Signor Presidente del Consiglio Comunale, signor Sindaco, signori della
Giunta, signori Consiglieri, un impensabile disegno ha voluto che oggi io
dovessi prendere la parola, qui, nel Salone dei Quadri, dallo stesso posto
che fu occupato dal compianto Angelo Zanibelli, un uomo di grande valore, un
professionista serio, un politico d’altissimo profilo, un manager libero da
ogni schematismo concettuale e partitocratico, una figura di fronte al cui
ricordo, desidero inchinarmi con vivo cordoglio ed infinito rispetto.
Quello che il ruolo di neo-consigliere m’impone nel presente, è sicuramente
cercare di porre il luminoso esempio di Zanibelli nell’ottica di un costante
e fattivo riferimento. E quindi sarà mia cura fare ogni sforzo per impegnarmi
a mantenere vivo lo stesso spirito di servizio che animava il mio illustre
predecessore. Sarà un compito arduo portare avanti la sua eredità, ma ce la
metterò tutta. Ma ciò che mi angustia di più è la consapevolezza di essere
divenuto rappresentante dei cittadini di Cremona in un momento in cui la nostra
comunità sembra aver posto un velo sul tessuto delle reciproche relazioni, sul
reticolo degli stessi rapporti con le Istituzioni della Repubblica. Istituzioni
vissute, purtroppo, ed interpretate come obsolete, ossia concepite in termini
di inadeguatezza rispetto ai bisogni emergenti.
Questo comune sentire, non so proprio se corrisponda alla realtà dei fatti, o
sia invece semplicemente influenzato dalle disavventure fantozziane e
ladronesche della cosiddetta casta e dei continui favori che questa casta
riceve.
Ma quando Napolitano e Prandelli convengono nell’esigenza del nuovo, cosa può
pensare di diverso la gente, e cosa posso pensare di diverso io?
Quello che è certo, e che vado respirando ogni giorno nei molteplici contatti
che mantengo con numerosi interlocutori, è il disgusto della gente stessa al
solo sentire la parola “politica” come se esistesse solo la “mala politica” e
non anche la “buona politica”, oppure non esistesse nemmeno la speranza di una
“buona politica”, una politica al servizio di tutti e non solo di qualche
privilegiato, già favorito dalla vita per le sue condizioni di censo.
Accanto a questo ribollio umorale, che colgo quotidianamente, desidero però aggiungere
una personale considerazione.
Ogni crisi, infatti, da sempre, ha prodotto cambiamenti, sia nei singoli e sia
nei gruppi e nelle associazioni nelle quali la società civile si accorpa.
Ogni crisi ha modificato, in buona sostanza, le modalità di pensiero, la
progettualità sulle cose da fare. Nel nostro caso cremonese la crisi sembra
invece produrre solo conservazione, ingessatura, rattrappimento ed isolamento,
disaffezione ed indifferenza.
Si coglie un vacillare delle relazioni, uno sfiorire dello spirito di
cittadinanza, lo sfuocarsi d’impulsi d’impegno costruttivo.. E sembra così
regnare il fai da te, la risposta furbesca nell’individualismo di maniera.
Queste considerazioni non sono altro che il frutto della condivisione con i
lavori di un libero laboratorio d’idee, e di pubblici confronti ai quali ho
assistito in modo intenso negli ultimi due anni, nella stessa sede in cui ho
coltivato pure un franco rapporto con Angelo Zanibelli. E’ stato, infatti,
presso il Circolo Visioni Contemporanee di via Palestro, aperto alle più
svariate voci della politica cremonese attuale e del passato, che ho avuto
l’opportunità di approfondire e di arricchirmi delle puntuali risposte del mio
predecessore. E così ho ricevuto da lui una bella lezione sul piano della
trasversalità. Per Zanibelli, infatti, non c’era destra, sinistra, centro.
C’era solo la città, i suoi cittadini ed il futuro di Cremona e dei suoi
abitanti, liberi, forti ed uguali.
