Venerdì, 29 marzo 2024 - ore 16.41

Come uno psicologo ha rovinato la nostra famiglia

| Scritto da Redazione
 Come uno psicologo ha rovinato la nostra famiglia

La vicenda diffusa dalla Repubblica e dal TG2 ripropone la polemica sul ruolo degli psicologi nelle scuole

Parma. Ora sono una famiglia serena e felice ma qualche anno fa il sistema (psicologo scolastico e Servizi sociali) aveva deciso di sottrarre la loro figlia con un'accusa pesantissima: molestie sessuali sulla loro stessa figlia. Ma poi l’accusa è caduta come un castello di carte di fronte a ben 7000 intercettazioni che provavano la loro innocenza. La famiglia ha deciso di raccontare la sua storia, anche per le altre famiglie che non possono e non vogliono parlare: "Vogliamo farci avanti anche per loro, perché spesso si è costretti a tacere, per timore delle ripercussioni". Questa vicenda ripropone l'attualità del ruolo delicato dei Servizi sociali e degli psicologi scolastici in un quadro normativo che avrebbe bisogno di maggiore attenzione e rigore. E il loro non è un caso isolato. Sono migliaia le famiglie – in tutta Italia – coinvolte in situazioni analoghe, spesso con conseguenze drammatiche.

La vicenda nasce da una vecchia segnalazione ormai archiviata e mai verificata accuratamente. La bambina (che ora ha 19 anni e vive felicemente con la sua famiglia) a quel tempo aveva 14 anni, nel pieno del classico periodo di ribellione adolescenziale. Lo psicologo della scuola inizia ad avere colloqui con lei e cattura la sua fiducia facendole “immaginare” cose che in realtà non sono mai successe. Come dichiarato dalla mamma al quotidiano nazionale La Repubblica: "Lo psicologo la prende durante le ore di lezione, la fa parlare di abusi e maltrattamenti, tutto a nostra insaputa, gli incontri avvengono 2 o 3 volte a settimana, senza il consenso informato. Nessuno ci dice nulla. La prende a carico, ma noi non abbiamo mai autorizzato ad avviare pratiche psicologiche". E sulla base della relazione soggettiva dello psicologo basata sulle “fantasie” della ragazza iniziano le indagini, e purtroppo la figlia viene allontanata senza alcun reale riscontro oggettivo. Anzi, la famiglia ha subito 7mila intercettazioni ambientali e 860 telefonate registrate che dimostrano il contrario.. Ma ormai la macchina burocratica della tutela minorile si è mossa rovinando la vita di un’intera famiglia.

Questa vicenda riporta in auge il tema della presenza dello sportello psicologico nelle scuole. Lo psicologo è un professionista della salute mentale che subentra quando ci sono degli stati patologici. Il suo è quindi un ruolo sanitario. Purtroppo spesso i genitori non sono adeguatamente informati su questa figura e sulle attività svolte da questi professionisti nelle scuole. In primo luogo è profondamente sbagliato inserire una figura sanitaria in un contesto pedagogico. Mentre la scuola è volta al miglioramento individuale, la psicologia si occupa della risoluzione di un disagio da un punto di vista patologico, e non relazionale e pedagogico. E c’è un inevitabile conflitto d’interesse: lo psicologo lavora in presenza di una patologia, quindi che cosa succede se nella scuola non ci sono soggetti patologici?

I genitori non sono altresì a conoscenza del fatto che il loro figlio viene sottoposto a pesanti e invasive tecniche psicologiche che, soprattutto nel caso in cui loro figlio non abbia alcuna reale patologia, potrebbero persino minare la sua stabilità psicologica. Non si tratta di un semplice “parlare con qualcuno per sfogarsi”. Questi colloqui sono interventi sanitari che agiscono sulla mente e psicologia dei ragazzi, il tutto all’insaputa dei genitori. E spesso le terapie vengono somministrate senza un vero e proprio percorso psicologico dato che il ragazzo non è certamente lì per curarsi ma per avere un’educazione. Non si tratta solo delle conseguenze drammatiche esposte nella vicenda di cui sopra. Nella maggior parte dei casi i genitori non ne sanno nulla; firmano un generico piano scolastico, ma non certo il pieno consenso informato che dovrebbe essere obbligatorio per l’applicazione di qualsiasi intervento sanitario.

È necessario un intervento del Ministero dell’istruzione che disciplini severamente la presenza degli psicologi nelle scuole superiori, il consenso informato ai genitori e l’applicazione delle tecniche psicologiche sugli studenti che a quel punto sono in realtà dei “pazienti”. Oppure gli psicologi dovrebbero essere riportati nel loro contesto naturale che è l’ambito sanitario. E forse parte del declino della scuola attuale è dovuto anche a questa confusione sui ruoli delle figure presenti nella stessa. La questione meriterebbe uno studio maggiore. La scuola non è una clinica, ma un luogo di cultura e di crescita umana.

Il Comitato dei Cittadini per i Diritti Umani raccomanda di informarsi attentamente su quello che succede ai propri figli nelle scuole, di non accettare alla leggera alcun test o percorso psicologico e di richiedere accurate analisi mediche prima di tale percorso e l’applicazione del pieno consenso informato secondo il Codice di Deontologia Medica art. 33, 34 e 35.

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