Giovedì, 25 aprile 2024 - ore 23.36

Wertmüllerianamente, spererebbero ancora di cavarsela...

“Dio è morto, Marx pure, e anche io non mi sento molto bene.”

| Scritto da Redazione
Wertmüllerianamente, spererebbero ancora di cavarsela...

Sia ben chiaro che il titolo non sottende l’impulso a gufare contro gli auspici della nomenklatura che sovraintende da anni alla governance del campo del centro-sinistra.

Pur non facendone, almeno formalmente, parte, anzi avendo ripetutamente manifestato, in video e in voce come si suol dire, un avviso fortemente contrario al modo con cui la cosiddetta sinistra è andata organizzandosi a partire dai primi vagiti della Prima Repubblica, è fuori discussione la nostra inclusione, almeno sul piano ideale, a questo campo.

Con Woody Allen oseremmo un sia pur sfruttato “Dio è morto, Marx pure, e anche io non mi sento molto bene.”.

Che, almeno per quanto riguarda lo stato della salute del senior partner, andatosi ad aggregare per fusione dei testimoni del compromesso storico, sarebbe un eufemismo.

Perché anche se non si può dire tecnicamente, il PD e, volendo allargare l’orizzonte dell’analisi (o del tavolo autoptico), l’intero campo è, come già osava un nostro interlocutore dem di alto bordo, un cane morto.

Oh certo, contribuisce all’incupimento delle percezioni lo sconcerto derivante dalla sgangheratezza quotidiana dell’ultimo ciclo dell’avvitamento del défault del progetto del Lingotto. Da cui, al di là di un mai chiaramente scandita declinazione, si intendeva parare verso qualcosa che somigliasse alla socialdemocrazia tedesca, con qualche svolazzo politologico sul partito democratico a stelle e a strisce.

Di tale performance, per rinculare fino agli esordi del “compromesso”, ricorderemo il bombardamento sulla Serbia, lo smantellamento dell’economia mista (con il regalo agli amici dei pregiati pezzi delle aziende partecipate), una manifesta sudditanza ai poteri forti e, ultimo ma non ultimo, lo sfregio simbolico dell’articolo 18.

I testacoda del trend dei consensi elettorali (oltre che di opinione) è andato di pari passo (soprattutto a partire dal 2013) con la perdita di contatto con la realtà e di credibilità con quelli che avrebbero dovuto essere i ceti di riferimento.

E per venire agli ultimissimi snodi, è difficile scansare la consapevolezza dell’imbocco del cul de sac.

E qui diamo la parola ad un autorevole esponente locale e nazionale dem, il deputato Pizzetti, che lucidamente ed impietosamente ha in questi giorni fotografato lo stato dell’arte: “Siamo diventati un partito rancoroso verso la società, riteniamo un’ingiustizia essere andati all’opposizione. Non c’è stata alcuna riflessione sulla sconfitta, ma solo la rimozione totale.”

Il PD è qualcosa di più dell’ircocervo di togliattiana memoria. E’, dal punto di vista del tasso di rappresentanza di un aggregato teorico-pratico in grado di sostenere un progetto di cambiamento della società a misura degli ideali di riferimento, un ectoplasma tout court.

Lo si avverte, nel caso ce ne fosse bisogno, dalla giustificazione dell’alleanza col M5S in chiave di cacciata del sovranismo dalla stanza dei bottoni, che costituirebbe un attacco alla tenuta democratica. Può essere, questo pericolo. In realtà non sfugge la pulsione di un partito il PD, che, nato dalla fusione a freddo tra gli eredi della balena bianca e del berlinguerismo, non è assuefatto alla forma mentis dei partiti culturalmente incardinati nel maggioritario e nell’alternativa. I dem hanno ereditato dalla balena bianca la repulsione della prospettiva di restare anche per brevi periodi all’opposizione e di rinserrare le fila e ridefinire il progetto in lunghe attraversate del deserto. Il PD ha ormai raggiunto il punto di non ritorno dalla dipendenza ai ruoli gestionali.

E questo è, in ovvia aggiunta alle conseguenze dei ruoli governativi di una sempre più montante canea sovranista, il vero perno della destabilizzazione del modello politico e della mission della sinistra.

