata ai poveri, ed è la sola voce che può e deve levarsi forte per sostenere i diritti dei più deboli e dei più fragili, di quelli che non hanno voce per farsi sentire.

Come Arcivescovo mons. Montini visitò l’America Latina e l’Africa, ma non si fermò ad ammirare i superbi reperti archeologici dei conquistadores, ma guardò la realtà dell’indio e del negro, come realtà di uomini sofferenti in mezzo ad altri uomini opulenti ed egoisti; lì dovette maturare la convinzione del nuovo peccato commesso ogni giorno da quanti non vedono nel prossimo bisognoso la presenza di quell’Uomo che porta una Croce non Sua in giro per il mondo, appesantita dall’egoismo di tanti uomini, in una nuova Via Crucis dove si rinnova, stazione dopo stazione, il peccato sociale.

Ricordando la pastorale del Natale 1955, in quel gelido tugurio dove il Cristo era presente nei derelitti di una Milano occupatissima a celebrare non il rinnovarsi del mistero della Natività, ma il rito del cenone, e la lettera Enciclica PP, ritroviamo tutto l’itinerario dell’uomo Montini, oggi rilanciato da Papa Francesco e la dilatazione degli orizzonti operata dall’assunzione della paternità universale.

Rosario Amico Roxas

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