Martedì, 07 maggio 2024 - ore 15.17

Udc, entra in consiglio Roberto Vitale. Il suo discorso d'insediamento

| Scritto da Redazione
Udc, entra in consiglio Roberto Vitale. Il suo discorso d'insediamento

Signor Presidente del Consiglio Comunale, signor Sindaco, signori della 
Giunta, signori Consiglieri, un impensabile disegno ha voluto che oggi io 
dovessi prendere la parola, qui, nel Salone dei Quadri, dallo stesso posto 
che fu occupato dal compianto Angelo Zanibelli, un uomo di grande valore, un 
professionista serio, un politico d’altissimo profilo, un manager libero da 
ogni schematismo concettuale e partitocratico, una figura di fronte al cui 
ricordo, desidero inchinarmi con vivo cordoglio ed infinito rispetto.
Quello che il ruolo di neo-consigliere m’impone nel presente, è sicuramente 
cercare di porre il luminoso esempio di Zanibelli nell’ottica di un costante 
e fattivo riferimento. E quindi sarà mia cura fare ogni sforzo per impegnarmi 
a mantenere vivo lo stesso spirito di servizio che animava il mio illustre 
predecessore. Sarà un compito arduo portare avanti la sua eredità, ma ce la 
metterò tutta. Ma ciò che mi angustia di più è la consapevolezza di essere 
divenuto rappresentante dei cittadini di Cremona in un momento in cui la nostra 
comunità sembra aver posto un velo sul tessuto delle reciproche relazioni, sul 
reticolo degli stessi rapporti con le Istituzioni della Repubblica. Istituzioni 
vissute, purtroppo, ed interpretate come obsolete, ossia concepite in termini 
di inadeguatezza rispetto ai bisogni emergenti. 
Questo comune sentire, non so proprio se corrisponda alla realtà dei fatti, o 
sia invece semplicemente influenzato dalle disavventure fantozziane e 
ladronesche della cosiddetta casta e dei continui favori che questa casta 
riceve. 
Ma quando Napolitano e Prandelli convengono nell’esigenza del nuovo, cosa può 
pensare di diverso la gente, e cosa posso pensare di diverso io? 
Quello che è certo, e che vado respirando ogni giorno nei molteplici contatti 
che mantengo con numerosi interlocutori, è il disgusto della gente stessa al 
solo sentire la parola “politica” come se esistesse solo la “mala politica” e 
non anche la “buona politica”, oppure non esistesse nemmeno la speranza di una 
“buona politica”, una politica al servizio di tutti e non solo di qualche 
privilegiato, già favorito dalla vita per le sue condizioni di censo. 
Accanto a questo ribollio umorale, che colgo quotidianamente, desidero però aggiungere 
una personale considerazione. 
Ogni crisi, infatti, da sempre, ha prodotto cambiamenti, sia nei singoli e sia 
nei gruppi e nelle associazioni nelle quali la società civile si accorpa. 
Ogni crisi ha modificato, in buona sostanza, le modalità di pensiero, la 
progettualità sulle cose da fare. Nel nostro caso cremonese la crisi sembra 
invece produrre solo conservazione, ingessatura, rattrappimento ed isolamento, 
disaffezione ed indifferenza. 
Si coglie un vacillare delle relazioni, uno sfiorire dello spirito di 
cittadinanza, lo sfuocarsi d’impulsi d’impegno costruttivo.. E sembra così 
regnare il fai da te, la risposta furbesca nell’individualismo di maniera. 
Queste considerazioni non sono altro che il frutto della condivisione con i 
lavori di un libero laboratorio d’idee, e di pubblici confronti ai quali ho 
assistito in modo intenso negli ultimi due anni, nella stessa sede in cui ho 
coltivato pure un franco rapporto con Angelo Zanibelli. E’ stato, infatti, 
presso il Circolo Visioni Contemporanee di via Palestro, aperto alle più 
svariate voci della politica cremonese attuale e del passato, che ho avuto

l’opportunità di approfondire e di arricchirmi delle puntuali risposte del mio 
predecessore. E così ho ricevuto da lui una bella lezione sul piano della 
trasversalità. Per Zanibelli, infatti, non c’era destra, sinistra, centro.

