Sabato, 04 maggio 2024 - ore 21.28

Agricoltura. La terra ai giovani che la vogliono lavorare

La proposta della Flai: un'operazione antica e moderna

| Scritto da Redazione
Agricoltura. La terra ai giovani che la vogliono  lavorare

Il disegno di legge di iniziativa popolare promosso dalla Flai siciliana parte dalla constatazione che oggi molti beni pubblici (terreni agricoli, boschi, casali) sono abbandonati. E migliaia di giovani sono senza lavoro

Il disegno di legge di iniziativa popolare promosso dalla Flai siciliana parte dalla constatazione che oggi molti beni pubblici (terreni agricoli, boschi, casali) sono abbandonati, ai margini o addirittura fuori dai processi produttivi, mentre migliaia di giovani sono senza lavoro e chi lo perde (a 40-50 anni) difficilmente riesce a trovarne un altro. Si tratta – per usare una parola cara a Danilo Dolci – di un intollerabile “spreco” di risorse materiali e umane, che la società siciliana non può assolutamente permettersi. Nella regione sono presenti, secondo un calcolo del sindacato, oltre 600.000 ettari di terreno abbandonati (oltre a decine di casali inutilizzati). Una parte di questa terra aspetta di essere assegnata dal 1950, anno della riforma agraria siciliana, per cui si batterono braccianti e contadini poveri guidati dalla Cgil.

Nasce da queste considerazioni l’idea di censire questo importante patrimonio abbandonato attraverso la Banca della terra, già istituita dalla Regione Sicilia con l’articolo 21 della legge 31 gennaio 2014, n. 5. Non un freddo e “mummificato” inventario di beni, ma uno strumento capace di rivitalizzare il mondo agricolo dell’isola, facendolo diventare il volano della sviluppo. Per questo il disegno di legge prevede la costituzione di un Comitato di coordinamento della Banca della terra, capace di rilanciare l’attività agricola, facendo incontrare i beni inutilizzati con i lavoratori disoccupati, le aziende e le cooperative sociali. Proprio queste aziende agricole e le cooperative sociali composte da giovani, sono i soggetti individuati come possibili beneficiari dell’assegnazione delle terre, che dovrà sempre avvenire attraverso bandi pubblici, in grado di garantire trasparenza e pari opportunità. Le priorità nell’assegnazione delle terre abbandonate saranno determinate dalla presenza all’interno delle coop di soci svantaggiati, dal rispetto della parità di genere nella compagine sociale e dall’impegno a ricorrere alle liste di prenotazione pubblica per l’assunzione di manodopera.

A queste cooperative e a queste aziende, secondo quanto prevede la proposta di legge, la Regione Sicilia dovrà dare il massimo sostegno, attraverso le garanzie per l’accesso al credito e la previsione di apposite “misure” all’interno dei Programmi di sviluppo rurale (Psr), capaci di favorire l’insediamento di imprese e di coop sui terreni pubblici abbandonati, con i Comuni che – dal canto loro – dovranno adoperarsi per dare strumenti e servizi ai soggetti affidatari dei terreni abbandonati. Non solo. Il disegno di legge prevede che anche i beni confiscati alle mafie siano inseriti nella Banca della terra e fungano da “volano” per questa nuova esperienza. Grazie al modello fondato sulle cooperative, il riuso a fini sociali dei beni confiscati alla mafia è diventata un’attività che oggi dà lavoro a molti giovani. Su questo modello intende insistere la Flai per una gestione produttiva dei beni inutilizzati. Un modello cooperativo che la Sicilia utilizzava già alla fine dell’Ottocento, insieme all’Emilia Romagna e alla Toscana, ma che la repressione del movimento dei Fasci dei lavoratori (gennaio 1894) stroncò sul nascere, e che venne riproposto sia nei primi del Novecento, sia durante il “biennio rosso” (1919-20), sia nel secondo dopoguerra.

Il rilancio oggi dell’aspirazione del mondo contadino e bracciantile ad avere terra da coltivare costituisce un’operazione culturale antica e moderna. Si collega infatti alla storia più eroica del movimento sindacale in Sicilia, ma tenta anche di dare risposte ai bisogni attuali di sfamare le persone e di dar loro un lavoro, di difendere il suolo dai mutamenti climatici, di affermare una nuova cultura capace di abbandonare per sempre la vocazione all’assistenzialismo per imboccare la via dello sviluppo nella legalità e nel rispetto dei diritti delle persone.

Un ultimo cenno a quanto previsto dal disegno di legge relativamente alla creazione di “orti sociali urbani”, utilizzando terreni agricoli abbandonati, aree industriali dismesse, terreni adibiti a verde pubblico. Gli orti urbani, già sperimentati a Palermo e in altre città italiane, potranno favorire i contatti delle persone con la terra e la produzione di ortaggi e frutta a uso familiare.

di Dino Paternostro

Fonte: rassegna sindacale

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