Se qualcuno vorrà impegnarsi in un progetto resiliente, dovrà cominciare da una consapevolezza di fondo: il PD non può più essere considerato, almeno dal punto di vista della capacità di reggere un decente progetto coerente con la cultura progressista e riformista, il senior partner della sinistra italiana.

E, dato che ci siamo, vorremmo essere impietosamente franchi col coté di cui siamo parte. Quel che resta, sul piano politico-organizzativo della storia del socialismo italiano, è nello stato clinico. I socialisti, in questo quarto di secolo, hanno rivestito una funzione di utilità marginale. Senza mai rivendicare le prerogative discendenti dallo status di partito fondatore del PSE. I detentori della golden share della sinistra per trent’anni lo hanno relegato nella sussidiarietà. Un po’ per mantenere operante il fishing nei confronti, vuoi mai, degli ambienti nostalgici, un po’ per tattiche funzionali all’ottimizzazione, ai fini dei calcoli maggioritari, dello zero virgola.

Insomma, una perdita di ruolo politico compensata da qualche mancia, rappresentata dall’elezione di qualche seggio parlamentare.

Anche su questo si dovrà cambiare registro!

La frammentazione di quel che restava della già disassata intelaiatura della rete organizzativa ed associativa ha raggiunto il punto di non ritorno con il prestito ai timonieri della scissione di ultima generazione del titolo di rappresentanza parlamentare.

Dovranno partire da queste consapevolezze i socialisti che domani si troveranno a discutere a Cremona del modo di riorganizzarsi e di influire sulla volontà e sulla probabilità di invertire la rotta.

L’Eco del Popolo mette a disposizione i propri spazi per veicolare i contenuti di questa generosa testimonianza.

 

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PER UNA COSTITUENTE DELLE COMUNITÀ SOCIALISTE CREMONESI

Relazione di Tommaso Anastasio

 

Amiche e Amici, Compagne e Compagni,

 

Permettetemi di iniziare questo mio intervento con una domanda: perché siamo qui, oggi? ...Perché crediamo nei valori di libertà, giustizia sociale e laicità, ovvero, siamo socialisti, senza ulteriori aggettivi. Ma c’è anche chi tra noi, pur ispirandosi agli stessi valori si definisce radicale, repubblicano, socialista cattolico.

Siamo qui, per libera scelta. Crediamo nella democrazia e vogliamo tornare a dire la nostra. Per “contare” di nuovo nella vita sociale e politica di questo territorio.

Abbiamo tutti noi le idee chiare, su chi siamo e da dove veniamo, ma oggi, qui e adesso occorre fare una serie di riflessioni su come vogliamo stare insieme e quale azione mettere in campo nella nostra provincia.

Permettetemi, dunque, una prima riflessione:

il mondo non è migliore ad oltre vent’anni dalla diaspora e dall’affermazione dei nuovi movimenti e partiti politici formatisi e affermatisi durante il “principio della nostra fine”, gli anni ‘90. La storia, non solo si è fermata, ma sembra pure essere tornata sui suoi passi. Da allora, quel che rimaneva del PSI si è via via impoverito di donne e di uomini, di linfa vitale e preziosi ricordi, fino (al canto del cigno) ai giorni nostri.

È emblematico come nel tempo i Compagni, che per mille ragioni diverse si sono trasferiti armi e bagagli in altri partiti, di destra e di sinistra, simboleggiano la nostra forza e contestualmente la nostra debolezza che sintetizzando potrebbe essere: “a tutti facciamo comodo ma non riusciamo ad esserlo per noi stessi, magari in una casa tutta nostra”. Qualcuno, forse in troppi, confondono la bellezza e la purezza dei valori sopra citati con la presunta verità delle loro idee. Altresì, credo che l’affermazione di quei valori sia conseguibile solo con i giusti Compagni di viaggio nella consapevolezza che il mondo sarà pure trasformabile, ma di certo non potrà mai giungere alla perfezione!

Abbiamo così perso la Trebisonda, dimenticandoci dei lavoratori e dei pensionati dei giovani, e, in senso più ampio, di tutti i diritti sociali! Le nostre battaglie.

Essere Socialisti, oltre tutte le possibili declinazioni del Socialismo, significa discutere interpretando i nostri ideali; criticare ma sempre all’interno della dialettica; fare sintesi per via democratica ed infine proseguire uniti.

