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22 giugno Il grande corteo del lavoro A Roma

| Scritto da Redazione
22 giugno Il grande corteo del lavoro  A Roma

Voci dalla manifestazione di Roma: giovani, donne, pensionati, esodati, precari. Dalla Indesit alle acciaierie di Terni. I lavoratori di Cgil, Cisl e Uil riempiono la piazza: "Finalmente siamo uniti, dobbiamo lottare insieme" DI SARA PICARDO

Il lavoro unisce l'Italia. Dal Sud al Nord. Non è un caso che dietro lo striscione che apre il corteo partito da Piramide dei sindacati confederali,  ci siano Vincenzo, Maria e Arcangelo, rispettivamente iscritti alla Cisl, Cgil e Uil. "Finalmente dopo 10 anni siamo di nuovo insieme", dice Arcangelo, 58 anni, di Genova. "Il lavoro è democrazia", recita lo striscione che tiene tra le mani, più che una promessa è un monito. "Da soli non possiamo sopportare questa guerra", grida il lavoratore, impiegato delle Poste di Genova.

Gli fanno eco da Piazza della Repubblica altri migliaia di lavoratori giunti da tutta Italia, anche per loro l'inizio del corteo è un simbolo: il Quarto Stato, un flash mob inscenato dalla Flai Cgil che rappresenta in costumi d'epoca il celebre quadro di Pellizza da Volpedo. Il corteo prosegue preceduto da un camioni, sopra una donna dice al microfono: "Senza lavoro non c'e' democrazia, il lavoro è democrazia". Le sue frasi sono intervallate dalla musica a tutto volume di Manu Chao, Rino Gaetano e della Bandabardò. "Puntiamo tutto sul lavoro, per i giovani e le donne che ne sono senza. Per farlo c'è bisogno di nuovi investimenti che crei nuovo lavoro".

I volti si collegano alle storie: Angelo, 74 anni, viene da San Ferdinando di Puglia, è iscritto alla Cgil dal 1948. Sta manifestando con i sindacati insieme alla moglie. "Faccio il bracciante da quando avevo 11 anni, ora ne ho 74 - queste le sue parole -. Sono fiero della mia tessera d'oro del sindacato, il sindacato è una potenza". Nonostante il caldo e l'età è in piazza insieme ai lavoratori precari della scuola, agli esodati non ancora salvaguardati dal Governo, ai cassintegrati e licenziati senza prospettive.

"La solidarietà non si deve fermare – dice Vincenzo, professore iscritto alla Cisl di Bari – questo Governo ha promesso 100milioni per l'edilizia scolastica, ma servono altre assunzioni e un piano stabile che non lascia più l'istruzione nell'emergenza". Un lungo striscione dietro di lui attira l'attenzione: "Più forti del terremoto. Noi non molliamo. Voi non mollate". Sono i lavoratori di Reggio Emilia, che chiedono al governo e al paese di non essere lasciati soli dopo il sisma che ha colpito la zona. "nella zona del cratere sono andati persi 1940 posti di lavoro nell'ultimo anno, la crisi sta stroncando le aziende, servono politiche industriali forti, per il lavoro e la tutela di tutti", dice Tania, della Cgil di Modena.

I pensionati non si contano, allegri, colorati, questa volta non solo di rosso: "Siamo qui per i nostri figli e nipoti. Per i giovani. Sono loro i più penalizzati da questa crisi e dalle scelte nefaste dei governi precedenti", afferma Maria, 64 anni, pensionata del commercio, tessera dello Spi e amica di Sabrina, 62 anni, pensionata Cisl, che ha un figlio disoccupato e un nipote precario. "Siamo stati soli tante volte nelle piazze – insiste Maria, ma nelle battaglie vere dobbiamo stare insieme. Noi anziani abbiamo bisogno di migliori condizioni di lavoro, molti pensionati sono alla fame, la mia amica vive con un pensione di 700 euro. Come si fa?"

"Inoltre serve una legge che tuteli i non autosufficienti, è brutto dopo una vita di lavoro e amore pensare di dover pesare sui propri familiari", Milena si commuove, viene da Taranto, sua marito lavorava all'Ilva, ora è malato di tumore e non sa se ce la farà. Una voce di speranza la danno le donne: "La forza del pluralismo è questa – dice Liliana della Cisl, dietro lo striscione rsa che tiene c'è anche Alessandra della Cgil: "Siamo sempre state insieme nella lotta contro la violenza sulle donne – dice – anche a piazza Navona e in ogni manifestazione. Le battaglie delle donne sono comuni".

