Lunedì, 13 maggio 2024 - ore 18.41

Il Novecento cremonese | ELISA SIGNORI

| Scritto da Redazione
 Il Novecento cremonese | ELISA SIGNORI

Il volume della storia di Cremona del ‘900.
“Nessuno può scrivere la storia del ventesimo secolo allo stesso modo in cui scriverebbe la storia di qualunque altra epoca”: così suona l’esordio di un fortunato libro di Eric Hobsbawn, attento a rilevare tanto la problematica sovrapposizione dei ruoli di storico e insieme di testimone/attore, che è propria dell’età contemporanea, quanto la difficoltà concettuale di padroneggiarne la sterminata letteratura storica e le fonti, conservate estensivamente.[1]

Anche riducendo la scala, ossia, come nel nostro caso, restringendo lo sguardo a un orizzonte cittadino, le difficoltà restano: il va e vieni esplicativo tra dimensione storica nazionale e dimensione locale è cardine irrinunciabile dell’indagine e le fonti periferiche – d’archivio, a stampa, iconografiche e persino orali – necessariamente rimandano a fonti più generali, quelle, per intenderci, degli archivi istituzionali centrali, ma anche regionali, in un corpus di documenti, testimonianze, tracce, incontrollabile nella sua interezza, ambiguità e molteplicità.

Microcosmo e macrocosmo si implicano reciprocamente nel gioco delle costanti e delle variabili, delle anomalie e delle peculiarità, così come, rispetto allo scorrere del tempo, la vicenda locale rivela un suo inconfondibile ritmo, con anticipazioni e ritardi da individuare e comprendere. Ma resta il fatto che le declinazioni cittadine e provinciali dell’Italia novecentesca compongono un mosaico di problemi, generazioni, attori, lessici, tendenzialmente sconfinato e solo apparentemente facile da decifrare.

Per tutte queste ragioni le linee di ricerca di cui si dà conto nel presente volume si ritengono rilevanti e dense di significato per una visione d’insieme della storia cremonese del secolo scorso, ma non pretendono all’esaustività e alla completezza.

Ovviamente non tutta la vicenda novecentesca cremonese è terra inesplorata. Gli autori di questi saggi hanno potuto giovarsi di pregevoli contributi di storiografia e cronaca cittadina. La letteratura esistente è, tuttavia, a macchia di leopardo, con zone d’ombra che si infittisce quando si abbandonano i ‘generi’ di scrittura storica più coltivati, come la biografia, la memorialistica o l’aneddotica.

Il caso delle biografie dedicate a Farinacci è, al proposito, emblematico: il cono di luce proiettato sul personaggio-chiave finisce per oscurare il contesto cittadino, le cui dinamiche paiono sussunte nella parabola esistenziale di chi vi si è imposto quale incarnazione del pervasivo sistema di potere fascista.[2] Come osserva in questo volume Luciano Zani, “Cremona fascista, per Farinacci, è, a seconda dei casi e dei momenti, trampolino di lancio e vetrina del suo potere nazionale, e feudo fedele e sicuro in cui resistere ai rovesci e rifugiarsi dopo le sconfitte”; e dunque “la storia di Cremona dal 1922 al 1943 non può non risentire di questa peculiare ‘esposizione’ alle dinamiche nazionali”.

Obiettivo di questo volume è di riscattare l’immagine storica della città da tali ricorrenti ‘sovraesposizioni’ e, continuando nella metafora fotografica, conquistare punti visuali diversi, per metterla a fuoco nell’insieme e nei particolari, dall’interno e dall’esterno, ora con lo zoom ora col grandangolo.

Certo si addice più l’articolo indeterminativo a questo Novecento cremonese, che non quello determinativo, ambizioso e perentorio: il risultato della collettiva impresa di ricerca, che qui si propone, è infatti una delle possibili traversate di un’epoca tormentata, che continua a porci ardui problemi di comprensione sullo sfondo di un bilancio storiografico tuttora aperto e conflittuale. Il che non significa trincerarsi dietro un’affermazione di discutibile relativismo storico, né indulgere a un’esibizione di modestia, l’uno e l’altra inopportuni per i testi qui raccolti. Fondati su fonti in gran parte inedite, questi saggi non rinunciano a un taglio critico e interpretativo, pur coniugando l’impegno scientifico con l’intenzionale apertura a un più ampio pubblico di lettori. In altre parole, dire di un Novecento cremonese equivale alla preliminare avvertenza che la contemporaneità di questa storia è, nelle pagine che seguono, una sfida consapevolmente accettata con tutti i connessi limiti e condizionamenti. Altri utili percorsi di ricerca si potrebbero tuttavia tentare se la tirannia dello spazio non imponesse alcune scelte di fondo e, anzitutto, non consigliasse una specifica partitura dei tempi del volume.