Devo pure aggiungere che Zanibelli possedeva inoltre il dono della visione
politica, di ante-vedere e di anticipare le situazioni. Egli aveva così ben
anticipato l’immobilismo odierno, da fagli dichiarare, in campagna elettorale,
che avrebbe sostenuto Corada anziché Perri.
E non tanto per un distinguo sul piano personale fra i due - perché entrambi
egli li stimava - , ma nella qualità del loro essere potenziali espressioni di
particolari interessi di parte. In sostanza aveva anticipato il giudizio di
moltissimi pentiti di oggi, i quali, se la macchina del tempo potesse
portarli a ritroso, sicuramente voterebbero Corada, meno prono ad ascoltare coloro i
quali si ritengono più uguali degli altri, venendo a creare una condizione
civica che rimanda ad aspetti podestarili o comunque riferite a tempi
antecedenti a quelli sanciti e scritti nel cuore di ognuno di noi dalla
Costituzione Italiana.
Aveva visto lontano Zanibelli, cogliendo, per paradosso, che il cambiamento
desiderato da tanti concittadini sarebbe stato probabilmente meglio tentato dal
cosiddetto “vecchio”, rispetto al presunto “nuovo”. Oggi, infatti, si ha la
diffusa convinzione che il termine cambiamento, abbinato alla figura di Perri
sia stato solo un proclama illusorio ed una burla di cattivo gusto.
Certo ci sono ancora quasi due anni davanti, prima delle prossime elezioni
amministrative, per contraddire quanto ho appena detto. E sarò molto lieto e
contento di poter essere contraddetto.
Ovviamente, in questa sede, in questo pubblico consesso, non potrò prescindere
dalla mia storia, dalla mia formazione civile e dalla mia estrazione
sociale.
Sono figlio di un operaio dell’Ocrim, ed ho sempre guadagnato da vivere
lavorando nel settore privato e per un breve periodo come precario in Comune.
Un'esperienza questa che mi ha reso possibile una precisa lettura dell'apparato
burocratico.
E quindi posso ben capire l’immaginario ed il disagio della gente comune,
quella che lavora in fabbrica, nei cantieri, nei campi, dietro al bancone di
un negozio o sotto la tenda di una bancarella, di fronte, ad esempio, a forme di
privilegio che l’apparato pubblico, soprattutto nel settore dirigenziale, si
è dato senza alcun oggettivo confronto con l’altra parte della società delle
professioni e dei mestieri.
Da una parte, si ha infatti il mondo della produzione sempre più tassato ed
infastidito, e dall’altra si ha invece una burocrazia obsoleta, spesso
parassitaria, sempre più premiata ai livelli apicali.
Certo, proprio in questi giorni, con questo mondo sta misurandosi, in senso
generale, il governo Monti, un governo al quale auguro di fare davvero sul
serio. Staremo a vedere. Personalmente, devo dire la verità, sono sempre
stato sconcertato nel leggere l’ammontare dei cosiddetti premi per i
dirigenti comunali di Cremona. Non ne ho mai capito le ragioni. Certo,
adesso, avrò qualche possibilità in più per capirlo, nella speranza che i premi
abbiano qualche attinenza con i risultati; risultati che, dall’esterno, si fa
una gran fatica a cogliere e registrare.
Per concludere voglio solo dire che sono e sarò aperto al confronto con
tutti. Sono e sarò pronto ad essere convinto dalle buone ragioni degli altri
e a manifestare quelle che considero le mie buone ragioni e le buone ragioni
degli uomini liberi e forti dell’UDC. Desidero solo averne l’opportunità.
Farò
tesoro dei consigli di tutte le persone in buona fede, presenti in questo
consesso ed al di fuori di esso. Servirò con scrupolo solo e soltanto le
esigenze gli interessi della comunità cremonese nel suo complesso, con tutta
l’attenzione e l’onestà che si deve alla storia ed al prestigio del Comune di Cremona.
Roberto Vitali