Dei massimalisti ad oltranza, dei “socialisti di destra” (un ossimoro) e di chi è perennemente in disaccordo sulla linea tracciata, mirando a dividere, piuttosto che ad unire, possiamo farne a meno. Serenamente.

La pluralità di idee va considerata una risorsa, perché arricchisce i dibattiti, ma se viene utilizzata, pretestuosamente, per non partecipare al progetto o addirittura per dividere, beh, allora qualcuno ha sbagliato sport e gli consiglio di darsi all’ippica!

Le derive populiste (Lega) e sovraniste (Fratelli d’Italia) il ricorso a nuove forme di democrazia interna di dubbia efficienza/efficacia/trasparenza (M5S) vanno considerate come conseguenza di uno smarrimento trasversale a tutti gli schieramenti politici, da destra a sinistra, i quali non sono più in grado di esprimere delle caratteristiche proprie, distintive, come in passato. Questi partiti, sembrano svolgere il “compitino”, senza una visione o una prospettiva di ampio respiro, al pari di una lista civica su scala nazionale. Anche quei soggetti politici che si dichiarano “antisistema” nella pratica sono omologati al pensiero unico dominante, secondo i desiderata dei nuovi padroni, gli oligarchi della finanza globalista. L’accettazione del mondo così com’è e il fare politica secondo le regole del nemico, ignari, sconfortati o rassegnati all’idea che il mondo non sia più trasformabile, senza più riuscire a pensare altrimenti. Ecco, come secondo questa logica, ad esempio, una battaglia per l’affermazione di alcuni diritti senza un retro-pensiero critico, ideologico, e magari Socialista, può portare ad affermare gli obiettivi del “nemico” anziché gli onesti principi.

Aneliamo una società più giusta, più equa e più libera. La nostra progressiva assenza, dagli anni ‘90 in poi, ha contribuito all’arretramento sulle conquiste sociali; allo smarrimento del significato del “fare politica” ed al suo imbarbarimento. Viviamo nell’epoca dello sbandamento perfino da parte del CSM il quale porterà inevitabilmente ulteriore insicurezza e mal di pancia fra i cittadini. Il nostro è il paese dove l’evasione fiscale non ha eguali fra quelli più avanzati, così come la pressione fiscale, iniqua ed ingiusta, sia nei confronti dei cittadini che delle imprese.

Altro paradosso: allo stato si chiede di lasciar fare (secondo il laissez-faire del liberismo economico) poi però si chiede allo stato di farsi carico dei dipendenti in Cassa Integrazione (a fronte di piani di ristrutturazione inconsistenti o pretestuosi) fino alla peggiore delle ipotesi, nella gestione degli esuberi e il sostegno alle loro famiglie per cessata attività, secondo il detto, ormai popolare, “privatizzare gli utili socializzare le perdite”.

Il sistema scolastico che pur tra mille difficoltà, sforna menti eccelse, va ad arricchire i paesi esteri.

Questione immigrazione: il buonismo acritico delle sinistre è collimato col volere dei potentati, col duplice effetto di importare mano d’opera a basso costo (i nuovi schiavi) e di comprimere i diritti duramente conquistati a caro prezzo e col sangue dai lavoratori.

Il popolo africano, in particolare, è oggi ancora più sfruttato dalle tante multinazionali grazie anche alla complicità di alcuni politici corrotti (se non nella indifferenza più totale della politica tutta).

Un vero Socialista lotterebbe per loro emancipazione e non per favorirne la fuga dalle proprie terre.

Per tutto ciò, non possiamo fare un’analisi onesta della situazione sociale, politica ed economica odierna, senza uno spirito critico alla modernità, all’ideologia unica, imperante e più pervasiva della storia.

Siamo già oltre quel “vecchio capitalismo” come lo conoscevamo e che tentavamo di governare o, nella migliore delle ipotesi, di correggere.

Il centro-sinistra odierno, annichilito e prono ai desiderata dei gruppi di potere, non è più in grado di elaborare programmi di governo che non siano stilati su mere basi tecniche, secondo la logica dei freddi numeri (i famosi saldi invariati) o in base all’utilitarismo di parte, quella opposta a lavoratori ai giovani ed ai pensionati...