Quando cominci il Novecento a Cremona è quesito forse capzioso, ma non eluso in questi saggi. Non è una semplice misura aritmetica del tempo quella cui ci riferiamo, ma piuttosto l’individuazione di un punto di svolta che non necessariamente coincide con l’avvio del nuovo secolo. Se in un registro politico-amministrativo il biennio 1900-1901 pare davvero il contesto di un cambio di passo, con l’avvento di un nuovo clima di liberalismo più arioso e di socialismo riformatore e pragmatico, negli equilibri della Chiesa cremonese il Novecento sembra invece iniziare più tardi, chiuso il lungo episcopato bonomelliano e avviato nel 1914 con Cazzani un nuovo corso, segnato da un approccio moderno alla ‘questione sociale’ e dal confronto problematico col ‘battitore libero’ Guido Miglioli, “adorato dal popolo, cordialmente odiato dalla borghesia”.[3]

Che il Novecento anche a Cremona sia un secolo, per così dire, a geometria variabile a seconda del punto visuale adottato lo si capisce ancor meglio quando si guardi all’economia: il suo ‘giro di boa’ si colloca assai prima, a fine Ottocento, quando, debellata la crisi agraria, l’agricoltura cremonese assume “un profilo destinato a rimanere inalterato fino alla metà del secolo” successivo. Quella ‘grande azienda modello’ che è il Cremonese sceglie allora di fare perno sulle culture foraggere e su quel solido fondamento costruisce poi un assetto economico, con un comparto industriale modesto e tradizionale, di lunga durata.

Pur con queste anticipazioni e slittamenti, l’esordio del Novecento è comunque una coordinata riconoscibile nei saggi qui presentati, mentre assai più controversa è l’individuazione del punto d’arrivo del percorso complessivo. Quando si volta pagina a Cremona? qual è la cesura plausibile per chiudere questo sguardo sul XX secolo? La risposta adottata in queste pagine non è di indole interpretativa, ma piuttosto modellata dal panorama della ricerca e dalle realistiche possibilità di approfondimento.

Gli studi si rarefanno sempre più quando ci avviciniamo al tempo presente, tanto che si potrebbe parlare di una singolare presbiopia che ci fa vedere meglio il profilo della Cremona romana o comunale che non quello della città nel rilancio postbellico degli anni Cinquanta, “l’età dell’oro” per usare ancora le parole di Hobsbawm, o, peggio, la lunga crisi tra lo scossa sessantottesca, gli ‘anni di piombo’ e la svolta del 1989. Del resto, gli anni Settanta e Ottanta costituiscono una frontiera che solo di recente la storiografia italiana ha cominciato a varcare proficuamente, cimentandosi con analisi mirate a cogliere nel paese l’impatto della guerra fredda e la distensione, l’emergere del terrorismo e dello stragismo, fino all’implosione del sistema politico della cosiddetta Prima Repubblica.

Alla luce di questo ancora iniziale impegno storiografico, di fronte alla parziale accessibilità delle fonti d’archivio, protette dalla riserva quarantennale e dai versamenti episodici della documentazione istituzionale, si è ritenuto di non prolungare oltre gli anni Sessanta questo viaggio nella Cremona novecentesca. È una limitazione di campo che rimanda ad altra sede e tempo il ripensamento sull’ultimo trentennio, consentendo d’altronde nello spazio assegnato di affrontare con doveroso approfondimento un ciclo storico straordinariamente denso di eventi e problemi, cruciali per l’Italia come per Cremona.

Due sanguinose guerre mondiali, o forse una sola lunga guerra durata trent’anni, anticipata però dal conflitto italo-turco per il possesso della Libia, accompagnata nel 1936 dall’aggressione all’Etiopia, contrassegnano questo Novecento; un’esperienza di guerra civile, nelle campagne e nelle strade della città padana, intrecciata all’avvento della dittatura e riesplosa al momento del suo drammatico fallimento, l’occupazione terroristica da parte di polizie ed eserciti stranieri – “Ho quattromila camicie nere e mille soldati tedeschi, tutti pronti. In due ore posso spianare la città...”, minacciava Farinacci ancora alla vigilia della sconfitta[4] –, la città ferita dai bombardamenti, dai lutti, dalla paura; una democrazia incompiuta e intermittente che si riscopre repubblicana e cerca di governare la metamorfosi della società rurale: bastano questi cenni a individuare un tracciato punteggiato di eccessi e di traumi, difficilmente comparabile con le esperienze di epoche precedenti.

