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Welfare: bisogna cambiare prospettiva | Rosita Viola

| Scritto da Redazione
Welfare: bisogna cambiare prospettiva | Rosita Viola

Stiamo vedendo oggi da vicino gli effetti di una crisi economica senza precedenti che sommata ai tagli radicali e lineari inflitti al sistema di welfare e alla mancata ripresa economica genera nuovi poveri. Per anni il sistema di welfare è stato raccontato sempre come un costo assistenziale e mai come strumento di coesione sociale, dunque un investimento, per una società sana e produttiva. Occorre cambiare la prospettiva.

E’ vero le risorse sono scarse, ma le poche, anche a livello locale, vengono utilizzate talvolta per altre priorità. Il sistema lombardo delle doti e dei voucher ha fallito, così come lo strumento della Social Card a livello nazionale. Tante risorse sono state distribuite individualmente, garantendo una soluzione temporanea allo stato di necessità. Risorse che se messe a sistema potevano forse migliorare l’efficacia dei servizi, della progettazione e dei percorsi di autonomia.

Le persone in difficoltà, in condizioni di povertà chiedono aiuto in prima istanza al Comune. E’ necessario rafforzare gli strumenti a disposizione, a partire dal fondo di solidarietà per far fronte alle situazioni di emergenza perché, leggendo i dati, sembra che tra non molto avremo delle belle strade piene di clouchard.

Ma l’approccio alla povertà va ribaltato poiché ancora troppo legato al concetto di contributo come unica risposta alla mancanza di mezzi economici che determina molto spesso una guerra fra poveri alimentata anche da altre logiche (es. italiani contro stranieri). Per prevenire e contrastare la povertà forse è necessario promuovere e attivare possibilità e opportunità a diversi livelli e per tutti a partire dal lavoro. Occorre pensare a un welfare di comunità, fondato sulla solidarietà e sulla condivisione di bisogni e soluzioni per superare una visione economica, basata sul bilancio tra bisogni e risorse disponibili. Il sistema di welfare potrebbe così prefiguarare una possibilità di cambiamento del patto sociale verso una responsabilità individuale e collettiva non assistenzialista.

Infine dal locale al nazionale, in tutte le sedi che vedono protagonista il Comune, a partire dall’ANCI, in una condizione di crisi economica come quella attuale, con livelli altissimi di precarizzazione selvaggia e disoccupazione di massa, è necessario chiedere l’introduzione del reddito minimo garantito. L’introduzione di un reddito minimo garantito – in linea con la risoluzione del Parlamento Europeo che chiede agli Stati membri di inserire questa misura pari al 60% del reddito mediano nazionale - è uno dei modi più efficaci per contrastare la povertà, promuovere l’integrazione sociale e garantire una qualità di vita adeguata alla dignità persone. Siamo tra i pochissimi Paesi europei – oltre a noi solo la Grecia - a non avere alcuna forma di tutela di ultima istanza.

Un reddito minimo garantisce l’autonomia e la libertà di scelta, sottrae dalla ricattabilità del lavoro nero, permette a una generazione di compiere scelte non dettate dalla condizione economica della propria famiglia e di avviare un percorso di crescita formativa, professionale e di vita con una minima rete di protezione sociale. Il reddito minimo non è una semplice protezione o una misura assistenziale, ma un investimento, un’opportunità, una responsabilizzazione degli individui perché tutti possano avere la possibilità di costruire qualcosa per sé e per la società in cui vivono. Opportunità oggi negate in particolare a giovani, donne, partite iva, disoccupati, precari, piccoli imprenditori.

 

Rosita Viola
Candidata a Sindaco di Cremona alle primarie del centrosinistra del prossimo 23 febbraio 2014

rosita.viola@gmail.com

2014-02-05

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