C’era solo la città, i suoi cittadini ed il futuro di Cremona e dei suoi 
abitanti, liberi, forti ed uguali.
Devo pure aggiungere che Zanibelli possedeva inoltre il dono della visione 
politica, di ante-vedere e di anticipare le situazioni. Egli aveva così ben 
anticipato l’immobilismo odierno, da fagli dichiarare, in campagna elettorale, 
che avrebbe sostenuto Corada anziché Perri. 
E non tanto per un distinguo sul piano personale fra i due - perché entrambi 
egli li stimava - , ma nella qualità del loro essere potenziali espressioni di 
particolari interessi di parte. In sostanza aveva anticipato il giudizio di 
moltissimi pentiti di oggi, i quali, se la macchina del tempo potesse 
portarli a ritroso, sicuramente voterebbero Corada, meno prono ad ascoltare coloro i 
quali si ritengono più uguali degli altri, venendo a creare una condizione 
civica che rimanda ad aspetti podestarili o comunque riferite a tempi 
antecedenti a quelli sanciti e scritti nel cuore di ognuno di noi dalla 
Costituzione Italiana.
Aveva visto lontano Zanibelli, cogliendo, per paradosso, che il cambiamento 
desiderato da tanti concittadini sarebbe stato probabilmente meglio tentato dal 
cosiddetto “vecchio”, rispetto al presunto “nuovo”. Oggi, infatti, si ha la 
diffusa convinzione che il termine cambiamento, abbinato alla figura di Perri 
sia stato solo un proclama illusorio ed una burla di cattivo gusto. 
Certo ci sono ancora quasi due anni davanti, prima delle prossime elezioni 
amministrative, per contraddire quanto ho appena detto. E sarò molto lieto e 
contento di poter essere contraddetto.
Ovviamente, in questa sede, in questo pubblico consesso, non potrò prescindere 
dalla mia storia, dalla mia formazione civile e dalla mia estrazione 
sociale. 
Sono figlio di un operaio dell’Ocrim, ed ho sempre guadagnato da vivere 
lavorando nel settore privato e per un breve periodo come precario in Comune. 
Un'esperienza questa che mi ha reso possibile una precisa lettura dell'apparato 
burocratico. 
E quindi posso ben capire l’immaginario ed il disagio della gente comune, 
quella che lavora in fabbrica, nei cantieri, nei campi, dietro al bancone di 
un negozio o sotto la tenda di una bancarella, di fronte, ad esempio, a forme di 
privilegio che l’apparato pubblico, soprattutto nel settore dirigenziale, si 
è dato senza alcun oggettivo confronto con l’altra parte della società delle 
professioni e dei mestieri.
Da una parte, si ha infatti il mondo della produzione sempre più tassato ed 
infastidito, e dall’altra si ha invece una burocrazia obsoleta, spesso 
parassitaria, sempre più premiata ai livelli apicali. 
Certo, proprio in questi giorni, con questo mondo sta misurandosi, in senso 
generale, il governo Monti, un governo al quale auguro di fare davvero sul 
serio. Staremo a vedere. Personalmente, devo dire la verità, sono sempre 
stato sconcertato nel leggere l’ammontare dei cosiddetti premi per i 
dirigenti comunali di Cremona. Non ne ho mai capito le ragioni. Certo, 
adesso, avrò qualche possibilità in più per capirlo, nella speranza che i premi 
abbiano qualche attinenza con i risultati; risultati che, dall’esterno, si fa 
una gran fatica a cogliere e registrare.
Per concludere voglio solo dire che sono e sarò aperto al confronto con 
tutti. Sono e sarò pronto ad essere convinto dalle buone ragioni degli altri 
e a manifestare quelle che considero le mie buone ragioni e le buone ragioni 
degli uomini liberi e forti dell’UDC. Desidero solo averne l’opportunità. 
Farò 
tesoro dei consigli di tutte le persone in buona fede, presenti in questo 
consesso ed al di fuori di esso. Servirò con scrupolo solo e soltanto le 
esigenze gli interessi della comunità cremonese nel suo complesso, con tutta

l’attenzione e l’onestà che si deve alla storia ed al prestigio del Comune di Cremona. 

Roberto Vitali

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