I contributi della prima parte dell’opera dipanano diacronicamente tale scansione, dalla belle époque al fascismo – scorporando in un saggio ad hoc la parabola di Farinacci nella storia del PNF per dare spazio all’evoluzione della città nel Ventennio –, alla catastrofe della guerra e al dopoguerra repubblicano. Ma la storia politica, i luoghi e le forme del potere non occupano tutto il quadro, arricchito e completato da letture trasversali, ove si inseguono e illuminano dimensioni specifiche della vita cittadina, dall’economia all’urbanistica e all’architettura, dalla scuola allo sport, alla sociabilità e al loisir, dal mondo della carta stampata alle peculiari espressioni dell’identità artistica locale, ivi compresa la rinascita/reivenzione della tradizione liutaria, fino alle figure esemplari di un impegno femminile da riscoprire e allo specchio della letteratura, che contrappunta questo aggrovigliato percorso.

Infine, la sfida della contemporaneità comporta di misurarsi con usi pubblici del passato e politiche della memoria che ingombrano particolarmente il terreno dell’età contemporanea, saldandosi a visioni soggettive, familiari o di gruppo, sentimentali o ideologiche, che attualizzano, talvolta banalizzano, quanto di ieri ci appare ancora prossimo, spesso strumentalmente appiattito sulle istanze del presente. Lo sforzo perseguito in queste pagine è stato anche di difendere il nostro comune passato dall’assedio delle urgenze politiche, come dagli abusi della memoria, riportando al centro l’esigenza di comprendere processi e contesti, comportamenti e mentalità, persistenze e mutamenti e di emettere, non verdetti di colpa o assoluzione, ma ipotesi e interpretazioni da verificare e discutere. La collaborazione di discipline diverse e di studiosi di varia estrazione metodologica può dare slancio a questo sforzo e aiutare a dissipare quel simbolico “banco di nebbia” che forse ancora avvolge la città rossa.[5]

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Sommario
SOMMARIO

 

Elisa Signori

Democrazia in cammino a Cremona (1900 - 1922)

Tra sviluppo, guerra e guerra civile

Luciano Zani

Il fascismo e la città

Emilio Gentile

Farinacci e Mussolini. Un devoto antagonista

Maria Luisa Betri

Vivere la guerra. La città e il fronte interno (1940 - 1945)

Marco Minardi

“Di sentimenti caparbiamente avversi al fascismo”. Antifascismo e Resistenza a Cremona

Luigi Ganapini

L’ultimo fascismo

Pierangelo Lombardi

La Repubblica e la ricostruzione democratica. Ceto politico e dinamiche elettorali del secondo dopoguerra

Giorgio Bigatti

Una metamorfosi inavvertita. L’economia cremonese nel lungo secolo breve

Andrea Foglia

La Chiesa cremonese

Massimo Terzi

Una città poco rispettata. Lineamenti di architettura e urbanistica.

Matteo Morandi

L’istruzione e le politiche educative

Marina Tesoro

Profili femminili fra cultura e politica

Anna Modena   Anna Antonello

La città di carta

Michele Cattane

Sport e sociabilità cittadina. La dimensione pubblica del tempo libero

Valerio Guazzoni

Le vicende artistiche dall’Esposizione del 1910 al Premio Cremona. Il primo Novecento cremonese

Antonio Moccia

Come un’araba fenice. La liuteria a Cremona nel Novecento

Anna Modena

La città letteraria

 

Per saperne di piu’
Storia di Cremona IL NOVECENTO
https://www.welfarenetwork.it/storia-di-cremona-il-novecento-20131216/


[1] E.J. Hobsbawm, Il secolo breve, trad.it. Milano 1995, p. 7.

[2] Al proposito, R.A. Rozzi, I cremonesi e Farinacci, Cremona 1994 (Annali della Biblioteca Statale e Libreria Civica di Cremona, 42).

[3] Si veda il saggio di A. Foglia in questo volume.

[4] La citazione è tratta dal saggio di L. Ganapini sempre in questo volume.

[5] Sui percorsi cremonesi di G. Soavi, Un banco di nebbia. I turbamenti di un piccolo italiano, Torino 1991, e di C. Stajano, La città rossa, Milano 1962, si rimanda al saggio di A. Modena infra.

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