Equilibrio fra meriti e bisogni, la tutela dei più deboli, delle minoranze, delle diversità e delle libertà, il sostegno alle famiglie, sempre più svilite, cellule fondanti di una comunità degna di questo nome, la logica dell’interesse comune, il contrasto alla disgregazione degli stati sovrani in favore della globalizzazione. Rispetto a quest’ultimo punto è sicuramente compiuta la libera circolazione delle merci, piuttosto che delle persone.

Il mainstream dell’informazione, la neolingua con i suoi anglicismi (secondo le predizioni di Orwell) contribuiscono alla confusione nell’opinione pubblica e alla distorsione a senso unico della realtà.

L’Europa esiste solo come BCE e moneta sovranazionale che basa il suo sistema sul debito (con tutte le sue contraddizioni) il consumismo e il concetto di illimitatezza.

Non siamo per la decrescita felice, ma nemmeno per la crescita come parametro di riferimento per la qualità della vita, o precondizione per il sostentamento delle classi più deboli. La redistribuzione di una consistente parte della ricchezza è imprescindibile: c’è chi ha troppo e chi a troppo poco. E qui i meriti non c’entrano nulla, semmai c’entrano i favori, in primis, di natura fiscale e altro ai soliti noti. Si pensi alle multinazionali, all’e-commerce, etc...

 

L’inesorabile declino di Forza Italia, direttamente proporzionale a quello del suo leader e fondatore, molto probabilmente porterà ad un rimescolamento e riequilibrio delle forze di centro-destra con in primis i “partiti-personali” di Lega-Salvini e Fratelli d’Italia-Meloni oltre a ciò che rimarrà del partito fondato da Berlusconi. Nel centro-sinistra rimane il PD con ancora tutte le sue contraddizioni ora al governo con un ondivago M5S privo di anima, che ha costruito le sue fortune (come la Lega) sui molti delusi, soprattutto del centro sinistra e appartenenti ai ceti più sofferenti.

Noi siamo altro. Non agiamo nel nome di un capo, non ci interessa redigere un contratto di governo (termine infelice) ma pensiamo a qualcosa di più grande e più nobile, basato sulla progettualità incardinata sui nostri ideali, in coerenza con i valori e del quadro generale della nostra visione di società.

Non può esserci alcuna ricostruzione politica che prescinda dai valori fondanti del Socialismo.

Dobbiamo, umilmente, riaffermare la nostra cultura, prima ancora della nostra storia, Non potremo tornare ad essere quelli di un tempo.

Cambiamo noi stessi ed il nostro modo di fare per affermare le stesse, valide, ragioni del passato. Abbracciamo le istanze di chi per vari motivi persegue i nostri stessi obiettivi e penso ai Radicali, ai Repubblicani, alle associazioni politiche e culturali che si rifanno ai nostri stessi ideali.

Dobbiamo riavvicinarci ai giovani e non il contrario. Essi sono i più colpiti da questa crisi di valori, soffrono del più alto tasso di disoccupazione di tutti i tempi, smarriti, senza ideali né obiettivi. I più non conoscono nemmeno il sindacato.

Contribuiamo alla condivisione della conoscenza in campo amministrativo con sindaci, consiglieri ed assessori di tutta la provincia.

Realizziamo Forum tematici nei quali ci si possa aggiornare o si possano formare nuovi quadri, nuovi rappresentanti politici degni di questo nome. Che possano fare esperienza, fin dalle liste civiche, comune per comune, e così a salire, con pazienza e soprattutto con coerenza che vuol dire anche mantenendo aperto il dialogo con tutte le forze di sinistra, evitando un inutile e controproducente isolazionismo.

L’autonomia è ben altra.

Anche mantenere un canale permanente di dialogo col PD di Cremona, non lederà la nostra autonomia di pensiero, di critica onesta e coerente con la nostra visione del mondo.

Ci riteniamo, infatti, autonomi rispetto all’evolversi dello scenario nazionale, ovvero, senza apparentamenti a questo o a quel Partito, a questa o a quella associazione. Per contare occorre una certa massa critica e ad oggi nessuno è in grado di produrla.

Quale possibile futura soluzione, dunque?