Alessandra insiste: "Le dimissioni in bianco sono un orrore che colpisce in troppe, trasversalmente. Dobbiamo unirci e lottare". Questa giornata non lascia il tempo di sentirsi soli, anche se la perdita del lavoro fa piombare nella solitudine, come Michele, 31 anni, licenziato dalla Obi Modena per la sua attività sindacale: "Sono preoccupato, ma non mi sento solo. Lotto". Come lotta il Comitato dei lavoratori in mobilità della Basilicata, che si sono uniti in un Coordinamento: "Chiediamo al Governo che faccia qualcosa, ormai viviamo con 350 euro al mese" dice Michele, 24 anni alla Pirelli e da 8 in mobilità. Insieme a lui tanti giovani, vittime dell'illusione di un lavoro che nel Sud non c'è: "Non vogliamo vivere di elemosina ma di dignità e lavoro, possiamo essere impiegati in lavori utili, nella forestazione. Perchè non ci assumono invece di lasciarci languire?", si chiede Alessio, 3 anni alla Cucirini, ora in mobilità a 300 euro.

Non solo Sud, però, la perdita di diritti tocca pure l'Emilia. Lo racconta Renzo, 1100 euro per lavorare anche la domenica alla Coop di Reggio Emilia. "Le donne sono l'80% della forza lavoro e sono penalizzate più degli uomini, dovendo rinunciare alla famiglia per lavorare anche il week end". Il Paese che è sceso in piazza non molla, e lo gridano forte i vigili del fuoco precari, come Carmelo e Nicola, vigili precari rispettivamente da 20 e 12 anni. "Noi lavoriamo con contratti di 20 giorni per non più di 160 all'anno, siamo indispensabili ma non ci vogliono assumere". I fischietti superano i rumori degli elicotteri e la rabbia è evidente quando passano centinaia di lavoratori del settore agro-alimentare. "lo sfruttamento nelle campagne degli immigrati è giunto a livelli da schiavismo. E la guerra tra poveri non lascia scampo. Il nostro paese non ci tutela, ma siamo noi la vera Italia e pretendiamo di ricevere un trattamento 'legale'". Scandisce bene l'ultima parola Nicola della Cisl, ha vista decina di fratelli migranti lavorare per 20 euro al giorno sotto un sole cocente, lontano dalle famiglie e da ogni umanità. Non ne può più.

Sono stufi anche i lavoratori della Indesit, delle acciaierie di Terni e dell'Edilcave. Una piccola vertenza questa di un'azienda di Follonica che si occupa di movimento terra, riparazioni strade ecc., ma che in piazza fa tanto rumore in questa giornata di mobilitazione: "Noi siamo in 28 a casa su 52, senza lavorare, non c'è lavoro dicono eppure la manutenzione della Siena- Grosseto è in mano a un'azienda austriaca". Dice Claudia, cassintegrato di 57 anni.

Anche la Radio ha dato sostegno e voce alla protesta."Mentre nel Paese si fa tanta teoria sul lavoro, un'azienda pubblica come Finmeccanica licenzia 300 persone",  ha detto ai microfoni di Radioarticolo1 dal corteo Antonio Caminito, coordinatore regionale della Fiom Liguria. "Alla Selex di Genova stiamo scioperando contro i 300 esuberi annunciati - dice Caminito - l'atmosfera tra lavoratori è molto pesante, se non si comincia a parlare di lavoro e di lavoro nell'industria non se ne esce". "

"Io finalmente sono rientrata tra i salvaguardati, ma oggi sono qui per solidarietà con i tanti miei colleghi esodati che ancora aspettano una risposta sul loro futuro”: racconta ancora, Marisa, una lavoratrice esodata di Poste Italiane che partecipa alla manifestazione. “Il governo ha rimandato ancora la decisione e questa è una situazione che ci fa troppo male – dice la lavoratrice esodata - non ci sono notizie certe sul futuro e lo Stato non può farci questo, abbiamo lavorato e versato contributi, abbiamo diritto alla pensione” .

“Senza lavoro non c'è libertà e a Torino lo sappiamo bene”. Racconta ai microfoni il segretario generale della Cgil di Torino, Donata Canta, che sta sfilando nel corteo partito da piazza della Repubblica. “La nostra è una delle città più colpite dalla crisi – spiega la sindacalista - già nel 2008 avevamo numeri impressionanti e oggi ogni giorno 350 persone sono coinvolte in procedure di mobilità o cassa integrazione”. In corteo ci sono anche 250 operai degli stabilimenti Indesit Company di Albacina e Melano, partiti da Fabriano con 4 pullman. Che hanno sfilato dietro uno striscione con lo slogan della vertenza Indesit: '1.425 volte no: la storia siamo noi'. Il richiamo è al piano di ristrutturazione del gruppo elettrodomestico, che ha annunciato 1.425 esuberi nei siti italiani, e la chiusura delle fabbriche di Melano e Teverola (Caserta).

Roma, 22 giugno 2013

Fonte http://www.rassegna.it/articoli/2013/06/22/101902/il-grande-corteo-del-lavoro

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