Proponiamo un patto federativo di tipo “amministrativo” su base regionale tra partiti politici locali, associazioni politico-culturali e chiunque creda nell’aggregazione e nell’organizzazione sul territorio per ricostruire la base e la partecipazione della nostra gente e non solo.

Proponiamo una costituente nazionale prettamente “politica” generata dalla sintesi delle espressione e delle sensibilità territoriali con l’azzeramento delle precedenti cariche dei dirigenti che vorranno farne parte.

 

Torniamo a noi e a cosa possiamo fare oggi, nel nostro territorio.

Costituiremo una Rete di Comunità che dibatta sulle varie tematiche e si esprima pubblicamente in piena autonomia. Avremo un portavoce ma non necessariamente un segretario, un Consiglio Direttivo e un’Assemblea “aperta” ai tesserati della nostra Comunità, oltre ai tesserati di Partiti affini al nostro movimento e ai non iscritti, con diritto di parola ma non di voto.

Una Comunità predisposta ad integrare in sé le testimonianze di ispirazione laica, civica e riformista che attualmente o non sono sufficientemente accreditate nell'attuale struttura partitica del centro-sinistra o sono, relegate in una minorità di solitudine o di marginalità.

Tra questi ultimi, se volessero chiedere di entrare come membri effettivi dell’Assemblea o candidarsi in liste che godono del nostro appoggio, dovrà necessariamente assumere pieni diritti e doveri con l’effettivo tesseramento alla Comunità.

Saremo snelli, ma non a discapito della trasparenza interna.

Saremo agili, ma sempre coerenti con le linee decise dai vari gruppi di lavoro.

Per fare ciò i gruppi di lavoro territoriali (cremasco, cremonese e casalasco) condivideranno ogni tipo di informazione o comunicazione da e verso l’esterno, agendo autonomamente nella propria area territoriale.

 

Poiché oggi, per quanto precedentemente affermato, il centro-destra e il centro-sinistra, nella prassi, sono quasi intercambiabili, noi ci proponiamo di pensare e fare cose Socialiste, ovvero, secondo la chiave di lettura odierna, né di destra né di sinistra, ma bensì, noi intendiamo tornare per essere La Sinistra!

 

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Nuovo colpo alla credibilità politica

Comunicato del 15 settembre 2019 della Comunità socialista cremasca

 

La Comunità socialista cremasca, dopo aver già espresso la propria contrarietà alla formazione del governo Cinque stelle, PD e LEU, nato senza un chiarificatore ricorso alle urne, prende atto della fase apertasi e della necessità di insistere nella ricostruzione di una nuova e rappresentativa forza socialista nel nostro Paese.

Il trasformismo alla base dell’intesa raggiunta, non merita alcuna preventiva fiducia, ma ragionevolmente solo della incredulità verso una coalizione che d’incanto afferma di aver risolto le divergenze programmatiche in essere, nonché disinvoltamente dimenticato gli insulti scambiatisi fino a ieri. Quanto accaduto, seppur istituzionalmente legittimo, è un irresponsabile contributo allo sgretolamento dell’etica politica, della credibilità dei partiti e dei loro esponenti principali. Ciò premesso, valuteremo prioritariamente il dispiegamento delle proposte annunciate in campo sociale, quelle inerenti il mondo del lavoro, delle famiglie e del futuro delle nuove generazioni, in stretta relazione con i nostri impegni più generali tesi a: smascherare gli imbrogli della seconda repubblica, come la personalizzazione della politica, il superamento dei partiti, le leggi elettorali di tipo maggioritario.

riallacciare i rapporti con gli uomini e le donne di cultura, con i tanti giovani preoccupati del loro futuro, con le associazioni, ed i circoli attivi nel sociale, lavorare per la definizione di un progetto minimo comune sulla democrazia, sul lavoro, sull’ambiente, superare ogni particolarismo che possa essere di ostacolo alla ricostruzione di un partito socialista del XXI secolo, degno della propria storia.

Dopo anni di partecipazione al voto, spesso per senso civico, i socialisti ovunque collocati, non possono rinviare oltre l’apertura di un confronto straordinario che porti esplicitamente alla rinascita del socialismo italiano e quindi alla presentazione di liste unitarie e autonome in ogni elezione.

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